mercoledì 17 gennaio 2018

il manifesto 17.1.18
La corrente nera che scuote i tedeschi
Estrema destra. Un «sistema di pensiero» che la sconfitta di Hitler nella seconda guerra mondiale non ha cancellato. Una mostra al Centro di documentazione sul nazionalsocialismo di Monaco.
di Jacopo Rosatelli


Una foto in bianco e nero della toilette di un locale pubblico. Sulle porte le classiche figure stilizzate di ambo i sessi. Ma insieme. In alto a sinistra, una scritta accompagnata dal simbolo del partito dei Grünen: «Nuova proposta folle dei Verdi: bagni unisex!». Sotto, su rassicurante sfondo azzurro, campeggia lo slogan: «Buttiamo nel gabinetto le sconclusionate proposte del delirio gender!». Firmato Csu, l’Unione cristiano-sociale che in Baviera regna incontrastata.
L’immagine è stata diffusa in un post su twitter della formazione conservatrice, costola della Cdu della cancelliera Angela Merkel, ed è probabilmente la più importante fra quelle che si possono osservare nella mostra Estremismo di destra in Germania dal 1945, in corso (fino al 2 aprile) al Centro di documentazione sul nazionalsocialismo di Monaco (NS Dokumentationszentrum München).
IL MOTIVO DELLA RILEVANZA di tale figura è presto detto: in un museo pubblico, ultima creazione sorta nel quartiere dell’arte della capitale bavarese, la potentissima Csu è messa in relazione, pur se indirettamente, con l’ideologia del neofascismo. A testimonianza di un coraggio intellettuale che in Germania non manca quando si fanno i conti con la corrente nera che attraversa la storia di questo Paese, il suo passato, ma anche il suo presente, come insegna il successo che riscuote il movimento nazionalista e xenofobo Alternative für Deutschland (AfD). Non siamo in una piccola e semi-clandestina galleria alternativa, ma nel cuore del Kunstareal monacense, a due passi dalle ricchissime pinacoteche dove sono raccolti capolavori, da Dürer all’espressionismo, e nei paraggi di quell’Accademia musicale al centro della seconda parte della leggendaria Heimat di Edgar Reitz. Chi visita la città e non si limita alle pittoresche birrerie e allo stadio del Bayern passa certamente anche di qua.
Meritoriamente, quindi, il Centro di documentazione sul nazionalsocialismo non solo ha prodotto un’esposizione temporanea dedicata a un tema di bruciante attualità, ma ha deciso di farlo senza infingimenti. Non una narrazione consolatoria e auto-assolutoria per la società tedesca, ma decisamente disturbante. In linea, peraltro, con l’accurata sezione permanente: tre piani di installazioni che illustrano con dovizia di particolari l’ascesa del nazismo come fenomeno che raccolse ed estremizzò istanze che circolavano già in una società permeata (anche) da tradizionalismo, militarismo e antisemitismo.
Un movimento – quello guidato da Adolf Hitler -, che nacque proprio a Monaco, città che successivamente elesse a propria simbolica «capitale», teatro del fallito colpo di stato del 1923, che costò all’uomo che sarebbe diventato il Führer una pena piuttosto mite. Segno inequivocabile dell’atteggiamento benevolo dell’establishment politico e giudiziario in Baviera.
LA MOSTRA TEMPORANEA – che ha l’unico «difetto» di avere didascalie e apparato testuale solo in tedesco – si articola in due parti: la prima dedicata alla cronologia della presenza politica organizzata dell’estrema destra dal dopoguerra a oggi, la seconda tematica. Ed è in quest’ultima, che presenta l’ideologia della galassia neo-fascista, dove troviamo la riproduzione del tweet anti-gender del partito che governa la Baviera – e, in coalizione, anche il resto della Repubblica federale. Sessismo, antifemminismo e omofobia formano infatti, raggruppati insieme, una delle dieci componenti fondamentali della Weltanschauung della destra radicale.
UNA «VISIONE DEL MONDO» che, scrivono i curatori, «basa le proprie rappresentazioni su una posizione anti-illuminista e su un sistema di norme che serve alla giustificazione delle proprie azioni». Che sono state non solo genericamente violente, ma talvolta proprio omicide, come ha tragicamente mostrato, negli anni più recenti, la vicenda inquietante dell’organizzazione terroristica Nsu (Nationalsozialistischer Untergrund), responsabile della morte di dieci persone.
