lunedì 5 febbraio 2018

Il Fatto 5.2.18
La Madia copiò, ma (ri)annuncia querele
Di nuovo - La ministra dice che farà causa perché abbiamo rivelato come ha scritto la sua tesi di dottorato
di Stefano Feltri


Il ministro della Funzione pubblica Marianna Madia (Pd) annuncia, per la seconda volta in un anno, una “azione legale di risarcimento danni” perché Il Fatto “insiste” nonostante “Imt di Lucca e Cambridge Journal of Economics abbiamo accertato la totale regolarità formale e sostanziale della tesi e degli articoli scientifici”.
Sì, Il Fatto insiste: a marzo 2017 Laura Margottini ha rivelato che, dall’analisi condotta con software anti-plagio e validata da esperti internazionali, oltre 4000 parole della tesi di dottorato del 2008 sulla flexicurity
dell’allora deputata Pd Marianna Madia risultavano prese da lavori di altri senza adeguate citazioni. Poi abbiamo scoperto che dell’esperimento di economia comportamentale al centro della ricerca non esiste traccia: l’università olandese di Tilburg dove la Madia dice di averlo condotto non l’ha mai vista.
Dopo gli articoli del Fatto, l’Imt di Lucca dove la Madia ha conseguito il dottorato ha avviato un’indagine interna. Poiché nessun professore era in grado di valutare la tesi (bizzarro per una scuola di “alti studi”), l’Imt si è affidato a una società esterna, Resis. La società aveva appena avuto un appalto da 40.000 euro senza gara dall’Imt per corsi e attività sul tema dell’etica scientifica, ma pure la perizia indulgente firmata da Enrico Bucci (un biologo digiuno di economia) rivelata ieri dal Fatto riconosce che la Madia riporta lavori di altri senza citare e omette che un terzo della tesi lo ha scritto con una sua collega. Resis glissa completamente sull’esperimento fantasma – il punto più imbarazzante – e assolve la Madia con una motivazione che dovrebbe far indignare i veri economisti che finora sono stati, con rare eccezioni, pavidi e omertosi sul caso: “Sebbene questo risulti sorprendente anche per chi scrive, a valle della presente analisi è evidente che il settore disciplinare all’interno del quale la tesi si situa tollera comportamenti che altrove sarebbero inaccettabili senza che questo costituisca un particolare problema”. Questi i fatti.
Se al Cambridge Journal, dove è apparso il capitolo 2 della tesi (con la firma della co-autrice prima rimossa) va bene pubblicare articoli scientifici di questo livello è affar suo, ognuno fa ciò che crede della propria credibilità. E se l’Imt di Lucca protegge la sua allieva più illustre con argomenti che dovrebbero far scappare qualunque studente con un minimo di amor proprio è scelta discutibile ma legittima. Ma è bene che gli elettori cui la Madia chiede la rielezione, nel collegio di Roma2 e nelle liste del Pd al proporzionale, abbiano chiaro il quadro. Un ministro ha ottenuto un dottorato che le permette di avere una carriera accademica in questo modo. E quando un giornale lo scopre, anche grazie alla “legge Madia” sull’accesso agli atti, invece che dimettersi come fanno i ministri nei Paesi in cui ai politici è richiesta un’integrità almeno analoga a quella del cittadino medio, minaccia azioni legali per intimidire.
E voi economisti, se tacete perché davvero “così fan tutti”, non osate mai più farci prediche dalle colonne dei grandi giornali sulla meritocrazia e la competenza che i politici devono dimostrare per essere degni del loro incarico.