La Stampa 21.2.18
Due sessi due cervelli
di N. Pan
L’apparenza
inganna. Se paragonato al dimorfismo sessuale delle altre specie
animali, l’aspetto di maschi e femmine umani è simile. Eppure c’è un
oceano di differenze. Genetiche, biochimiche e ormonali, ma anche
socioculturali, legate all’ambiente e agli stili di vita. «Conoscerle è
cruciale per la salute, perché determinano differenze nell’incidenza e
nella progressione delle malattie e nella risposta ai farmaci», ci
spiega Barbara Garavaglia, direttrice della neurogenetica molecolare
dell’Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta di Milano,
organizzatrice del congresso «Tutta cuore e cervello» dedicato alla
medicina di genere.
Partiamo dal cervello, argomento spesso
utilizzato strumentalmente: «Con le metodiche di indagine che studiano
il sistema nervoso centrale in vivo, dal punto di vista strutturale,
funzionale e molecolare, sono state fornite evidenze molto forti su
queste differenze», spiega Daniela Perani, responsabile dell’unità di
neuroimmagine molecolare e strutturale del San Raffaele di Milano. I
maschi hanno maggiore forza nelle regioni associative corticali. La
materia grigia femminile ha volume e densità maggiori in alcune regioni
del sistema limbico deputate al controllo delle emozioni, «quelle che ci
permettono di ragionare in modo empatico, valutando azioni e intenzioni
altrui», aggiunge Perani. Guardando alle capacità cognitive, poi, gli
uomini mostrano migliori prestazioni in diversi compiti motori e
navigano nell’ambiente con informazioni astratte. Quanto alle donne,
ricordano meglio la posizione degli oggetti e, per muoversi,
preferiscono indicazioni, immagini e suoni, invece che mappe astratte e
hanno maggiori capacità verbali.
Queste strategie di ragionamento
sono dovute a differenti tipi di connettività cerebrale. Le donne sono
dotate di un encefalo «ottimizzato» per la comunicazione tra gli
emisferi, con un maggiore sviluppo delle connessioni interemisferiche:
così è garantita un’elaborazione delle informazioni allo stesso tempo
analitica e intuitiva. Il cervello maschile, invece, ha un maggiore
sviluppo delle connessioni intraemisferiche tra le aree posteriori,
specializzate nella percezione, con quelle anteriori, deputate
all’azione.
E comunque - precisa Alessia Catania, neurologa
dell’Unità di genetica molecolare del Besta - non si tratta di essere
più o meno intelligenti. A interessare sono i risvolti clinico-medici.
Uomini e donne, infatti, non sono uguali davanti alle malattie. Le donne
vivono più a lungo, ma con più malanni. Due terzi dei malati di
Alzheimer sono donne, mentre l’incidenza del Parkinson è superiore negli
uomini. Anche l’aterosclerosi differisce e dopo un infarto le donne
muoiono di più. Diversi sono inoltre i meccanismi del dolore e diversa è
la risposta allo stress: nella donna, dove c’è un maggiore
coinvolgimento della corteccia limbica e prefrontale, si manifestano
disturbi dell’umore. L’uomo, in seguito all’attivazione dei circuiti
sottocorticali, è più suscettibile alla dipendenza da sostanze come
l’alcol.
Eppure gli stessi medici di base non sono preparati a
riconoscere le sintomatologie: «Anche quando da un punto di vista
patogenetico la malattia è la stessa ci possono essere differenze,
perché la malattia interviene su un organo strutturalmente e
funzionalmente diverso – sottolinea Catania -. E quindi anche la
manifestazione clinica sarà diversa». Non solo. I fattori di rischio per
una patologia possono agire in modo diverso. Un esempio è il pericolo
costituito dai chili di troppo per l’encefalo femminile: «C’è una
vulnerabilità maggiore per le donne - dice Perani -, vittime di una
ridotta connettività cerebrale. Il perché è ancora da indagare».