il manifesto 18.2.18
L’ultimo colpo di Prodi a Renzi. Sì a Insieme e Gentiloni premier
Il professore: «Con lui Paese più forte». E su LeU: «Sono amici, ma hanno sbagliato»
di Giovanni Stinco
BOLOGNA
Era da nove anni che non saliva più sui palchi della politica. Ieri
Romano Prodi ha scelto di rompere il digiuno e di dare il suo appoggio a
Insieme, la lista ulivista alleata del Pd che ha messo sotto lo stesso
simbolo verdi, socialisti e gli orfani di quell’area civica che fu di
Pisapia. Prodi lo ha fatto a Bologna, la sua città e la città che vide
nascere l’Ulivo. Un appoggio limpido e netto ad una lista che ne ha
tremendamente bisogno, visto che i numeri impietosi dei sondaggi la
danno inchiodata all’1%, forse anche meno. I numeri sono quelli che
sono, ma da Prodi su questo nessun accenno, anzi il professore sul palco
della formazione ulivista si è speso per sostenere un’idea da sempre a
lui cara: quella per cui non può arrivare nessuna vittoria senza una
coalizione di centro sinistra. Il programma minimo di governo? «Minore
disuguaglianza e una forte presenza in Europa». Dietro di lui la scritta
a caratteri cubitali: «Contrastare le diseguaglianze». Poco più sotto:
«L’Ulivo, la nostra ispirazione».
A DARE LA PAROLA al professore
dal palco è stato Giuliano Santagata, che di Prodi fu ministro e che ora
guida Insieme in compagnia del socialista Enrico Boselli e
dell’ecologista Angelo Bonelli. «Sono qui – ha detto Prodi, fondatore
del Pd ma da tempo non più iscritto al Partito democratico – per
sostenere questa coalizione, per sostenere questa parte della coalizione
che è Insieme, perché porta avanti il mio compito, quello di mettere
assieme i diversi riformismi». E sono scattati gli applausi a scena
aperta del pubblico bolognese ad un Prodi che si è detto emozionato ma
che è apparso in forma e deciso. «Il suo è stato davvero un gesto di
grande generosità», ha commentato Serse Soverini, collaboratore del
Professore ai tempi di Palazzo Chigi e ora candidato di Insieme a Imola.
UN
ENDORSEMENT per la lista che nel simbolo ha un piccolo ramoscello
d’Ulivo, di certo non un assist al Pd di Matteo Renzi. Semmai la
benedizione al Pd e all’idea di coalizione impersonata dal premier
uscente Gentiloni. A chiudere l’evento è stato proprio il primo
ministro: «Siamo nati come Ulivo sotto la leadership di Prodi con la
scommessa di un centrosinistra capace di andare al Governo. Non è che
dopo 20 anni ce ne dimentichiamo e facciamo una scelta diversa. Quella
rimane la nostra ispirazione e il nostro impegno». Gentiloni nel suo
discorso ha ricalcato molti ragionamenti di Prodi, tra i due la sintonia
è sembrata profonda, così come la distanza dall’idea renzianissima di
un Pd pigliattutto capace di governare da solo. «Abbiamo fatto la scelta
per un centrosinistra di governo, questo siamo – ha aggiunto Gentiloni –
Non ci accontentiamo delle nostre biografie. Sappiamo che il mondo è
complicato e che oggi esercitare un’azione di governo per il
centrosinistra è una sfida». L’idea di complessità ha riecheggiato più
volte dal palco.
«La democrazia è complessa, e la coalizione è
l’unico modo per tenere assieme tutto», ha sottolineato Prodi che anche
questa volta, come già successo 15 giorni fa, non ha risparmiato
critiche verso gli ex compagni di strada e ora avversari di Liberi e
Uguali: «Non sono nella coalizione, li ho chiamati amici, perché abbiamo
lavorato lungamente assieme. Sono ancora amici certo, ma hanno
profondamente sbagliato perché questo è il momento in cui nello stare
insieme si decide il futuro del paese. Soltanto vincendo si determina il
futuro del paese. Con la scissione invece LeU ha indebolito enormemente
il disegno di unire i riformismi». Anche perché, ha argomentato il
professore, non è che sul piano dell’unità gli avversari siano messi
meglio: la destra di Forza Italia e della Lega, che pure sono alleate,
sull’Europa hanno visioni antitetiche e andranno in tilt appena toccherà
loro presentarsi a Bruxelles, quindi «15 giorni dopo il voto». Per il
Movimento 5 Stelle Prodi invece ha usato una sola parola: «vaghezza».
INFINE
LE NECESSITÀ immediate del paese. A inizio della prossima legislatura
bisognerà cominciare a pensare ad una nuova legge elettorale da
approvare in fretta, altrimenti l’Italia resterà difficilmente
governabile. Così come lo sarebbe stata la Francia «che tutti adoriamo»
senza il meccanismo elettorale che ha garantito a Macron una solida
maggioranza. Poi ancora l’ennesima sottolineatura del concetto che Prodi
dal palco ha ripetuto più e più volte: «Non è che la coalizione sia una
cattiveria, è la democrazia di oggi che la richiede».