La Stampa 22.2.18
Corruzione, favori e pressing sui media
Netanyahu tradito dal suo fedelissimo
Israele, il consigliere Filber testimonierà per l’accusa contro il premier
di Rolla Scolari
L’ultimo
guaio di Benjamin Netanyahu si chiama Shlomo Filber, ed è un suo
consigliere di vecchia data. Il capo (sospeso) del ministero della
Comunicazione avrebbe accettato di comparire come testimone dell’accusa
nell’ultimo scandalo di corruzione che ha come protagonista il premier
d’Israele. Il cosiddetto fascicolo 4000 è il quinto nelle mani di una
magistratura che da tempo indaga sull’uomo forte del Paese, mentre lui
contrattacca per difendere un sistema di potere costruito in 12 anni
alla guida d’Israele.
Capitani d’azienda, produttori di Hollywood,
giudici e poliziotti, giornalisti influenti, una First Lady ingombrante
al centro del gossip. Ci sono tutti gli ingredienti dello scontro tra
poteri in una storia che questa volta rischia sul serio di far
traballare quel politico che, dato più volte per spacciato, è finora
riuscito a smentire i più sfavorevoli sondaggi, diventando premier
quattro volte.
È la prima volta che una persona a lui così vicina
siede al banco dei testimoni. Per gli inquirenti, Filber faceva da
tramite: favori alla compagnia telefonica Bezeq in cambio di una
copertura mediatica positiva da parte di Walla!, popolare sito
d’informazione di proprietà di Shaul Elovitch, tra i maggiori azionisti
di Bezeq. La polizia ha inoltre consigliato al procuratore generale
d’incriminare il premier per altri due casi in cui è sospettato. Il
dossier 1000 riguarda doni ricevuti negli anni dalla famiglia Netanyahu
dal produttore di Hollywood Arnon Milchan e dal miliardario australiano
James Packer: gioielli, sigari, champagne e altro per 285 mila dollari
in cambio di favori politici. Registrazioni di conversazioni con Arnon
Mozes, editore del quotidiano più diffuso in Israele, Yedioth Ahronoth,
testimonierebbero nel fascicolo 2000 il tentativo di un accordo: una
copertura giornalistica favorevole in cambio di limitare la circolazione
del tabloid gratuito Israel Hayom, vicino alla destra del Likud,
partito di Netanyahu. C’è poi il caso 3000, in cui è coinvolto
l’avvocato del premier: una storia di tangenti nella vendita di
sottomarini tedeschi Dolphins a Israele.
L’ultimo colpo alla
tenuta del potere di Bibi è arrivato quando il giornalista Ben Caspit di
Maariv ha rivelato martedì i sospetti della polizia nei confronti di un
portavoce del premier: avrebbe tentato di corrompere un giudice –
offrendole il posto di procuratore generale – per insabbiare un dossier
contro la First Lady Sara che, accusata di frode e abuso di fiducia, ha
speso oltre 100 mila dollari di denaro pubblico in cene per la residenza
ufficiale.
Il premier nega tutte le accuse. Su Facebook ha
postato un sondaggio commissionato dal suo partito: se si votasse oggi,
il Likud otterrebbe quattro seggi in Parlamento in più. «Ma più
l’opprimevano, e più il popolo moltiplicava e s’estendeva», scrive lui
citando la Torah, libro dell’Esodo. E anche sulla stampa, la narrativa
si fa intensa nella critica: «Il suo aspetto ha dato alla battaglia che
combatte le dimensioni di una tragedia shakespeariana - scrive
l’editorialista Nahum Barnea – Questa non è la fine. Non è neppure
l’inizio della fine. Ma non può esserci fine diversa». Yossi Verter sul
quotidiano liberal Haaretz definisce il premier «un cadavere politico».
Si
parla di un possibile voto anticipato, che servirebbe a Netanyahu per
sospendere con la campagna la minaccia giudiziaria. In pochi però nella
coalizione di destra che tiene in piedi il governo vorrebbero un voto,
oggi troppo rischioso, e una campagna in cui il tema sarebbe: «Quanto è
corrotto Bibi?», ci dice Anshel Pfeffer, giornalista di Haaretz e autore
di una biografia in uscita a maggio, Bibi: «The Turbulent Life and
Times of Benjamin Netanyahu». Il vero rischio nell’immediato per il
premier, spiega, è che il superteste Filber tiri fuori subito qualcosa
di talmente esplosivo da obbligare i suoi alleati – Naftali Bennett,
alla testa del partito di ultra destra HaBayit HaYehudi, e Moshe Kahlon,
capo del centrista Kulanu – a tirarsi indietro, facendo crollare la
coalizione. E il lungo potere di Bibi Netanyahu.