Il Fatto 27.2.18
James Ivory
“I miei primi 10 dollari per girare tutta l’Italia”
A 22 anni decise di conoscere la Penisola: prima Venezia, poi Roma. “Le vostre facce sono nate per il cinema”
di Michele Diomà
personalità
cinematografica del momento”, secondo Michele Diomà, regista italiano
che con il candidato Oscar per la sceneggiatura di “Call by your name”
sta per girare “Dance again with me, Heywood!”. “Gli ho proposto di
partecipare al mio film – racconta – poteva rifiutare, invece mi ha dato
subito il suo appoggio. Nella pellicola Ivory interpreta se stesso,
dato che il personaggio principale è un filmmaker, Giorgio Arcelli
Fontana, attore e regista piacentino trasferitosi da molti anni a New
York con una passione per Napoli e Massimo Troisi”, spiega Diomà che
firma l’intervista che pubblichiamo a Ivory con dichiarazioni inediti
sul suo rapporto con la cultura italiana.
Mister Ivory quando è iniziata la sua passione per l’Italia?
Molti
anni prima del 1986, anno in cui ho girato Camera con vista ambientato
in buona parte a Firenze. Avevo 22 anni nel lontano 1950, mi trovavo in
viaggio a Parigi, ero giovane e con ben pochi soldi, ma avevo una gran
voglia di scoprire l’Italia, anche perché in quegli anni tutti in
America farlo. Se ben ricordo fu proprio il primo anno di boom del
turismo nel vostro paese dopo gli anni difficili della Seconda guerra
mondiale.
Come andò il suo viaggio?
In maniera avventurosa.
Salii su un treno per riuscire a vedere almeno Venezia. Non dimenticherò
la prima volta che la vidi, ne fui folgorato e decisi che nella città
lagunare avrei girato il mio film d’esordio, un desiderio che coronai 3
anni dopo, quando con fatica racimolai i soldi per girare un piccolo
documentario Venice: Theme and Variations.
Si fermò a Venezia?
No.
Dato che mi trovavo in Italia, pensai che non potevo non visitare Roma,
ma avevo un piccolo problema pratico, mi erano rimasti in tasca 10
dollari. Sono passati più di 65 anni da quel giorno, ma ricordo
perfettamente il mio stato d’animo, da una parte ero spinto dalla mia
situazione economica a mettere fine a quel viaggio in Italia e chiamare
mio padre in America perché mi facesse il biglietto per rientrare,
dall’altra avevo una fortissima voglia di vedere la Caput Mundi. Un po’
per incoscienza dovuta alla mia giovane età, un po’ per fame di
avventura, optai per la seconda soluzione.
Ne valse la pena?
Non
appena arrivai alla Stazione Termini corsi in un’American Express con
la speranza di trovare un regalo da parte di mio padre, che
generosamente senza dirmelo mi fece trovare sul conto 100 dollari. Beh
mi sentii l’uomo più ricco del mondo. Iniziai a girovagare per Roma e a
ogni passo vedevo palazzi, piazze e monumenti che mi lasciavano senza
fiato. Ricordo quel periodo come bellissimo e non volevo più andarmene,
rimasi infatti a Roma per circa tre mesi. E devo confidarvi una cosa:
proprio a Roma c’è il monumento che ancora oggi, che ho girato un po’ il
mondo, considero il più bello in assoluto. Il Pantheon.
Lei il 4
marzo potrebbe vincere l’Oscar alla miglior sceneggiatura per “Call me
by your name” di Luca Guadagnino e ha accettato di partecipare al film
di un giovane regista italiano. Cosa la affascina del nostro cinema?
Intanto
la grande storia del cinema italiano. Mi emoziono sempre quando rivedo
Umberto D. di Vittorio De Sica e adoro in termini assoluti Il Gattopardo
di Luchino Visconti. Un capitolo a parte va dedicato a tutta la
filmografia di Federico Fellini, io sono un vero e proprio fan. Ho visto
tutti i suoi film. Negli anni a New York spesso c’erano come prime
americane film di Fellini, e ricordo che non erano considerate come
degli eventi simili a tanti altri che si tengono ogni giorno nella
Grande Mela. La prima di un nuovo film di Federico Fellini era attesa
come una grande esperienza culturale. Tutti i cinefili correvano a
Manhattan in attesa dell’arrivo di Giulietta Masina e Federico Fellini,
che venivano a New York per presentare un nuovo film. Quindi è
inevitabile che io sia sempre interessato ad ascoltare un regista
italiano che viene a propormi un progetto.
Da qui le due collaborazioni. Ha altro in programma?
Sto
anche scrivendo la sceneggiatura di un cortometraggio che si intitola
Modern Marriage con Giorgio Arcelli Fontana, un progetto che sia pure
con un tono da commedia affronta una tematica impegnativa come
l’immigrazione.
Oltre ai registi, ci sono attori italiani che stima?
C’è
un particolare del cinema italiano che mi ha sempre sorpreso in
positivo: i volti degli attori, anche delle comparse. Dico questo perché
trovo le facce degli italiani sempre molto espressive, non importa che
siano donne, uomini, bambini o anziani, hanno tutti una bellezza rara, e
questo è un elemento estetico importante nel cinema. Ecco perché è
sempre un piacere per me rivedere un film italiano, dato che sono un
regista che tiene molto in considerazione le caratteristiche somatiche
degli attori.