La Stampa 15.2.18
Lavorare meno per essere più felici
Il sociologo Etzioni : “L’era dei robot segnerà il declino del consumismo e la rinascita dei legami comunitari”
di Amitai Etzioni
La
recente e prevista perdita di posti di lavoro e il cambiamento nella
natura di molti di quelli disponibili, nonché il rallentamento economico
(e la crescente diseguaglianza), sono tutti fattori importanti nella
crescita dell’alienazione politica e di una varietà di atteggiamenti
destrorsi, ivi compresi xenofobia, razzismo, antisemitismo e sostegno a
partiti e politici radicali di destra. Lo stesso sviluppo è spesso
collegato a un’onda populista. Da qui la domanda se sia possibile
identificare altre fonti di gratificazione rispetto a quelle ottenute
grazie al lavoro per chi abbia raggiunto un livello di reddito tale da
garantire il soddisfacimento dei bisogni «di base», ma poco di più. Si
possono creare altre fonti di legittimazione che non si basino su un
tenore di vita in continua crescita?
Un passo verso lo sviluppo di
una prospettiva diversa sulle proprie condizioni economiche è fornire
dati che indichino con forza come una volta raggiunto un certo livello
di reddito, ulteriori introiti (e da qui la capacità di spesa e consumo)
aggiungano poco al grado di appagamento. I risultati delle scienze
sociali (che non vanno tutti nella stessa direzione e hanno altri ben
noti limiti) nel complesso sembrano rinforzare la nozione che un reddito
più elevato non aumenti in modo significativo la soddisfazione della
gente, con l’importante eccezione dei poveri.
Nella ricerca di
alternative al benessere portato dalla crescita economica e lavorativa,
si osserva che in tutta la storia umana ci sono state molte culture e
fonti di appagamento che hanno rifuggito il consumismo e misurato la
qualità della vita in base ad altri valori fondamentali. [...]
Per
sapere quando il reddito può essere limitato senza frustrare i bisogni
umani fondamentali, ci viene in soccorso Abraham Maslow, suggerendo che
gli umani hanno una gerarchia di bisogni. Ci sono le necessità di base;
una volta soddisfatte queste, seguono l’affetto e l’autostima, e
finalmente possiamo raggiungere l’apice della soddisfazione umana,
grazie a ciò che lui chiama «autorealizzazione». Ne consegue che finché
l’acquisizione e il consumo di beni soddisfano le necessità di base -
sicurezza, rifugio, cibo, abbigliamento, assistenza sanitaria e
istruzione - l’aumento della ricchezza contribuisce all’autentico
benessere. Tuttavia, una volta che il consumo viene utilizzato per
soddisfare i bisogni più elevati, si trasforma in consumismo e il
consumismo diventa una malattia sociale. [...]
Maslow non
suggerisce una vita austera di stenti e mortificazione o di fare della
povertà una virtù. Piuttosto, sostiene che sia pienamente legittimo
avere le risorse materiali necessarie per garantire le esigenze di base.
Tuttavia, il consumo si trasforma in un’ossessione quando - soddisfatte
le necessità primarie - le persone usano questi mezzi per cercare di
comprare affetto, stima e anche autorealizzazione. Non occorre lavorare
molto per guadagnare quello che serve per soddisfare i bisogni di base
se questi sono ciò che a una persona serve per essere ben nutrita,
vestita, alloggiata e sicura - ma non per acquistare beni che indicano
il raggiungimento di uno status.
Quindi si possono trovare cose che danno soddisfazione e significato alla vita diverse dai beni materiali.
Le
culture che attribuiscono grande valore alle seguenti attività e scopi
qui sono definite «comunitarie» perché ogni attività implica la
formazione e il nutrimento di legami di affinità con gli altri e il
servizio al bene comune. Il termine «postmoderno» è usato perché il
riferimento non è alle comunità precedenti che spesso erano opprimenti e
schiaccianti (quelle che Erving Goffman chiamava le istituzioni
totali), ma a quelle nuove e più liberali. Ci sono tre principali fonti
di felicità non legata alle cose materiali che assicurano anche una vita
che va oltre il sé.
