giovedì 22 febbraio 2018

La Stampa 22.2.18
Alessandro Campi
“In un clima politico malato i partiti soffiano sull’odio
Ma il fascismo non c’entra”
di Amedeo La Mattina


Il politologo Alessandro Campi non enfatizza gli episodi di violenza. Anzi invita a tenere i piedi per terra, a essere responsabili, a non agitare «le onde nere del fascismo» e la logica degli opposti estremismi come negli Anni Settanta. «Non c’è nulla di tutto questo».
Allora, professore, cosa sta accadendo durante questa campagna elettorale radicalizzata?
«Starei attento a fare paragoni storici impropri con gli Anni di piombo. Siamo di fronte a un vuoto progettuale e di idee da parte di alcuni partiti che hanno radicalizzato la strategia dell’allarme su temi come la sicurezza e l’immigrazione. Temi che hanno un alto tasso di mobilitazione. Questo spinge le vele dei partiti di centrodestra. A sinistra invece c’è chi agita il pericolo fascista, con la complicità di certe campagne giornalistiche, che rischierebbe di travolgere la democrazia italiana ed europea. Sono entrambi atteggiamenti irresponsabili e di corto respiro».
I partiti interpretano la rabbia che c’è nella società civile?
«Nella società italiana c’è molta frustrazione e rabbia che si canalizza nella politica, ma non è motivata dalle ideologie. Spesso siamo di fronte a comportamenti violenti di singoli, come a Macerata. È una violenza di tipo molecolare, anche nichilista. Non vedo un’organizzazione della violenza. La rabbia e la frustrazione è dovuta a fattori di emarginazione sociale, è il risultato di quello che si è seminato negli ultimi 20 anni, a cominciare dalla stagione dell’antiberlusconismo fino ad arrivare alla politica della rissa, dell’insulto diretto, della delegittimazione. I 5 Stelle hanno accentuato questo fenomeno con un linguaggio virulento. Tutto questo si è sedimentato nell’opinione pubblica. C’è un clima politico malato: se predichi violenza e istighi all’odio non può stupirti che poi qualcuno commetta atti di violenza».
Nelle periferie delle città crescono i gruppi che si richiamano al fascismo. Come se lo spiega?
«Questi gruppi non trovano consenso sulla figura di Mussolini. Chi vive in certi quartieri, spesso a contatto diretto con i fenomeni non controllati dell’immigrazione, è arrabbiato, non sono nostalgici del Duce. Credono che CasaPound o Forza Nuova siano una risposta al loro senso di abbandono».
Come dovrebbero reagire i partiti?
«Non dovrebbero soffiare sul fuoco della disperazione. Dovrebbero prosciugare la palude della rabbia con politiche concrete, mirate, responsabili. Non serve l’insulto, l’enfasi allarmista. Mentre noi discutiamo di tutto questo e siamo di fronte a chi accusa il nero che picchia il rosso e il rosso che picchia il nero, in Francia oggi Macron ha presentato un grande piano sull’immigrazione. Se lo avesse fatto Minniti, a sinistra, anche tra i suoi del Pd, direbbero che è un mezzo fascista. In Italia sarebbe necessaria una cura ricostituente di serietà».