Corriere 23.2.18
Il rapporto dell’Istat
La conoscenza si realizza attraverso gli altri
di Alessandra Arachi
C’è
un mix assai originale di numeri e di astrazioni nel Rapporto
dell’Istat sulla Conoscenza presentato ieri. È il primo nel suo genere,
ammesso che mescolare statistica e filosofia rappresenti un genere e non
invece un percorso di ricerca originale e ardito.
Leggerlo, per
capire. Ci sono trentotto quadri tematici nel Rapporto, servono per
sviscerare le diverse dimensioni della conoscenza e si possono leggere
in direzioni differenti. Quella statistica, ovviamente, e allora si
trovano dentro parecchie percentuali che possono confortare e
accompagnare questo percorso sulla conoscenza, lineare e inquadrato.
Ma
se si sceglie invece la strada filosofica? Conosci te stesso, ci
esortava Socrate dal tempio di Apollo a Delfi. Conosci attraverso gli
altri, è l’ammonizione che ci arriva invece da questo Rapporto
dell’Istat. Da Giorgio Alleva, presidente del nostro Istituto di
statistica, per la precisione. Un ragionamento stringente, il suo. Ci fa
notare come l’oggetto delle interazioni e delle relazioni tra le
persone nei rapporti sociali ed economici sia, in ultima istanza,
informazione. Ma non solo.
Questi flussi informativi che vengono
scambiati giorno per giorno vanno accrescendo la conoscenza in un
inevitabile processo di accumulazione. Un afflato, uno squarcio.
Immediatamente richiuso davanti a un numero preoccupante. Una
percentuale contenuta nel Rapporto che ci suona implacabile: in Italia
per la ricerca e per lo sviluppo spendiamo l’1,3% del Pil, contro una
media europea che va sopra il 2%. E purtroppo basta scorrere in maniera
matematica le pagine del Rapporto dell’Istat per scoprire (o
semplicemente confermare?) che siamo sempre il fanalino di coda in
Europa quando si vanno a verificare i numeri sull’istruzione e sulla
ricerca. Siamo sempre — come dicono all’Istat — quelli in basso a destra
nei diagrammi.
Torniamo meglio alla strada filosofica, e
arriviamo alle «somiglianze di famiglia» per dirla con Wittgenstein.
Ecco quindi che possiamo assemblare nel nostro percorso la società
dell’informazione con l’economia della conoscenza, la digitalizzazione,
l’impresa 4.0, l'Internet delle cose. Tendono tutti a ricorrere insieme
nei discorsi sugli sviluppi più recenti della società e dell’economica. E
sull’informazione.
Giorgio Alleva — che questo percorso di
ricerca all’Istat ha cominciato ben prima del Rapporto sulla conoscenza —
specula sull’informazione. E si chiede: è nata con il linguaggio? O
invece c’era prima ancora che ci fosse la vita umana sulla terra,
trasmessa grazie a un organismo unicellulare?
La domanda, dal
sapore ontologico, rimane in attesa, prima c’è un’altra questione da
sciogliere, pratica e operativa. Alleva lo sa, la mette sul tavolo, e si
chiede: di cosa parliamo quando parliamo di informazione?
Le due
strade — quella statistica e filosofica — tornano ancora una volta a
incontrarsi e a scontrarsi nel Rapporto sulla conoscenza. Ma questa
volta ci pensa il Piccolo principe.
L’immortale creatura di
Antoine de Saint-Exupery non avrebbe dubbi a rispondere alla domanda.
Lui lascerebbe ai grandi — che li amano — tutti i numeri a tanti zeri su
quanti exabyte o zettabyte di dati ci scambiamo ogni anno. Si
interesserebbe dell’altra parte. Sarebbe invece curiosissimo di sapere
tutto il resto: ma in mezzo a quei dati ci sono le foto di gattini o i
sonetti di Shakespeare?