Repubblica 25.1.18
La scienza non si ferma ma serve trasparenza
di Elena Cattaneo
Il
risultato pubblicato su Cell dai ricercatori di Shanghai ha
implicazioni molto tecniche: al momento è difficile valutarne portata e
interesse scientifico.
L’idea che modelli animali del tutto uguali
tra loro, quindi clonati, siano un vantaggio per la ricerca è molto
interessante ma al contempo ha lo svantaggio di escludere la variabilità
genetica di ciascuno.
Resta l’evidenza di una tecnica che,
partendo dalla pecora Dolly, è stata provata con successo su animali di
piccola e grossa taglia, dai topi ai tori, e oggi, con la scimmia, trova
un’ulteriore conferma sperimentale di praticabilità.
Qualcuno si
potrebbe chiedere: che bisogno c’era di provare che è possibile clonare
delle scimmie? Dal punto di vista della scienza, interrogarsi sul
bisogno o sull’utilità pratica di una nuova conquista tecnologica, di un
nuovo avanzamento conoscitivo è una domanda mal posta: effetti e
utilità di una ricerca spesso si chiariscono a posteriori. Quando nel
2005 i ricercatori descrivevano uno dei batteri dello yogurt, era
inimmaginabile che quanto osservato, dieci anni dopo, sarebbe diventato
il più potente strumento di modifica del Dna, il Crispr-Cas9.
Sull’utilità
e l’eticità di una ricerca scientifica costruita su solide basi
metodologiche e tecniche sono coinvolti, su più livelli di
responsabilità, chi fa la ricerca, chi la valuta e il comitato etico che
vigila sulla sua appropriatezza.
Vi è poi la responsabilità della
comunità scientifica tutta nell’essere il primo controllore e il
massimo interprete della capacità di rendere conto del lavoro dei
ricercatori anche di fronte a un pubblico non esperto, spesso spaventato
da scoperte che non capisce: se le spiegazioni non vengono dalla
scienza, arriveranno da altri, pronti a travisare giocando su paure o
sensazionalismi o, peggio, privi di scrupoli nel piegare i fatti
all’ideologia. Nella scienza non esiste il principio di autorità, ma è
il metodo a determinare (pubblicamente) la validità o meno di ciò che
viene fatto. Questo procedimento garantisce che, nella costruzione della
fiducia, tutti gli attori siano chiamati in causa.
La scienza va
avanti, non fermarsi mai ma cercare sempre nuovi traguardi è implicito
nel suo metodo, e si illude chi pensa che sia ancora possibile bloccare
la ricerca ai confini nazionali o imporre moratorie che, peraltro,
soprattutto in Paesi in cui lo Stato di diritto e la democrazia sono
labili se non assenti, rischiano, come tutti i proibizionismi, di
lasciare campo libero a “corsari delle regole” pronti a sottrarsi ad
ogni controllo. Nella scienza, “etica” non è moratoria dalla conoscenza
ma trasparenza del metodo, visibilità dei risultati e controllo diffuso,
nell’interesse di tutti. Oggi, con il rafforzarsi di comunità
scientifiche prima assenti, dobbiamo essere pronti a lavorare in modo
sempre più integrato anche gettando ponti tra culture molto diverse.
Docente alla Statale di Milano e senatrice a vita