Repubblica 19.2.18
La battaglia di Afrin
Siriani e curdi contro i turchi
Le
forze di Assad fanno fronte comune con le milizie per respingere
l’offensiva di Ankara Erdogan a Putin: “ Noi non ci fermeremo”. Verso il
summit tra Damasco, Teheran e Mosca
di Marco Ansaldo
ISTANBUL
Una bomba a orologeria sta sinistramente ticchettando ad Afrin.
Nell’enclave curda in Siria attaccata un mese esatto fa dalle forze
armate turche convergono in queste ore anche i soldati di Damasco, per
proteggere la minoranza nella regione. Il rischio è che i due eserciti
si trovino uno di fronte all’altro, in un’area già ad altissima
tensione.
È uno sviluppo militare importante nella guerra di
Siria, destinata a marzo al suo settimo tragico anniversario. Ma pure
diplomatico. Secondo informazioni uscite ieri dalla Bbc in arabo, il
gruppo dello Ypg, le Unità di protezione popolare, composte a
maggioranza di combattenti curdi, si sarebbero accordate in proposito
con Damasco. Intesa negata da un loro portavoce. In ogni caso è
ufficiale che le forze di Bashar al- Assad, come ha annunciato l’agenzia
siriana Sana, “ arriveranno ad Afrin nelle prossime ore per sostenere
la popolazione locale nell’affrontare l’aggressione lanciata dal regime
turco”.
Il consigliere politico di Assad, Bouthaina Shaaban, ha
spiegato che la Siria continuerà a combattere « aggressori » e «
invasori » , quali che siano, Israele, Stati Uniti o Turchia. E ha
puntato il dito contro l’invasione turca di Afrin, denunciando la
violazione degli accordi sulle zone di de-escalation voluti da Turchia,
Russia e Iran. Damasco risulta in piena offensiva: se da un lato accorre
per non perdere Afrin, dall’altro tenta di riprendersi Goutha, sobborgo
ribelle della capitale, dove quasi 400mila civili vivono assediati e
ieri almeno 44 civili sono rimasti uccisi nei raid.
Pure le Forze
armate turche continuano imperterrite ad avanzare dentro l’enclave.
Difatti la reazione da parte del governo controllato da Recep Tayyip
Erdogan non si è fatta attendere. Il patto curdi- Siria è considerato da
Ankara inaccettabile. « Se davvero il regime siriano vuole entrare ad
Afrin per proteggere il Pyd-Ypg nessuno fermerà i nostri militari » , ha
tuonato il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. «Eliminare i
terroristi è l’obiettivo dell’operazione Ramoscello d’ulivo. Bisogna
capire per quale motivo Assad entrerebbe ad Afrin. Se per combattere i
terroristi, nessun problema. Ma se vuole difenderli, allora nessuno
fermerà i soldati turchi». Ankara considera terroristi i combattenti
curdi, ritenuti dagli americani essenziali nella lotta al sedicente
Stato Islamico.
Mosca sembra voler dare ragione ad Assad. «
Abbiamo ripetutamente affermato - ha dichiarato il ministero degli
Esteri, Sergei Lavrov - che sosteniamo pienamente le legittime
aspirazioni del popolo curdo. Riteniamo sbagliato che qualcuno
approfitti delle aspirazioni del popolo curdo per i suoi giochi
geopolitici che non hanno nulla a che fare con gli interessi dei curdi e
della sicurezza regionale».
Così nel pomeriggio Erdogan ha prima
telefonato a Vladimir Putin, avvertendolo di essere pronto ad andare
fino in fondo ad Afrin, ma promettendo di proseguire la cooperazione in
Siria con Mosca. E poi con il presidente iraniano Hassan Rohani. Un
accordo capace di salvare l’intero quadro potrebbe prevedere l’ingresso
nell’enclave di 4 mila soldati siriani, con un corridoio controllato da
miliziani sciiti filo- iraniani. Damasco tornerebbe così ad avere la sua
finestra alla frontiera turca, persa più di 5 anni fa. E la Turchia,
attraverso la Russia, potrebbe raggiungere un negoziato a tre sul futuro
della Siria.
Il 14 marzo infatti i ministri degli Esteri di
Russia, Turchia e Iran si incontreranno per preparare un nuovo meeting
fra i leader: Putin, Erdogan e Rouhani si vedranno ad aprile, a
Istanbul.