Repubblica 1.12.17
Federico Soda, Oim
“È dura sgombrare quelle prigioni In gioco ci sono troppi soldi”
di Vladimiro Polchi
ROMA
«Attorno ai campi di detenzione libici girano troppi soldi, sono
un’attività economica importante, svuotarli non sarà facile». Federico
Soda, italocanadese, direttore dell’ufficio di coordinamento per il
Mediterraneo dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni),
invita alla cautela: «Molti migranti oltretutto si trovano in un limbo,
non hanno diritto all’asilo e non possono tornare a casa, per loro non
resta che la pericolosa rotta del Mediterraneo centrale».
Come valuta il piano di evacuazione dei campi libici?
«Le condizioni di vita dei campi sono orribili. L’Onu e le altre organizzazioni internazionali da tempo ne chiedono la chiusura.
Noi siamo pronti a rafforzare i nostri interventi sul territorio».
Cosa fa oggi l’Oim in Libia?
«Abbiamo
160 uomini che si occupano di assistenza umanitaria nei campi di
detenzione ufficiali, spesso provvedendo pure al cibo. Non solo. Siamo
impegnati a organizzare i rimpatri volontari: già ne abbiamo effettuati
13mila, di cui quasi un terzo di nigeriani.
Ma dobbiamo avere accesso a tutti i campi presenti e oggi questo non accade».
Cosa cambierà col piano di evacuazione?
«Dovranno
aumentare i rimpatri volontari di chi non ha diritto all’asilo, mentre
dovranno essere stabilite nuove procedure in luoghi sicuri per
verificare chi ha diritto alla protezione internazionale».
È un piano realizzabile sul territorio libico?
«Indubbiamente
difficile. Ricordo che la Libia non ha formalmente alcun dovere nei
confronti dei rifugiati, perché non ha mai firmato la Convenzione di
Ginevra del 1951. Inoltre l’instabilità del governo locale rende
problematica ogni operazione».
I governi Ue cosa dovrebbero fare?
«Devono
innanzitutto aumentare le quote per il resettlement, ossia per il
trasferimento di rifugiati dalla Libia in modo sicuro, senza rischiare
la vita in mare e ingrossare il business dei trafficanti di esseri
umani.
Purtroppo oggi le quote sono bassissime. L’Europa invece
sta mettendo il carro davanti ai buoi: prima prevede di avviare uno
screening di chi ha diritto all’asilo e poi si preoccuperà, speriamo, di
creare canali di ingresso legali per queste persone».