Il Fatto 15.1.18
Intervista a Vannino Chiti
“Gentiloni ha sbagliato, Boschi andava allontanata”
“Il 40% alle Europee valeva comunque meno voti di quelli presi da Veltroni nel 2008, ma nessuno ha osato muovere appunti”
di Luca De Carolis
“Dopo
16 anni in Parlamento era giusto lasciare. Ma la decisione finale l’ho
presa dopo quanto avvenuto sulla legge elettorale, piovuta in Senato con
un voto di fiducia: per me è stata l’ultima goccia”. In una mattinata
romana il senatore Vannino Chiti ragiona di passato prossimo e di
futuro. Cresciuto nel Pci, presidente della Regione Toscana, ministro
con Romano Prodi e sottosegretario a Palazzo Chigi con Giuliano Amato,
non si ricandiderà. Cercherà di aiutare da fuori quel Pd che ancora
difende: “L’idea era buona, però non le abbiamo dato le gambe giuste”.
Contrario alle riforme renziane, ha comunque sostenuto il Sì nel
referendum perché “ci furono correttivi concordati con la minoranza
epacta sunt servanda”, e ha disapprovato la scissione di Mpd. Di questo e
molto altro scrive nel libro La democrazia nel futuro(Guerini e
associati).
Lei parte dalla crisi della sinistra in tutto l’Occidente. Ma perché questo tracollo?
La
sinistra è stata subalterna rispetto alla globalizzazione. Non aveva
gli strumenti per governarla, perché non ha saputo affrontarla in ottica
internazionale, l’unico modo con cui si poteva gestire. Ogni partito
europeo è rimasto chiuso nei confini nazionali.
Perché la globalizzazione ha prevalso così facilmente?
Perché
si veniva anche dalla sconfitta dell’Urss e del socialismo reale. Non
palpitavo per quel sistema, ma per quel crollo hanno pagato tutte le
forze socialiste: l’alternativa al capitalismo aveva fallito.
Negli Anni 90 a sinistra furoreggiava la “terza via”.
Doveva
essere un modo di sinistra per orientare la globalizzazione. L’idea era
che il pubblico lasciasse spazio anche al privato, per esempio nel
welfare, e che fosse necessario attenuare le regole nell’ambito del
lavoro. Ma non ha funzionato.
Uno degli apostoli della terza via era Tony Blair.
Veniva
in vacanza ogni estate in Toscana, quando governavo la Regione. Una
volta mi disse che voleva portare la Gran Bretagna nell’euro.
Blair disse di avere un erede italiano, Matteo Renzi. Lei l’ex premier quando l’ha conosciuto?
Quando
ero presidente regionale. Fu a un dibattito pubblico a Pontassieve
(Firenze), dove presentavo un libro. Non ricordo cosa disse, quindi non
rimasi molto colpito. Poi nel 2001 ci sentimmo molto per le Politiche.
Da coordinatore della Margherita, lui appoggiò la mia candidatura nel
collegio uninominale di Firenze. A coordinare il mio comitato elettorale
era Dario Nardella. E il mio avversario era Denis Verdini.
Quanto è stretto il legame tra Verdini e Renzi?
Hanno relazioni pre-politiche. Il senatore aveva rapporti con il padre e la sua famiglia.
Poi sono arrivati i rapporti politici…
Verdini è stato il ponte tra Renzi e Berlusconi: è un pragmatico.
Fu pragmatico anche quando a Firenze candidò contro Renzi l’ex portiere di calcio Giovanni Galli?
Senza dubbio.
Lei come si trovava con l’ex premier?
Con
me è sempre stato corretto. Nel 2009 mi chiese di fare il sindaco di
Firenze, perché voleva rimanere presidente della Provincia. Ma ho avuto
forti dissensi politici con lui, a cominciare dall’uso del termine
rottamazione.
Lei racconta di vari incontri in cui discutevate di
legge elettorale e riforme. Renzi le rispondeva sempre che bisognava
fare in fretta.
La velocità e lo svecchiamento servono. Ma il come? E la condivisione?
Renzi affonda sulla riforma costituzionale.
L’errore
primario è stato non dividerla in più leggi costituzionali. E poi il
Senato avrebbe dovuto diventare un vero Bundesrat sul modello tedesco,
espressione delle Regioni. Oppure restare elettivo.
Lui non capiva?
Renzi
riconosceva i difetti della riforma. Ma l’unica cosa che gli premeva
era il taglio dei costi. Lo ripeteva sempre. Voleva inseguire i grillini
sul loro terreno: errore grave.
Lei scrive di “accecamento” nel Pd dopo il 40,8 nelle Europee.
Erano
meno voti di quelli presi da Walter Veltroni nelle Politiche del 2008,
ma nessuno lo notò. E nel Pd per lungo tempo nessuno ha osato muovere
appunti al segretario. Io gli riconosco doti, come il coraggio e la
capacità di lavoro. Ma gli ho sempre detto ciò che ritenevo giusto.
Lei scrive: “Non ci possono dire che il patto del Nazareno è saltato per l’elezione di Mattarella al Quirinale”.
Le intese vanno fatte in modo trasparente, altrimenti restano dubbi. Non so cosa prevedesse, e perché venne meno,
Lei definisce il giglio magico “inadeguato”.
Renzi si è circondato di persone inesperte e incompetenti.
E Boschi sul caso banche?
Occuparsi del proprio territorio non mi pare un problema, e certi attacchi nei suoi confronti sono stati vergognosi.
Ma?
Io
rimprovero a lei e a tutto il Pd errori politici. E il primo è stata la
mozione del Pd su Bankitalia (quella contro il governatore Visco, ndr),
autogol clamoroso. Boschi conosceva quel testo? Gentiloni non è stato
coinvolto. Al posto del premier avrei fatto in modo che lei salutasse.
Il secondo errore?
La commissione sulle banche. Andava fatta nella prossima legislatura, con una chiara conclusione temporale.
Ora come si riparte? Il Pd se la vedrà anche con LeU.
Io
ero contrario alla scissione, le fratture non hanno mai giovato alla
sinistra. Ma stimo Pietro Grasso, e penso che vada ricostruito un
centrosinistra plurale, al più presto.
Il Pd rischia di scomparire in caso di sconfitta?
Potrebbe accadere in caso di alleanza con Forza Italia. In quel caso verrebbe meno la speranza di ricostruirlo.
Chiti, ora cosa farà?
Politica, perché è la mia vita. Lavorerò per la riunificazione della sinistra. Ma devo ancora capire come.