Repubblica 18.1.18
I diritti umani
La resistenza contro i populismi
di Kenneth Roth
Un
anno fa, mentre Trump entrava alla Casa Bianca, l’ondata globale di
populisti autoritari sembrava inarrestabile. I politici che dichiaravano
di parlare per “il popolo” costruivano il consenso attraverso la
demonizzazione delle minoranze, attaccando i principi dei diritti umani e
alimentando la sfiducia verso le istituzioni democratiche. Oggi, in
molti Paesi, la resistenza ha reso il futuro dei populisti più incerto.
Dove la reazione è stata forte, l’avanzata dei populisti è stata
contenuta. Ma là dove ci si arrende al loro messaggio di odio, i
populisti prosperano.
La Francia ha incarnato la svolta più
evidente. In altri Paesi europei, come l’Austria e l’Olanda, il
centrodestra si è battuto contro i populisti imitandone le posizioni, ma
ha rafforzato il loro messaggio. Macron, al contrario, ha sconfitto il
Fronte Nazionale con una difesa vigorosa dei principi democratici.
Negli
Usa c’è stata una riaffermazione dei diritti umani da parte di gruppi
civici, giornalisti, avvocati, giudici e gente comune. Trump è riuscito
comunque ad attuare misure retrograde, ma la reazione ha contenuto i
danni.
La Germania ha fatto notizia quando l’Afd è entrato nel
Bundestag. Ma l’Afd ha ottenuto voti nella ricca Baviera, dove l’alleato
di governo di Angela Merkel, la Csu, ha adottato più posizioni
contrarie all’immigrazione della Cdu di Merkel.
Un confronto basato sui principi, anziché l’emulazione, si è dimostrato più efficace.
Le
manifestazioni e la minaccia di azioni legali dell’Ue hanno messo alla
prova i tentativi della Polonia di indebolire l’indipendenza giudiziaria
e lo stato di diritto e hanno ostacolato i piani dell’Ungheria. Anche
in Venezuela i manifestanti sono scesi in strada mentre l’incompetente
governo autocratico di Maduro distruggeva l’economia. In Africa hanno
invocato il nazionalismo tentando di uscire in blocco dalla Corte penale
internazionale. Ma il tentativo è fallito grazie ai gruppi civici.
In alcuni casi, quando Paesi più potenti hanno fatto ostruzionismo, Paesi più piccoli hanno guidato la difesa dei diritti.
Il
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha aperto un’indagine
sugli abusi commessi nel conflitto in Yemen grazie all’Olanda.
L’Assemblea generale dell’Onu ha aggirato il veto della Russia e ha
nominato un procuratore per crimini di guerra in Siria grazie al
Liechtenstein.
Nessuna forma di resistenza garantisce il successo.
Gli autocrati sfruttano il potere dello Stato. Ma la resistenza
dimostra che una vera battaglia è in atto. Diversamente, là dove la
resistenza nazionale viene soppressa e l’interesse internazionale
langue, prosperano i populisti e le forze contrarie ai diritti umani.
Erdogan ha smantellato il sistema democratico turco mentre l’Ue si è
preoccupata del suo aiuto per bloccare il flusso di rifugiati. Al Sisi
ha schiacciato il dissenso in Egitto, convincendo i governi occidentali
che stava combattendo il terrorismo. Putin e Xi Jinping hanno represso
gli oppositori con una reazione limitata dell’Occidente.
Il nuovo
principe ereditario dell’Arabia Saudita, facendo leva sui timori
dell’Iran, ha guidato una coalizione araba che ha bombardato lo Yemen,
provocando un disastro umanitario. L’esercito della Birmania ha
intrapreso una pulizia etnica contro i musulmani Rohingya, mentre gli
occidentali erano riluttanti a fare pressioni.
La lezione
fondamentale è che i diritti umani possono essere difesi dalla sfida
populista e autocratica. Ciò che serve è una difesa di principio anziché
una resa, l’impegno anziché la disperazione.