Corriere 5.2.18
Berlino archivia i giorni del Muro
di Paolo Valentino
A
mezzanotte di oggi saranno passati 10.315 giorni dal 9 novembre 1989,
quando Berlino tornò a essere una città unita. A partire da domani
saranno di più i giorni trascorsi senza il Muro.
«Quanto Muro
avete ancora nella testa?», chiedeva ieri a tutta pagina la BZ. È un
giorno speciale, questo 5 febbraio, per la capitale tedesca. A
mezzanotte di oggi saranno passati 10315 giorni da quel 9 novembre 1989,
quando una semplice parola, unverzueglich , immediatamente, di Guenther
Schabowski, portavoce del governo della Ddr, aprì come una formula
magica lungamente attesa i varchi del Muro di Berlino, innescandone il
crollo. Ma quei 28 anni, 2 mesi e 26 giorni sono lo stesso, identico
periodo in cui la barriera della vergogna era rimasta in piedi. Detto
altrimenti, a partire da domani la città che visse due volte avrà
trascorso più tempo senza il Muro che all’ombra di esso.
È il
Zirkeltags , celebrato con mostre e rassegne, ricordato da tutti i media
con commenti e testimonianze, occasione per riflettere su due momenti
della recente storia tedesca, che in modo opposto hanno avuto il loro
comune riferimento in quella divisione artificiale, che fu potente
simbolo del suo tempo, la polarizzazione del mondo dopo la Seconda
Guerra Mondiale.
Come sono cambiate Berlino e la Germania dalla
notte in cui i fratelli separati varcarono il Check Point Charlie a
bordo delle loro Trabant o attraversarono a piedi il passaggio della
Bornholmerstrasse, accolti dagli applausi dei berlinesi dell’Ovest? Si è
avverata la profezia di Willy Brandt, secondo il quale «ora può
crescere insieme ciò che si appartiene insieme»?
È una risposta
complessa, ricca di luci e ombre. Mentre nella trattativa sulla Grosse
Koalition, Cdu-Csu e Spd discutono l’ipotesi di eliminare in parte la
«Solidaritaetzuschlag», la tassa sui contribuenti dell’Ovest che è
servita a finanziare la riunificazione, come se il problema della
rinascita dell’Est fosse stato risolto, nuovi studi e ricerche rivelano
che la strada è ancora lunga: «Sia nei patrimoni, nel tasso di
disoccupazione, nello sviluppo della popolazione o nella religione, i
vecchi confini tra la Repubblica Federale e la Ddr sono ancora evidenti:
ci vorrà ancora una generazione perché Est e Ovest crescano veramente
insieme», dice Reiner Klingholz, direttore dell’Istituto per la
popolazione e lo sviluppo.
E non è solo il reddito medio lordo
mensile, intorno ai 3600 euro nei Land occidentali e a circa 2700 in
quelli dell’Est. O i pensionati dell’Ovest, che hanno in media il 30% in
più di pensione dei loro pari età dell’Est. O ancora la disoccupazione,
appena poco sopra il 5% a Ovest e quasi all’8% a Est.
Qualcosa di
più profondo separa ancora le due metà della Germania, nonostante i
passi da gigante compiuti in questi 28 anni. Il calcio, per esempio,
passione totale dei tedeschi e pilastro dell’identità post-bellica, che
nei trionfi della nazionale ritrovò orgoglio e fiducia: tre decenni dopo
la caduta del Muro, solo una squadra dell’Est, il Lipsia, milita nella
Bundesliga, la serie A tedesca.
Certo non è più il tempo del Muro
nelle camere da letto, che nel 1999 vedeva appena 348 degli oltre 15
mila matrimoni celebrati al Comune di Berlino, contratti tra una persona
dell’Est e una dell’Ovest. Oggi questa statistica non esiste più, ma
secondo lo studio di Klingholz solo 1 matrimonio su 10 è, diciamo così,
una unione Est-Ovest. Un livello piuttosto basso di «integrazione
sentimentale», aggravato tra l’altro da un’alta percentuale di divorzi
registrata in questo tipo di coppie.
«Quando la sera esco, so
subito chi viene dall’Ovest e chi dall’Est», racconta Nancy Petermann,
26 anni, nata nel quartiere orientale di Koepenick due anni dopo la
caduta del Muro. «I Wessi sono più sfacciati e vestono sempre con brand
costosi. Gli Ossi sono più timidi e non badano molto all’apparenza».
Basta andare a un concerto di musica classica in una delle sale della
parte orientale per rendersene conto di persona.
Le percezioni
reciproche raccontano molto. Il 34% dei tedeschi dell’Est considera
quelli dell’Ovest arroganti e presuntuosi. Mentre la metà degli
orientali pensa che ci siano profonde differenze di mentalità con i loro
connazionali dell’Ovest. Pensiero ricambiato dal 53% dei tedeschi
occidentali.
Significativo è che la transumanza sia stata a senso
unico o quasi. Ben 2 milioni di persone hanno lasciato i Land della ex
Ddr dal 1989 per andare a Ovest. In senso opposto si registrano poche
decine di migliaia di casi.
Anche nella scelta delle vacanze, non
c’è unità in Germania. Sono i Wessi infatti a privilegiare soprattutto
l’estero, Italia e Spagna in primis. Ma quasi la metà degli Ossi
preferisce rilassarsi in Germania, meglio se sul Mare del Nord.
Eppure
l’ottimismo è di rigore. Nella città senza ombre che sembra non volersi
fermare mai, il 62% degli abitanti è sicuro che le differenze di
mentalità tra Est e Ovest sono destinate prima o poi a sparire. Proprio
come il Muro.