Il Fatto 14.21.8
Ultimo tango a Tel Aviv, chiesta incriminazione per Netanyahu
La
polizia: “Ci sono prove sufficienti di corruzione contro il premier”.
Bibi replica: “Innocente, non mi dimetto”. L’ultima parola al
procuratore generale Mandelblit
di Roberta Zunini
“Io
so la verità, non decide la polizia ma la magistratura”. Sono state
queste le prime parole che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ieri
sera ha scelto per il discorso alla tv nazionale allo scopo di
rispondere alle accuse della polizia. Che poche ore prima aveva
raccomandato alla magistratura l’incriminazione per corruzione e abuso
d’ufficio. Dopo oltre un anno di investigazione, la polizia israeliana
ha dunque deciso di inviare alla magistratura la richiesta di
incriminarlo.
Il temuto dado è stato tratto nonostante lo stesso
Netanyahu avesse tentato nei mesi scorsi di fare pressione sui
legislatori affinchè approvassero una legge per abolire la facoltà della
polizia di raccomandare ai magistrati di procedere alle incriminazioni.
Il
premier più longevo della storia israeliana, la settimana scorsa aveva
provato in extremis a scongiurare la “raccomandazione” facendo leva sul
lungo rapporto di collaborazione e amicizia con il Procuratore generale
Avichai Mandelblit. Tanto è vero che Bibi aveva risposto alle
anticipazioni della stampa locale con queste parole : “Il Procuratore
generale non permetterà che la magistratura accolga le indicazioni della
polizia”. Ma anche per il fedele Mandelblit, a questo punto, non sarà
facile trovare un escamotage per posticipare nuovamente la caduta dal
piedistallo di Bibi e della impopolare Sara. La first lady è detestata
da buona parte degli israeliani anche di destra – tra i quali molti
elettori del Likud (il partito conservatore di cui Netanyahu è leader,
ndr) – per lo stile di vita sfarzoso, l’amore per il lusso e le angherie
nei confronti dei collaboratori domestici che in passato la
denunciarono contribuendo a rimpolpare l’inchiesta dell’Unità
anticorruzione della polizia nei confronti del marito. Il premier è al
centro di 3 diverse inchieste denominate dalla polizia “caso 1000”,
“caso 2000” e “caso 3000”. Per ora la richiesta di incriminazione
riguarda i primi due.Nel “caso 1000” il premier è sotto accusa per aver
ricevuto regali per migliaia di shekels dal noto produttore di
Hollywood, l’israeliano Arnon Milchan. L’uomo, con un passato da agente
segreto, fu aiutato da Netanyahu a ottenere la cittadinanza americana.
Dalle ricostruzioni dei poliziotti sarebbe emerso che Milchan da anni
mandi a casa Netanyahu casse dei più costosi champagne e centinaia di
scatole di sigari pregiatissimi. Il premier si è giustificato sostenendo
che “erano regali fra amici”. A smentire Bibi è emersa nei giorni
scorsi una testimonianza considerata attendibile: la moglie Sarah
avrebbe chiesto con insistenza alla segretaria di Milchan di far
consegnare gli omaggi in scatole chiuse ermeticamente per evitare ne
venisse individuato il contenuto. Il “caso 2000” riguarda il tentativo
di Netanyahu di far cambiare linea editoriale, a proprio favore, al
quotidiano Yediot Aharonot in cambio di una manovra, illegale, contro il
quotidiano rivale Israel Hayom, oggi il più letto dagli israeliani.
Il
motivo per cui Bibi si dice sicuro che il procuratore generale non
accoglierà il suggerimento della polizia è dovuto anche al fatto che per
il caso più spinoso, il “3000”, non si sia ancora arrivati alla fine
delle indagini. Si tratterebbe della vendita di sottomarini tedeschi
Dolphins a Israele, dietro pagamento di enormi tangenti. Nel settembre
2017 la polizia arrestò a questo proposito l’ex capo dello staff del
premier, David Sharan. L’inchiesta tuttavia procede a rilento nonostante
la polizia sia riuscita a convincere Sharan a diventare collaboratore
di giustizia e a rivelare ciò che sa. Per quanto riguarda i primi due
casi ci vorranno ancora mesi per conoscere le decisioni dei giudici
sulla sorte del politico più controverso di Israele.