Repubblica 9.11.17
Case, asili, verde: così de Blasio ha fatto il bis
Lo
hanno votato due terzi dei newyorchesi (poco meno della “valanga” che
lo aveva scelto nel 2103) e diventa il primo democratico dopo tre
decenni - l’ultimo era stato Ed Koch negli anni Ottanta - a conquistare
un secondo mandato come sindaco della Grande Mela. «È una buona serata
per i progressisti». Bill de Blasio ringrazia i suoi sostenitori
festeggiando a Brooklyn (dove ha casa), il borough di New York City che
(insieme al Bronx) veglia su un sindaco mai troppo amato e in qualche
area di Manhattan (quelle della finanza e l’East Side dei milionari)
piuttosto detestato.
Alle urne sono andati in un milione, circa un
quarto degli aventi diritto, ma anche quattro anni fa l’affluenza fu
bassa e del resto per le elezioni del sindaco i newyorkers ultimamente
non si scaldano più di tanto. Sono lontanissimi i tempi in cui votava
tutta la metropoli (nel 1953 affluenza al 93 per cento), sono lontani
anche quelli dello ‘sceriffo’ Rudolph Giuliani (1993, 57 per cento) e
anche per Michael Bloomberg, il più amato
mayor dai tempi di Fiorello La Guardia, si scomodava solo un terzo della città.
Bill
de Blasio stenta ad avere un’immagine di sindaco “popolare” ma i numeri
(oltre il 66 per cento dei suffragi) dicono che New York è con lui. In
questi quattro anni di governo ha avuto successi e rovesci, ha goduto di
buona e (soprattutto) cattiva stampa, ma diverse promesse le ha
mantenute: ha aggiunto 100mila unità abitative al suo piano edilizio, ha
dato l’accesso al pre-asilo ai bambini di tre anni, sta forzando i
proprietari di casa (e dei grandi edifici) a ricostruire e a
modernizzare per rendere i building più ecologici, ha proposto di
aumentare le tasse dei ricchi (e a New York c’è una grande
concentrazione) per pagare le riparazioni di una metropolitana
efficiente ma disastrata. In altri campi non ha avuto successo: i
senzatetto sono in aumento, gli aiuti finanziari agli studenti poveri
non sono migliorati di molto, le carceri di New York continuano ad
essere degli inferni.
La sua ambizione è la Casa Bianca, la sua
agenda liberal sulla carta potrebbe essere vincente nell’America di e
contro Trump. I suoi scontri con il governatore Andrew Cuomo (anche lui
vorrebbe candidarsi alla presidenza nel 2020) e con i “moderati” del
partito non sembrano aiutarlo. Lui resta sicuro di sé: «Oggi è l’inizio
di una nuova era per la leadership democratica progressista».