mercoledì 14 febbraio 2018

Il Fatto 14.21.8
Ultimo tango a Tel Aviv, chiesta incriminazione per Netanyahu
La polizia: “Ci sono prove sufficienti di corruzione contro il premier”. Bibi replica: “Innocente, non mi dimetto”. L’ultima parola al procuratore generale Mandelblit
di Roberta Zunini


“Io so la verità, non decide la polizia ma la magistratura”. Sono state queste le prime parole che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ieri sera ha scelto per il discorso alla tv nazionale allo scopo di rispondere alle accuse della polizia. Che poche ore prima aveva raccomandato alla magistratura l’incriminazione per corruzione e abuso d’ufficio. Dopo oltre un anno di investigazione, la polizia israeliana ha dunque deciso di inviare alla magistratura la richiesta di incriminarlo.
Il temuto dado è stato tratto nonostante lo stesso Netanyahu avesse tentato nei mesi scorsi di fare pressione sui legislatori affinchè approvassero una legge per abolire la facoltà della polizia di raccomandare ai magistrati di procedere alle incriminazioni.
Il premier più longevo della storia israeliana, la settimana scorsa aveva provato in extremis a scongiurare la “raccomandazione” facendo leva sul lungo rapporto di collaborazione e amicizia con il Procuratore generale Avichai Mandelblit. Tanto è vero che Bibi aveva risposto alle anticipazioni della stampa locale con queste parole : “Il Procuratore generale non permetterà che la magistratura accolga le indicazioni della polizia”. Ma anche per il fedele Mandelblit, a questo punto, non sarà facile trovare un escamotage per posticipare nuovamente la caduta dal piedistallo di Bibi e della impopolare Sara. La first lady è detestata da buona parte degli israeliani anche di destra – tra i quali molti elettori del Likud (il partito conservatore di cui Netanyahu è leader, ndr) – per lo stile di vita sfarzoso, l’amore per il lusso e le angherie nei confronti dei collaboratori domestici che in passato la denunciarono contribuendo a rimpolpare l’inchiesta dell’Unità anticorruzione della polizia nei confronti del marito. Il premier è al centro di 3 diverse inchieste denominate dalla polizia “caso 1000”, “caso 2000” e “caso 3000”. Per ora la richiesta di incriminazione riguarda i primi due.Nel “caso 1000” il premier è sotto accusa per aver ricevuto regali per migliaia di shekels dal noto produttore di Hollywood, l’israeliano Arnon Milchan. L’uomo, con un passato da agente segreto, fu aiutato da Netanyahu a ottenere la cittadinanza americana. Dalle ricostruzioni dei poliziotti sarebbe emerso che Milchan da anni mandi a casa Netanyahu casse dei più costosi champagne e centinaia di scatole di sigari pregiatissimi. Il premier si è giustificato sostenendo che “erano regali fra amici”. A smentire Bibi è emersa nei giorni scorsi una testimonianza considerata attendibile: la moglie Sarah avrebbe chiesto con insistenza alla segretaria di Milchan di far consegnare gli omaggi in scatole chiuse ermeticamente per evitare ne venisse individuato il contenuto. Il “caso 2000” riguarda il tentativo di Netanyahu di far cambiare linea editoriale, a proprio favore, al quotidiano Yediot Aharonot in cambio di una manovra, illegale, contro il quotidiano rivale Israel Hayom, oggi il più letto dagli israeliani.
Il motivo per cui Bibi si dice sicuro che il procuratore generale non accoglierà il suggerimento della polizia è dovuto anche al fatto che per il caso più spinoso, il “3000”, non si sia ancora arrivati alla fine delle indagini. Si tratterebbe della vendita di sottomarini tedeschi Dolphins a Israele, dietro pagamento di enormi tangenti. Nel settembre 2017 la polizia arrestò a questo proposito l’ex capo dello staff del premier, David Sharan. L’inchiesta tuttavia procede a rilento nonostante la polizia sia riuscita a convincere Sharan a diventare collaboratore di giustizia e a rivelare ciò che sa. Per quanto riguarda i primi due casi ci vorranno ancora mesi per conoscere le decisioni dei giudici sulla sorte del politico più controverso di Israele.