Trascorrere del tempo con altre persone con
le quali si condividono legami di affinità - figli, coniugi, amici,
membri della propria comunità - rende le persone più felici, come è
stato spesso dimostrato. L’approvazione delle persone a cui ci si sente
legati è la principale fonte di affetto e stima, ovvero il secondo
livello dei bisogni umani secondo Maslow. Tuttavia, un punto importante
da non trascurare è che si tratta più di coinvolgimento nelle relazioni
che di gratificazione dell’ego. Queste relazioni sono basate sulla
mutualità, in cui due persone «danno» a ciascuna e «ricevono» nello
stesso atto.
Le persone impegnate in relazioni affettive durature e
significative le trovano una fonte importante di arricchimento
reciproco, che può essere ottenuta con pochissime spese o costi
materiali. Derek Bok scrive che «diversi ricercatori hanno concluso che
le relazioni umane e le connessioni di ogni tipo contribuiscono alla
felicità più di qualsiasi altra cosa». Per contro, le persone
socialmente isolate sono meno felici di chi ha forti relazioni sociali.
Secondo uno studio, «Gli adulti che si sentono socialmente isolati sono
anche caratterizzati da livelli più elevati di ansia, umore negativo,
abbattimento, ostilità, paura di una valutazione negativa e stress
percepito, e da indici più bassi di ottimismo, felicità e soddisfazione
per la vita».
La ricerca dimostra che le persone sposate sono più
felici di quelle sole, divorziate, vedove, separate o conviventi. La
presenza di amicizie strette può avere un impatto quasi altrettanto
forte sulla felicità di un matrimonio riuscito.
I ricercatori che
hanno esaminato l’effetto del coinvolgimento in una comunità (invece
della mera socializzazione con gli amici o la famiglia) hanno parimenti
trovato una forte correlazione con la felicità. Uno studio, che ha
valutato i dati di sondaggi svolti in quarantanove paesi, ha rilevato
che l’appartenenza a un’organizzazione ha una significativa correlazione
positiva con la felicità. Osserva Bok: «Alcuni ricercatori hanno
scoperto che semplicemente frequentare le riunioni mensili di un club o
fare volontariato una volta al mese induce a un incremento nel benessere
equivalente a un raddoppio delle entrate». Altri studi hanno scoperto
che le persone che dedicano considerevoli quantità di tempo al
volontariato sono più soddisfatte della propria vita. [...]
Numerose
prove indicano inoltre che le persone che si considerano religiose,
esprimono una fede in Dio o frequentano regolarmente i servizi religiosi
sono più soddisfatte di quelle che non lo fanno. Secondo uno studio,
dirsi d’accordo con la frase «Dio è importante nella mia vita» vale 3,5
punti in più su una scala di felicità di 100 punti. (Per fare un
confronto, la disoccupazione è associata a un calo di 6 punti sulla
stessa scala). Altri studi dimostrano che gli americani con una profonda
fede religiosa sono più sani, vivono più a lungo e hanno tassi più
bassi di divorzio, crimine e suicidio.
Ci sono poche ricerche
sulle attività spirituali diverse da quelle religiose. Tuttavia, quelle
esistenti indicano come la partecipazione ad attività che hanno un
significato profondo per l’individuo sia associata alla felicità. Ad
esempio, due studi che hanno esaminato gruppi che hanno scelto di
cambiare il proprio stile di vita per seguire valori personali come
«compatibilità ambientale» e «volontaria semplicità» hanno riscontrato
come entrambi abbiano sperimentato livelli più elevati di benessere. Il
volontariato e l’azione politica, che sono intrinsecamente attività
comunitarie, forniscono anche fonti di soddisfazione non consumistica.
Quindi,
immaginiamo un mondo in cui tutta la popolazione - e non solo una
minoranza - viva come gli uomini liberi ad Atene, mentre i robot
svolgono il ruolo della classe operaia. Karl Marx, che scriveva in un
momento storico in cui le ore lavorative erano in media molto più lunghe
di oggi, sognava che la società potesse produrre in 6 ore il surplus
necessario, anche più di adesso in 12; e allora tutti avranno 6 ore di
tempo a disposizione, «la vera ricchezza».
Grazie all’evoluzione
della tecnologia dai tempi di Marx, è probabile che la giornata
lavorativa potrà essere di nuovo ridotta della metà e che tutti possano
avere ancora più tempo libero - la «vera ricchezza» - per creare legami
di affinità, essere coinvolti nelle loro comunità e trovare appagamento
nelle attività spirituali.
Traduzione di Carla Reschia