Repubblica 3.11.17
L’intervista.
Ex socialista, guida la France Insoumise e sembra l’unico oppositore forte a Macron
Mélenchon il tribuno “Tagliano i servizi e i ricchi non pagano Serve una lotta di classe”
“Gli italiani devono esprimere una alternativa netta alla Ue. Se non lo fanno, saranno appesi al guinzaglio del Pd
“La società francese resterà sempre contraria alle zuppe neoliberiste. L’idea socialista è come la poesia: immortale”
di Anais Ginori
PARIGI.
«La Francia è un vulcano pronto a esplodere». Jean-Luc Mélenchon è un
attore consumato. Come lui, pochi altri nella politica francese. Lo
incontriamo nei nuovi uffici del gruppo parlamentare della France
Insoumise. Con il suo chavismo alla francese, un populismo di sinistra
solo più raffinato, l’ex socialista ha conquistato 17 seggi
all’Assemblée Nationale e 10 milioni di voti al primo turno delle
presidenziali. Il migliore nei dibattiti tv fra i candidati all’Eliseo.
Unico oppositore nel disastrato panorama politico, in cui domina
incontrastato una sorta di partito unico di Emmanuel Macron. A destra e a
sinistra solo macerie. Il Front National balbetta. «È allo sbando,
forse l’unica buona notizia di questo periodo». Di negativo per
Mélenchon c’è che non si vedono segnali di risveglio del «vulcano
francese ». L’opposizione parlamentare non ha margini di azione in un
regime presidenziale, non sono previste altre elezioni fino alle Europee
del 2019 e la piazza non si solleva contro il cosiddetto «Presidente
dei ricchi». L’autunno caldo è piuttosto tiepido. “Méluche” aveva
promesso milioni di manifestanti sui Campi Elisi.
Dove sono finiti?
«È
vero, non si è prodotta la valanga sociale nonostante monsieur Macron
abbia fatto di tutto: ha moltiplicato le provocazioni e le leggi di
regressione sociale».
Ha riconosciuto che il giovane presidente «ha segnato dei punti». Si è già rassegnato?
«Ho
66 anni, faccio politica da 50. Monsieur Macron non riuscirà certo a
farmi cadere in depressione. Ma bisogna ammettere che lavora bene per
compattare la destra del paese».
Forse la ragione è che i francesi hanno accettato le riforme?
«Non
credo. La società francese resterà sempre contraria alle zuppe
neoliberiste che ci propinano. Ma è vero che questo tipo di politica è
avvolta in un contesto culturale, psicologico, mettendo in competizione
gli uni con gli altri, facendo credere che se non si riesce la colpa è
di se stessi».
Vuole continuare a fare solo l’oppositore numero uno o ha anche qualche proposta?
«I
giornalisti si concentrano sulla forma, raccontano aneddoti, senza
badare ai contenuti. Abbiamo presentato una contro-Finanziaria, ci sono
proposte sulle aliquote fiscali, su una tassa universale. Perché questo
disprezzo da parte della stampa?».
Lei è il primo a prediligere la forma, con uno stile plateale.
«Continuiamo
a fare proposte all’Assemblée Nationale, siamo nelle strade e in ogni
teatro di lotta. Che cosa dovremmo fare di più? La Francia è una
democrazia e noi siamo repubblicani. Non possiamo prendere le armi.
Rappresentiamo il campo dell’ecologia, dei poveri e dei lavoratori. In
passato, abbiamo avuto molte sconfitte».
È in corso una nuova lotta di classe?
«Non
direi nuova. Ha il pregio di essere diventata limpida e rivendicata.
Per colmare le tasse che i ricchi non pagheranno il governo taglia i
fondi per i servizi pubblici. Più classista di così...».
Che significa essere di sinistra oggi?
«Se è quel che resta del partito socialista e dei Verdi non fa per me. Non vogliamo rinchiuderci nelle etichette».
E’ stato a lungo socialista, rinnega la sua militanza?
«L’idea
socialista è come la poesia: immortale. Ma che cosa resta di socialista
nel partito di Hollande? Niente. È per questo che me ne sono andato
dieci anni fa. Noi stiamo reinventando la politica. Il nostro movimento
non è un partito. La nuova contrapposizione non è più tra destra e
sinistra ma tra oligarchia e popolo».
La leadership di Macron ha rimesso la Francia al centro dell’Europa?
«È
un trompe l’oeil, un’illusione ottica. Nel discorso alla Sorbona Macron
non ha proposto niente di nuovo. E non ha parlato del debito. Bisogna
dire la verità ai cittadini. Il debito pubblico non si potrà mai
rimborsare. Facciamo una conferenza per stabilire una moratoria come nel
1953 per il debito della Germania».
La sinistra radicale è in difficoltà in gran parte d’Europa, mentre l’estrema destra aumenta ovunque. Perché?
«È
vero, siamo ridotti ai minimi in tanti paesi. In Germania, Die Linke è
al 9%. In Grecia, Tsipras ci ha tradito firmando l’accordo europeo. In
Italia siamo stati praticamente distrutti perché Beppe Grillo ha
occupato la scena tribunizia».
Si considera un modello di successo?
«Al
momento siamo i più forti e creativi nella nostra famiglia politica.
Possiamo essere d’ispirazione per altri. Cercherò di costruire delle
liste transnazionali alle prossime elezioni europee».
In Italia,
gli elettori di sinistra dovranno scegliere se dare un voto al Pd di
Matteo Renzi o scegliere una delle formazioni alternative rischiando di
far vincere la destra… «È un ritornello che conosco bene. Se si entra
nella logica del voto utile si è condannati alla morte politica».
E quindi si rinuncia anche a prendere il potere?
«La
vittoria di monsieur Renzi sarebbe una conquista del potere da parte
del popolo? Cosa cambierebbe rispetto alla destra? È sempre la stessa
minestra».
È in contatto con Mdp, Si e le altre formazioni di sinistra? Pensa di venire in Italia?
«Se
posso dare una mano, volentieri. Ci sono contatti. Gli amici italiani
devono esprimere un’alternativa netta all’Ue e alla road map della
Commissione. Se non lo faranno, continueranno a girare a vuoto appesi al
guinzaglio del partito democratico».