il manifesto 21.2.18
Una veglia civile per la riforma del carcere
Fuoriluogo.
Siamo di fronte a un'occasione che non va perduta per rispondere alle
condanne europee per trattamenti inumani e degradanti. Domani la parola
al Consiglio dei ministri
di Stefano Anastasia, Franco Corleone
Il
20 dicembre scorso, proprio in questa rubrica, eravamo stati facili
profeti nell’immaginare che il torbido periodo della campagna elettorale
avrebbe alimentato un fuoco di fila contro la riforma dell’ordinamento
penitenziario.
Si erano già levate le proteste di alcuni sindacati
di polizia contro la possibilità di garantire anche in Italia il
diritto alla sessualità dei detenuti. Si sono aggiunte le trite litanie
dei soliti imprenditori della paura sul rischio di una nuova legge
salvadelinquenti.
Grazie a improvvide audizioni, le Commissioni
Giustizia hanno offerto alle forze della conservazione una tribuna per
gettare veleno sulle minime ipotesi di revisione delle preclusioni in
tema di benefici penitenziari e alternative al carcere. La proposta del
Governo ridà ai magistrati qualche margine di maggiore responsabilità
nella valutazione sui singoli casi, ma questa considerazione del ruolo
della magistratura di sorveglianza fa paura ai Torquemada contemporanei,
secondo i quali permessi e alternative andrebbero concessi solo a chi
in carcere non dovrebbe proprio starci, mentre gli altri possono pure
morirci. Ma, nonostante tutto, i pareri delle Regioni, delle Camere e,
infine, del Csm sono stati complessivamente favorevoli.
Il
Coordinamento dei Garanti regionali e comunali dei detenuti ha espresso
al ministro Orlando il proprio apprezzamento per la conclusione
dell’iter parlamentare e alcune indicazioni per chiudere positivamente
questo lungo lavoro che – a partire dagli Stati generali dell’esecuzione
penale – ha coinvolto tante energie della società civile. Come Garanti
siamo convinti che le osservazioni migliorative possano essere accolte,
mentre ogni ipotesi di restrizione della portata della riforma debba
essere respinta, a partire dalla reviviscenza di inutili e vessatori
impedimenti legislativi ai benefici e alle alternative al carcere.
Abbiamo in particolare richiesto che venga raccolta l’indicazione
pervenuta dalle Commissioni parlamentari e dalle Regioni sul rispetto
del principio della territorialità e sulla qualificazione sanitaria
delle sezioni penitenziarie destinate ad accogliere i detenuti con
problemi di salute mentale. Per quanto riguarda la delega in materia di
affettività in carcere, sollecitata nel parere del Senato, suggeriamo
come un significativo passo in avanti possa essere anche il semplice
riconoscimento della possibilità di svolgere colloqui non sottoposti a
controllo visivo (altro che guardoni!), lasciando a una successiva
revisione del Regolamento la concreta disciplina delle modalità di
svolgimento di incontri riservati con familiari e terze persone.
Se
il Consiglio dei Ministri – convocato per domani – butterà il cuore
oltre l’ostacolo, il decreto legislativo tornerà per conoscenza alle
Commissioni e dopo dieci giorni potrà essere definitivamente adottato,
ancor prima dell’insediamento delle nuove Camere. Ci sono, dunque, i
tempi e le condizioni per portare a termine questo primo importante
passaggio di riforma. Non sappiamo se nella prossima legislatura il
Governo porterà a compimento anche le deleghe ancora in sospeso, a
partire da quelle sul lavoro penitenziario e sull’esecuzione penale
minorile, già trasmesse dal Ministero della giustizia a Palazzo Chigi,
ma siamo di fronte a una occasione che non va perduta per rispondere
alle condanne europee per trattamenti inumani e degradanti.
Nelle
carceri si vive con speranza e trepidazione questo momento e proprio per
essere solidali con i detenuti, domani, in attesa della decisione del
Consiglio dei ministri, i Garanti territoriali delle persone private
della libertà si uniranno a loro in una veglia civile di digiuno per la
giustizia e il diritto.