mercoledì 31 gennaio 2018

Repubblica 3.1.18
Dal People’s Party al M5S
Perché cresce l’anti-partito
di Nadia Urbinati


Benché il partito politico abbia costituito l’ossatura delle democrazie moderne, la democrazia dei partiti non ha mai goduto di un’egemonia incontrastata. Scrivere la storia dell’anti-partito, come ideologia e forma partecipata, significa scrivere quella della democrazia dei partiti. La storia americana è esemplare: insieme ai partiti ricostituiti dopo la Guerra civile, nella seconda metà dell’ 800, si sviluppò la resistenza contro il loro dominio di istituzioni e società. Il People’s Party — il primo partito populista della storia — si coagulò intorno a questioni che sarebbero poi ritornate in altri momenti e in altri Paesi: il dualismo tra “onesti cittadini” e “casta corrotta”, tra “la gente che lavora” e “chi vive del sudore di chi lavora occupando posizioni di privilegio”.
Parole simili ritornano nei momenti di declino di legittimità morale dei partiti organizzati e attecchiscono quando le identità di partito sono diventate gusci vuoti di obbedienza a una linea che non corrisponde a null’altro che alla volontà di sopravvivenza di una classe dirigente, spesso invisa e oggetto di diffidenza. L’anti- partito è parallelo alla debilitazione dei partiti, ne è una risultante meccanica. A fine ’ 800 per la crisi dei partiti oligarchici, oggi per quella dei partiti di massa che si sono fatti oligarchici a loro volta. È in questo contesto che dobbiamo leggere il successo di gradimento del Movimento 5 Stelle, che non può essere esorcizzato demonizzandolo.
Nell’America ottocentesca si rispondeva all’obiezione per cui i seguaci del Partito del popolo erano incompetenti con questa massima: l’incompetenza non è dannosa quanto la corruzione. A questo servono le elezioni: a selezionare non tanto i competenti quanto i candidati che meglio rispondono al sentire popolare. E il partito non-partito propone persone “simili” agli elettori. Non devono essere adusi al potere, esperti di trame. Il potere cerca l’arcano per poter distribuire posti e favori senza mostrarlo al pubblico, perché presume che quel che fa non sarebbe gradito né legittimo. E dunque, il non- partito risponde con la trasparenza: mettere tutto in Rete, come dicono i pentastellati, mostrare quel che gli altri politici tendono a nascondere.
La fine dei partiti di massa nel nostro Paese ha spalancato le porte a questa dimensione di politica dell’ordinario. L’anti-partito è nato insieme alla democrazia dei partiti, come diffidenza a priori. Poi quella diffidenza ha messo radici, conquistando quel che restava dei partiti tradizionali, desiderosi di cambiar nome, di togliere la parola “partito”, di essere vicini alla “società civile”.
La scesa in campo di Berlusconi nel 1993-94 fu prorompente nel plasmare l’Italia dell’anti-partito, anche se l’uomo di Arcore era figlio della democrazia dei partiti e fondatore di un partito che non era per nulla post. Eppure il linguaggio che mise in circolo fu segnato da una visione anti-partitica: un linguaggio fatto di “odio” e “amore”, di emozioni esposte senza mediazione; la demolizione della persona pubblica con l’arma dell’epiteto, dell’offesa, del nomignolo. Pochi programmi molte emozioni.
Oggi l’Italia è figlia matura di questa realtà. In questo terreno il Movimento 5 Stelle si è stabilizzato, filtrando nella sua identità quel che è stato edificato ( o distrutto) da trent’anni — passando dalle piazze urlanti di Grillo al pacato stile di Di Maio, concludendo una parabola di mutazione da opinione-contro a forza per governare. Il Movimento gentista per eccellenza, che può affermare che l’incompetenza fa meno danni della corruzione; e quindi non sembra soffrire le conseguenze di amministrazioni comunali non governate benissimo. Ma, come per i neofiti, anche per i politici che si formano artigianalmente, fuori dei partiti, vale quel che vale per tutti noi a scuola: sbagliamo ma apprendiamo. La forza del Movimento sta in questo. Non comprendere quanto radicata sia nella vicenda convulsa di democrazia post- partitica significa non comprendere il bacino largo e trasversale di simpatizzanti di queste visioni semplici.