Il Fatto 28.2.18
Torino, tutti al Salone con il buco intorno
Pesano i debiti, le indagini per falso e i licenziamenti
Torino, tutti al Salone con il buco intorno
di Massimo Novelli
Sul
Salone del Libro di Torino, sia pure sulla vecchia gestione che sta per
essere liquidata, gravano circa tre milioni di euro di debiti, con i
fornitori di beni e servizi. E secondo fonti autorevoli, peraltro, il
passivo potrebbe essere ancora più pesante. Anche sul piano giudiziario,
quello delle indagini della Procura subalpina su presunti falsi in
bilancio della defunta Fondazione per il Libro, vale la regola del tre,
ovvero del trenta: tanti sono, infatti, gli indagati, tra i quali ci
sono l’ex sindaco Piero Fassino e l’assessora regionale alla Cultura in
carica, cioè Antonella Parigi. Tuttavia l’ottimismo, come si sa, è il
sale della vita.
Così ieri mattina, durante la presentazione a
Torino, alla Mole Antonelliana, sede del Museo del Cinema, della nuova
edizione di Librolandia, giunta al trentunesimo capitolo (dal 10 al 14
maggio, al Lingotto), il direttore culturale Nicola Lagioia e Massimo
Bray, presidente della “cabina di regia” della fiera 2018, hanno venduto
la proverbiale pelle dell’orso, come si diceva, prima ancora di averlo
cacciato.
“Anche quest’anno”, ha sostenuto Bray, ex ministro dei
Beni Culturali nel governo Letta ed ex direttore editoriale della
Treccani, “la qualità del Salone vincerà”. E poi: “Torino è il salone
nazionale dell’editoria italiana”. Affermazioni rese possibili dal fatto
che, come ha rammentato Lagioia, la spaccatura con gli editori che, nel
2017, avevano dato vita al milanese Tempo di Libri, voluto dalle major
del settore e dall’Associazione Italiana Editori (Aie), “è stata
ricomposta”. Ci saranno, ha continuato lo scrittore, “gli editori
indipendenti e ci saranno i grandi gruppi. Immaginare l’editoria del
nostro Paese senza gli uni o senza gli altri è impossibile. Abbiamo
lavorato tutti insieme per la ricucitura che c’è stata tra tutti gli
editori italiani, indipendenti e non. Siamo orgogliosi che gli editori
italiani abbiano scelto Torino per ritrovarsi qui tutti insieme, l’anno
scorso non sarebbe stato possibile”.
Ritorneranno al Lingotto,
pertanto, big come Mondadori e Gems (Gruppo editoriale Mauri-Spagnol).
Però proprio da Segrate, qualche settimana fa, hanno fatto sapere che
Tempo di Libri, che è imminente, ovvero di scena a Milano dall’8 al 12
marzo, resta “il grande progetto dell’Aie, nasce dalla legittima
aspirazione di un’associazione confindustriale di avere una fiera sua,
di respiro internazionale, governata in autonomia”. La serenità dei
torinesi, poi, che pure annunciano la Francia e la Buchmesse di
Francoforte in veste di ospiti per l’edizione di maggio, rischia di
essere offuscata dai travagli della passata Fondazione per il Libro, di
cui Bray, tra l’altro, è stato presidente fino alla sua messa in
liquidazione.
Pesano, dunque, i tre milioni e rotti di debiti, e
gli interrogativi a essi legati: chi li verserà per pagare i creditori?
Tra chi deve essere pagato, inoltre, si annoverano i francesi della GL
Events, la società proprietaria del Lingotto Fiere, con 900 mila euro, e
persino le scrittrici e gli scrittori per ragazzi che avevano dato vita
ad alcune iniziative nei precedenti saloni. Incombono, per giunta, le
inchieste della magistratura, come del resto i posti di lavoro in
pericolo di dodici dipendenti della vecchia Fondazione, anche perchè, a
quanto sembra, la nuova struttura societaria del Salone, in via di
costituzione, non li riassumerà.
Ombre non indifferenti, che si
aggiungono al definitivo tramonto dell’idea di fare di Torino, con il
Salone come epicentro, una vera capitale del libro; un progetto caro ai
timonieri di Librolandia del passato come Rolando Picchioni ed Ernesto
Ferrero. Ma può essere capitale del libro una città, Torino, che ha
perduto la proprietà dei suoi celeberrimi marchi editoriali come Einaudi
e Bollati Boringhieri, finiti sotto il controllo azionario milanese? E
che ha consentito che si frantumasse la storia e l’identità della Utet,
la gloriosa casa editrice del benemerito Giuseppe Pomba, già presidente,
nel corso dell’Ottocento, nel 1869, dell’Associzione Libraria Italiana?