Attraversando pannelli di testi e immagini, riproduzioni di manifesti, volantini, ma anche di pagine di siti internet e social network, tutti riconducibili a Monaco e alla Baviera, si è confrontati con le sfaccettature del «sistema di pensiero» che la sconfitta del nazismo nella seconda guerra mondiale non ha fatto certo scomparire.
Ingredienti che possono essere cucinati anche con salse all’apparenza più digeribili, ma che sempre tradiscono la loro chiara matrice. Il nazionalismo, innanzitutto, che può facilmente stingere in un superficialmente più innocuo «amor di patria (Vaterlandsliebe)» da esibire pubblicamente ai mondiali di calcio o nei forum economici in cui si vagheggia il ritorno al caro, vecchio marco. E poi l’ostilità verso la democrazia rappresentativa e il «politicamente corretto» che porterebbe a una limitazione della libertà di espressione, il revisionismo storico, l’antisemitismo.
Quest’ultimo si accompagna spesso a teorie complottistiche secondo il paradigma dei Protocolli dei savi di Sion: è poco noto che, quasi ad imitare la propaganda della destra razzista degli Usa contro il «non-americano» Barack Obama, negli ambienti della Afd molti credono che la cancelliera Merkel «amica degli immigrati» non sia tedesca, ma una polacca ebrea, come indicherebbe l’origine del suo cognome da nubile, Kasner.
COMPLETANO IL QUADRO ideologico razzismo, xenofobia, islamofobia, odio verso sinti e rom, e – spesso sottovalutato – il darvinismo sociale, riportato in auge dal libro La Germania si autodistrugge dell’ex politico (socialdemocratico!) Thilo Sarrazin. Pubblicato nel 2010, questo poderoso volume dai toni apocalittici contiene perle come quella riportata dai curatori della mostra: «Tutti i clan hanno una lunga tradizione di endogamia e dunque conseguentemente molti handicappati. È noto che la percentuale di handicappati fra i migranti turchi e curdi è notevolmente superiore alla media». Con un milione e mezzo di copie, in Germania è il secondo saggio a contenuto «politico» più venduto del nuovo secolo.
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ANNIVERSARI.
In Germania scatta il centesimo anno dalla fine delle monarchie
Il 2018 significa, in Germania, centesimo anniversario della fine delle monarchie. La sconfitta bellica portò alla tumultuosa proclamazione della Repubblica da parte del socialdemocratico Scheidemann dal balcone del Reichstag di Berlino il 9 novembre, con il Kaiser e Re di Prussia Guglielmo II in Belgio. Un atto che seguiva o precedeva di poco la deposizione dei regnanti sugli altri territori che componevano il Reich, come la Baviera della casata Wittelsbach.
Sono previsti, per l’occasione, libri, mostre, rassegne. I segnali che indicano che nei mesi a venire la riflessione sul passato nazionale occuperà molto spazio nel dibattito pubblico ci sono già. Lo storico Norbert Frei sulla Sueddeutsche Zeitung ha messo in luce il rischio che la ricerca di attenzione pubblica porti alcuni autori a rimettere in circolazione tesi «vittimiste» circa la fine del primo conflitto mondiale. Il settimanale Die Zeit ha dedicato all’anniversario della «Rivoluzione in Germania» la copertina del primo numero del nuovo anno, all’interno del quale Susan Neiman, filosofa americana stabilitasi a Berlino, viene intervistata sul rapporto fra la società tedesca e il principio di autorità.
Come una sorta di anticipazione del centenario, a Monaco si è appena chiusa una mostra dedicata a Kurt Eisner, primo presidente della Baviera repubblicana. Quindi, anche della Baviera attuale, che si considera in continuità con lo «Stato libero (Freistaat)» proclamato cento anni fa. Da sottolineare come la figura di Eisner, ebreo, socialdemocratico pacifista e filo-soviet, poco si confaccia al ruolo di «padre della patria» dell’attuale Land ultra-conservatore.
L’esposizione dedicatagli nel Museo civico del capoluogo (governato dalla Spd) ha fatto uscire la figura di Eisner dall’ombra in cui l’auto-rappresentazione della Baviera «ufficiale» lo ha relegato sino ad ora. Le celebrazioni che si terranno il prossimo novembre diranno se e quanto il partito-stato Csu sarà disposto a tributargli i dovuti onori.