il manifesto 27.2.18
Cina, Xi Jinping «ad libitum». E per gli eredi un futuro oscuro
Cina.
Di fatto la prossima generazione di leader cinesi, la sesta,
considerando che Xi Jinping fa parte della quinta, è stata completamente
falciata. Inoltre questa mossa stabilisce una regola costituzionale,
che quindi vale per tutti: anche per chi, chissà quando, succederà a Xi
Jinping
di Simone Pieranni
Ieri il Comitato
centrale del Partito comunista cinese ha deciso di rimuovere il limite a
due mandati per la carica di presidente e di vice presidente della
Repubblica popolare, sancito dall’articolo 79 della Costituzione. In
questo modo Xi potrà estendere il suo dominio
La scelta del
partito, in pratica, consentirà a Xi Jinping – com’era prevedibile – di
potere rimanere in carica più dei dieci anni canonici, quando nel 2023
scadrà il suo doppio mandato di dieci anni. Questo limite fu voluto
nell’era post-Mao da Deng Xiaoping proprio per evitare fenomeni di
dominio «rischiosi», ovvero «l’eccessiva concentrazione di potere
suscettibile di dare origine a regole arbitrarie da parte di individui a
spese della leadership collettiva». Con il limite dei dieci anni Deng
voleva regolarizzare la vita politica attraverso una «successione
pacifica» della leadership. Ieri su Chinafile, un sito di riflessione
sulla Cina contemporanea, la «China watcher» Susan L. Shirk citava
proprio Andrew Nathan quando definiva con il termine « resilienza
autoritaria» la capacità cinese di garantire una sorta di «legalità»
alla successione delle massime cariche.
Per quanto riguarda Xi,
però, con questa decisione, che sarà ratificata dall’assemblea nazionale
a marzo, non viene a modificarsi solo l’assetto istituzionale della
Cina ma anche l’immagine del potere politico cinese e le conseguenze
sulla futura tenuta o meno di questo nuovo corso. La presidenza della
Repubblica è una carica simbolica, ma è pur sempre sottoposta ai dettami
della Costituzione. Xi Jinping, dunque, che tanto ha insistito durante
il suo «regno» a rafforzare la giustizia e la sua concezione del
diritto, è parso volere una sorta di giustificazione «legale», anzi
«costituzionale», al suo potere già incontrastato (è anche segretario
del partito e capo della commissione militare centrale). Del resto, si
tratta di un percorso segnato nel tempo da decisioni che via via sono
venute a rendere quasi ovvia questa nuova evoluzione.
Nel 2016 Xi
Jinping era stato definito il «nucleo» del partito comunista, a ottobre
2017 nell’ultimo congresso del partito, il diciannovesimo, il suo
«pensiero» («il socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova
era») aveva ottenuto l’inserimento nello statuto del partito comunista
(evento capitato solo a Mao, perché la teoria di Deng venne inserita
quando il «piccolo leader» era già morto). Analogamente nello statuto
era stato inserito il progetto di «Nuova via della Seta», ovvero la
visione «globale» della Cina di Xi Jinping. Adesso è il turno di sancire
la sua possibilità di andare oltre ai 10 anni di potere.
Si dirà,
come fanno le veline governative, che questo faciliterà la «stabilità»
visto che Xi Jinping ha stabilito le linee guida per i prossimi 40 anni,
in pratica; si dirà, come hanno fatto alcuni osservatori del paese, che
tutto sommato questo lascerà alla luce del sole quanto più o meno in
Cina succede sempre, ovvero: il potente «uscente» continua a gestire
sacche di potere manovrando più o meno a lungo i suoi «eredi» politici.
Ma è proprio questo il rischio di questa mossa politica di una Cina
sempre più globale e sempre più autoritaria (perché è innegabile che con
Xi sia aumentato il controllo sulle informazioni, sulla libertà di
espressione così come sulle minoranze etniche e in alcune regioni
«sensibili» per Pechino): Xi Jinping ha fatto tabula rasa di avversari e
soprattutto di successori. Di fatto la prossima generazione di leader
cinesi, la sesta, considerando che Xi Jinping fa parte della quinta, è
stata completamente falciata. Inoltre questa mossa stabilisce una regola
costituzionale, che quindi vale per tutti: anche per chi, chissà
quando, succederà a Xi Jinping.
E chi ci garantisce che questa
nuova regola non diventerà pericolosa per la Cina e non solo, visto come
potrebbe essere il mondo tra vent’anni? Xi Jinping ha voluto questa
forzatura e una classe politica intera – ora affidabile, ma chissà in
futuro – si è completamente piegata al volere del leader. In questo
senso c’è un ulteriore messaggio da parte di Xi Jinping ai suoi rivali:
con questa decisione sembra volere mettere una pietra tombale su una
eventuale opposizione perché è chiaro che chi vorrà fare carriera dovrà
prima di tutto essere pronto a dire «sì», a Xi.