il manifesto 15.2.18
Irina e le altre, incubo dei nazisti nei cieli
«Una
donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte» di Ritanna
Armeni, edito da Ponte alle Grazie. La storia delle leggendarie
aviatrici russe che guidavano i Polikarpov, attaccando i tedeschi
Scaffale.
«Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte» di Ritanna
Armeni, edito da Ponte alle Grazie. La storia delle leggendarie
aviatrici russe che guidavano i Polikarpov, attaccando i tedeschi
di Andrea Colombo
Il
termine «coraggio» viene speso con parsimonia nel libro di Ritanna
Armeni Una donna può tutto. 1941: volano le Streghe della notte (Ponte
alle Grazie, pp. 230, euro 16, scritto con la preziosa collaborazione
dell’interprete Eleonora Mancini). Non c’è bisogno di nominarlo. Ogni
riga di questa storia incredibile ed emozionante, raccontata a Mosca da
una donna di 96 anni che da ragazza aveva volato e combattuto con uno
dei primi tre reggimenti esclusivamente femminili nella storia, parla di
un coraggio indomito. Il coraggio di Irina Rakobolskaja e di tutte le
sue compagne, ragazze giovanissime che subito dopo l’invasione tedesca
riuscirono ad arruolarsi e costituire reggimenti di sole donne prima
derisi, poi temuti, infine rispettati ed esaltati.
VOLAVANO SUI
POLIKARPOV, aerei di legno con la carlinga scoperta, senza
strumentazione tecnica né radio: sembravano grossi giocattoli, non
superavano i 1000 metri d’altitudine, però erano maneggevoli e
agilissimi. Divennero l’incubo degli invasori, martellati notte dopo
notte. Furono loro, i soldati di una Wehrmacht che pareva invincibile, a
coniare il nome, Nachthexen, Streghe della notte.
Alle
giovanissime aviatrici fu necessario un coraggio persino maggiore per
fronteggiare le reazioni dei maschi: le resistenze, lo scherno, le
umiliazioni, i sabotaggi. Dove mai si erano visti reggimenti di sole
femmine, e orgogliosamente separatiste oltre tutto? Le chiamavano «le
principessine». Ridevano dei capelli tagliati corti, delle divise cucite
per soldati grossi il doppio. Le streghe combatterono consapevolmente
una guerra su due fronti. Colpirono i nemici più duramente di ogni
altro, con un maggior numero di missioni notturne, sfidando pericoli
maggiori e compiendo acrobazie più temerarie, per superare i maschi.
Dimostrarono di essere valorose quanto e più degli uomini per cacciare
gli invasori nazisti.
Le aviatrici del reggimento 588, di cui
Irina era vicecomandante, volevano provare di poter combattere anche
meglio degli uomini, e ci riuscirono. Senza imitarli però. Dal racconto
lucido della vicecomandante e dalla lettura appassionata che ne
restituisce l’autrice di questo libro, la differenza nell’approccio alla
guerra delle ragazze emerge spontaneamente, senza bisogno di essere
sottolineata. Risalta grazie a decine di particolari, esplode nella
durissima condanna con cui Irina bolla le violenze e gli stupri compiuti
dall’Armata Rossa in Germania nel 1945. Le Nachthexen in Russia sono
eroine nazionali. Però la loro storia è stata piano piano quasi
dimentica. Ritanna Armeni e Eleonora Mancini si sono imbattute in quella
leggenda reale intervistando l’ultimo sopravvissuto del gruppo di
cinque soldati che per primi misero piede nell’inferno di Auschwitz.
LA
RICERCA NON APPRODÒ a nulla ma dopo un po’ le streghe si manifestarono
di nuovo, sotto forma di un vecchio francobollo sui banchi di un mercato
dell’usato. Raffigurava Marina Raskova, leggendaria aviatrice uscita
indenne da nove giorni di impossibile lotta per la sopravvivenza dopo
essersi lanciata col paracadute nella Taiga. La prima a pronunciare la
frase diventata il motto del Reggimento 588: «Una donna può tutto».
Gli
aviatori, all’epoca, erano divi, nell’Urss come negli Usa. Marina
Raskova diventò popolarissima, tanto da riuscire a strappare al
riluttante Stalin, dopo l’invasione, il permesso di formare e comandare
tre reggimenti femminili. Morta in missione a 31 anni, nel ’43, le fu
tributato il primo funerale di Stato della guerra.
La pista aperta
da quel francobollo, alla fine, ha portato Ritanna Armeni a incontrare
Irina, l’ultima del reggimento ancora in vita. Era stata celebrata e
stimata docente di Fisica, aveva tenuto per decenni viva la memoria di
quell’epopea slittata sempre più nell’ombra. Tra la vecchia guerriera e
le due italiane, tra la femminista degli anni ’70 e la strega che aveva
praticato il separatismo prima che qualcuno lo pensasse, scatta
un’alchimia formidabile e si prolunga per numerosi colloqui nella casa
dell’anziana docente, a due passi dall’Università. Il risultato è un
libro non solo bello ma magico.
IRINA TRASCINA l’autrice e
l’interprete nella tempesta di una vicenda esaltante e tragica. Inizia
con un gruppo di studentesse poco più che ventenni. Partono per la
guerra ridendo come collegiali ma nascondono dietro l’ingenuità una
determinazione ferrea. Prosegue con la rotta dell’Armata Rossa travolta
dalla Wehrmacht fino a che arrivano i lutti, le prime vittime dei
combattimenti aerei, a stracciare il velo quasi giocoso che aveva
accompagnato le reclute persino nel duro addestramento. Poi la rabbia
contro gli uomini che si rifiutano di riconoscere il loro valore, le
azioni sempre più spericolate, le compagne uccise, gli aerei di legno
che s’infiammano nel cielo bruciando le streghe al loro interno. Fino
alla vittoria e al ritorno alla «normalità» della vita di donne, mogli e
madri.
Irina è morta un mese dopo la serie di colloqui con
l’autrice. Nonostante i grandi riconoscimenti ufficiali, i giornali
russi non hanno speso una riga. Dopo la guerra avrebbe voluto restare
nell’esercito: le fu vietato. Una donna può tutto racconta la storia
gloriosa di un gruppo di donne che fecero a pezzi la divisione
convenzionale dei ruoli nell’Unione sovietica, ma anche quella mesta di
come quella norma soffocante fu poi silenziosamente ricostruita.
Ricorda
che nessuna rottura è mai definitiva, perché il potere, ogni potere, è
un muro di gomma che assorbe i colpi e sa riparare al momento giusto
ogni lacerazione. Però ricorda anche che quella tela opprimente può
sempre essere lacerata di nuovo.