Corriere 23.2.18
Mary Lou McDonald e il partito erede dell’Ira
Una donna a capo del Sinn Féin «Fra dieci anni l’Irlanda unita»
«Faremo un referendum e lo vinceremo»
di Luigi Ippolito
Good Friday
L’accordo
del Venerdì Santo è stato firmato il 10 aprile 1998 dal governo di
Londra e da quello di Dublino e dai partiti politici dell’Irlanda del
Nord compreso lo Sinn Féin, già braccio politico di quello che fu
l’Esercito repubblicano irlandese. È considerato l’asse portante del
processo di pace in Irlanda del Nord. La leader del Sinn Féin spiega che
è «incompatibile» con la Brexit
Londra Fa impressione
soltanto vederle arrivare. Mary Lou McDonald e Michelle O’Neill, una col
vestito verde color Irlanda, rossetto acceso, orecchini e collana
scintillanti, l’altra coi capelli biondi e le unghie smaltate di rosso.
La prima è la leader nazionale del Sinn Féin, il partito irlandese erede
dei guerriglieri dell’Ira, la seconda è a capo della stessa formazione
nell’Ulster. Sembra passato un secolo (e lo è) dalle immagini lugubri
dei militanti repubblicani che sfilano armati e incappucciati nelle vie
di Belfast. E appartiene al passato anche il volto di Gerry Adams, il
leader storico del Sinn Féin (e capo dell’Ira), di cui Mary Lou ha preso
il posto la scorsa settimana.
«Siamo facce nuove, senza barba»,
scherza lei col Corriere accarezzandosi il viso (e alludendo all’aspetto
irsuto di Adams). Ma soprattutto volti di donna, in un movimento
nazionalista che è rimasto sempre un affare di uomini ed è stato
protagonista di una stagione di sangue in Irlanda del Nord che ha
lasciato sul terreno migliaia di morti.
Che effetto fa — chiediamo
— una leadership tutta femminile nel Sinn Féin? «È fantastico — esclama
Mary Lou abbracciando Michelle —. Abbiamo forte il senso che questo è
il momento delle donne nella vita pubblica. Certo, abbiamo bisogno di
uomini in politica, ma è necessario un ribilanciamento. Io sono una
femminista sfegatata e non potrei essere più lieta che il partito abbia
scelto me e Michelle come leader. È il girl power ! Stiamo prendendo il
sopravvento!».
McDonald e O’Neill sono venute per la prima volta a
Londra a incontrare la premier britannica Theresa May. «È stato un
meeting lungo — racconta Mary Lou — è andato avanti per un’ora, c’è
stato un franco scambio di vedute, ma ne sono uscita delusa e allarmata.
C’è stata una polarizzazione sul terreno, in Irlanda del Nord, negli
ultimi mesi».
E il problema, come è facile immaginare, è la
Brexit, che ha rimesso in questione i delicati equilibri su cui si fonda
la pace attuale. «La realtà — spiega la McDonald — è che la Brexit e
gli accordi del Venerdì Santo (quelli che vent’anni fa hanno messo fine
alla guerra civile, ndr ) sono incompatibili. La Brexit rappresenta un
chiaro e imminente pericolo per il funzionamento dell’economia e della
società irlandese nella sua totalità».
Il nodo è il confine tra
Ulster britannico a Nord e repubblica di Dublino a Sud: finora una
frontiera fluida, adesso rischia di «solidificarsi» nel momento in cui
la Gran Bretagna lascerà la Ue, perché diventerebbe la demarcazione
esterna d’Europa.
«La Brexit è un problema in particolare per
l’Irlanda — continua la McDonald — per la prossimità geografica alla
Gran Bretagna, per i nostri legami commerciali e per i legami sociali
fra le due Irlande. Non ci può essere un confine sulla nostra isola.
Sarebbe catastrofico per il commercio, per l’accesso a servizi e per
come la gente conduce la vita quotidiana: c’è chi ha la casa a Sud e la
fattoria a Nord!».
Che l’unica soluzione sia forse la
riunificazione? «Irlanda unita? Assolutamente sì!», esclamano
all’unisono Mary Lou e Michelle. «Vogliamo non solo una riunificazione
territoriale — continua la McDonald — ma reimmaginare una Irlanda
rigenerata in senso democratico e inclusivo. La Brexit ha portato la
questione alla luce: quando vediamo la prospettiva di una hard Brexit ,
noi diciamo che non è possibile avere un confine fisico in Irlanda. E la
riunificazione è l’opzione ovvia sul tavolo».
Ma come è possibile
arrivarci senza scosse? «Noi vogliamo un referendum e vogliamo vincerlo
— spiega Mary Lou — ma soprattutto vogliamo un processo democratico
basato sul massimo consenso, rispettoso delle differenze, del fatto che
c’è una popolazione unionista che è britannica e che è fiera di esserlo.
Ma noi siamo la generazione in grado di portare la questione a una
conclusione democratica. E prevedo che nel corso del prossimo decennio
guarderemo a un referendum sull’unificazione. Alcuni potranno dire che è
affrettato, ma il nostro punto di vista è che il mondo nel quale
viviamo e le sfide che affrontiamo siano meglio servite da una Irlanda
unita».