Il Fatto 31.1.18
Toni Negri vota Gentiloni: è tutta colpa di D’Annunzio
di Marco Palombi
Il
professor Toni Negri ha sempre avuto, fra le altre, una passionaccia
per la frase apodittica, il colpo a effetto, meglio se destinato, per
così dire, a épater le bourgeois. In Francia, dove insegna, fece
scalpore nel 2005 la sua pronuncia a favore della Costituzione europea
poi bocciata dagli elettori. Ora, promuovendo la seconda parte della sua
autobiografia (Storia di un comunista), intervistato – absit iniuria
verbis – da Vanity Fair, butta la palla ancora più avanti: “Mi auspico
che Bruxelles prenda le redini dell’Italia dopo il 4 marzo. Non lo
desidero, per me la burocrazia europea è il grande nemico. Però è meglio
avere qualcosa che il nulla più completo. Angela Merkel, fatti
avanti…”. Non voterebbe, ovviamente, il compagno Negri: “Mi fa schifo
votare questo sistema di partiti. Spero che un Gentiloni o un Padoan di
turno prendano in mano il governo. Altrimenti salta anche l’euro
italiano”. Tanta passione per la stabilità, e in particolare quella
della moneta, commuove in un uomo che, calandosi il passamontagna,
sosteneva di “sentire il calore della comunità operaia”. D’altra parte,
va detto, i nemici ideologici di Negri sono da tempo “la proprietà e il
confine”, nel senso dello Stato nazione: posizione legittima, per
carità, anche se c’è il rischio, diciamo così, che preparando – ormai
sempre più a chiacchiere – la rivoluzione mondiale, si finisca per fare
intanto da stampella al governo mondiale. Ogni eroe, d’altronde, ha
bisogno d’un antagonista per (r)esistere come personaggio, soprattutto
se, dannunzianamente, confonde la vita con l’arte.