martedì 20 febbraio 2018

il manifesto 20.2.18
Boldrini vuole sciogliere i gruppi neofascisti
La campagna della presidente della camera riceve apprezzamenti quasi solo in LeU. Il problema dell'ammissione dei simboli alle elezioni e lo strumento della "sospensione"
di Andrea Fabozzi


Si devono, e si possono, «sciogliere i gruppi che si ispirano al fascismo», come ha invitato a fare Laura Boldrini domenica, parlando davanti al murale antifascista del quartiere Niguarda di Milano?
La presidente della camera ha aderito da tempo alle diverse iniziative con cui l’Associazione nazionale partigiani sta cercando di richiamare l’attenzione sui rischi del neofascismo montante. L’appello «Mai più fascismi», promosso da Anpi, Arci, Acli, Aned, Cgil, Cisl, Libera e altre associazioni chiede appunto lo scioglimento delle formazioni neofasciste e neonaziste e ha raccolto oltre 60mila firme online e altre per le strade dall’inizio dell’anno. Il ministro dell’interno è rimasto assai più prudente, spiegando in diverse circostanze – anche nelle aule parlamentari – che senza una condanna definitiva non si può procedere allo scioglimento. L’uscita di Boldrini di domenica ha ricevuto apprezzamenti quasi solo dalla lista per la quale è candidata alla camera. Il presidente del senato Pietro Grasso, numero uno di Liberi e Uguali, si è immediatamente associato, così come hanno fatto i tre leader dei partiti che compongono la lista, Speranza, Fratoianni e Civati. Qualche adesione è arrivata anche dal Pd, la ministra Fedeli ha detto che «chi è fuori dalla nostra Costituzione è fuori dalla legge», mentre la sinistra di Potere al popolo ha accusato Grasso e Boldrini di «antifascismo elettorale»: «Non è una cosa seria», ha sentenziato Maurizio Acerbo. Identica dichiarazione invece è arrivata dagli ex berlusconiani di centro, sia che siano schierati di nuovo con Berlusconi sia che appoggino ancora Renzi: «Bisogna sciogliere anche i centri sociali», hanno detto sia Maurizio Lupi che Fabrizio Cicchitto. Mentre Salvini ha promesso che lo farà direttamente lui: «I centri sociali li sigilliamo».
Ma non è necessario arrivare a Salvini e alla sua più che leggibile rincorsa alla destra estrema: la tendenza a mettere sullo stesso piano fascisti e antifascisti è ormai diffusa. È un po’ la linea che aveva portato il ministro dell’interno a provare a vietare il corteo antifascista del 10 febbraio a Macerata. E, da Bologna a Napoli, in questi giorni le forze dell’ordine sono impegnate soprattutto a garantire le manifestazioni di Forza Nuova e Casapound (con che metodi lo si legge in questa stessa pagina). A Minniti l’Anpi e gli altri firmatari dell’appello «mai più fascismi» avevano rivolto un invito, a gennaio, perché non fossero ritenuti ammissibili alle elezioni i simboli delle formazioni neofasciste. Il ministero si è invece attenuto alla lettera della legge, che non consente simboli con richiami diretti o indiretti al fascismo e al nazismo, cosa che sia CasaPound che Forza Nuova hanno evitato – al netto della ormai sdoganata Fiamma Tricolore che con la seconda è alleata (del resto le tre liste erano presenti già alle elezioni del 2013).
Ma non è stato tanto, negli anni, un ostacolo di tipo formale a bloccare lo scioglimento delle formazioni neofasciste, previsto non solo dalla Costituzione (XII disposizione finale) ma dalla legge Scelba (1952) e poi dalla legge Mancino (1993), e forse nemmeno uno spirito volterriano. È stata piuttosto la considerazione politica che fosse preferibile non regalare a formazioni poco pericolose, a livello di coinvolgimento di massa, la patente di perseguitati. Minniti, che in questo è erede di una tradizione anche del Pci, sembra ritenere che questo resti l’atteggiamento migliore anche di fronte al recente rafforzamento di queste formazioni. E alla loro cresciuta pericolosità.
La legge Scelba in effetti, e anche la legge Mancino, prevedono lo scioglimento delle formazioni che perseguono la ricostruzione del partito fascista solo a seguito di condanna penale; così è stato negli anni Settanta per Ordine nuovo e Avanguardia nazionale. Le legge Mancino però prevede anche lo strumento della sospensione cautelare – lo fa attraverso un richiamo alla legge Anselmi contro le logge segrete – nei casi di comprovate violenze o incitamento alla violenza con finalità razziste. Ma come slogan «sospendiamo le formazioni neofasciste» funzionerebbe poco, anche in campagna elettorale.