mercoledì 17 gennaio 2018

Repubblica 17.1.18
La denuncia di Biles
Gli orchi dello sport
di Emanuela Audisio


Lolite al volteggio (privato). Costrette ad esserlo. Come Simone Biles e tante altre. Lolite tradite dalla voglia di essere farfalle d’acciaio. E dallo sport. «E che ora per fortuna parlano degli orrori subiti», dice Nadia Comaneci, la prima Pretty Baby della ginnastica, che andava a letto con le bambole, ma che a 14 anni e mezzo strappò per la prima volta il voto 10 ai giudici.
Anche Simone così forte e così brava si è sentita in colpa. Ma di cosa? Di esser stata zitta, di non aver reso pubblica quella che credeva una sua privata vergogna. Perché non importa se è un allenatore, un dottore, un dirigente ad imporre violenze al tuo corpo. Ma importa che una figura istituzionale approfitti della tua voglia di volare. Importa che quando sei bambina/ o si insinui nel tuo rapporto con lo sport, che ti faccia credere che sia normale farlo se vuoi salire in cima. Importa che sia qualcuno di cui ti fidi, non un nemico, ma la persona a cui confidi paure e fragilità, e che per contratto anche morale ti debba aiutare nelle tue debolezze. Importa che tu hai sette-dieci anni, sei solo una farfalla, e l’altro è un adulto. Ti siede a fianco, indossa la tua stessa divisa, ha un ruolo che merita rispetto: lui è il dottore, il tecnico che dovrebbe curare il tuo corpo. E invece ne abusa.
La denuncia di Simone Biles verso il dottore Larry Nassar, 58 anni, ex medico della nazionale olimpica di ginnastica, non è importante ai fini giudiziari perché Nassar è già in carcere. Ma è utile perché lascia capire che certi comportamenti all’interno della federazione erano evidentemente sopportati tanto che la stessa ginnastica americana ha tardato a far intervenire l’Fbi ( c’è anche l’accusa di pedopornografia). Nasser è stato licenziato nel 2015, dopo un anno di indagini, in cui non è stato sospeso. Oltre 150 donne lo accusano, 98 hanno testimoniato in tribunale: si parla di bambine di sei anni, molestate e abusate. Con gravi conseguenze: una si è tolta la vita, il padre di un un’altra si è suicidato. « Aiutateci, dateci la vostra solidarietà » , ha pregato Ron Biles, il papà di Simone. Non importa se si è femmine o maschi, si è tutti sesso debole davanti al successo e alla lusinga di diventare numeri uno. Perfino Sugar Ray Leonard, grande campione di boxe, ha ammesso tardivamente e in parte nella sua autobiografia, di essere stato abusato a 15 anni dal suo coach di 40, che già da piccolo lo costringeva a bagni promiscui nella vasca. Quello stesso coach che prima di tirargli giù la zip dei pantaloni in un parcheggio deserto gli elencava come avrebbe potuto con i suoi consigli vincere una medaglia d’oro olimpica ai Giochi di Montreal nel ’76. E qui sta la viltà. Non degli atleti, ma di chi baratta la loro fiducia nei maestri. E delle istituzioni sportive che temono di denunciare gli scandali per non sporcare la loro immagine. Il dottor Nasser è stato lasciato libero di agire nella sua « sexual misconduct » per vent’anni, tempo che ne fa un Weinstein a lunga scadenza. Molte farfalle sono volate nonostante lui e altre si sono spezzate. Ma quattro medaglie d’oro olimpiche non sono bastate a Simone Biles per fare capriole su se stessa e sul dolore di tutte.