Repubblica 27.11.17
Renzi: gli 80 euro anche a chi ha figli Ma per le famiglie già 11 norme diverse
Roberto Petrini,
La
proposta del segretario Pd potrebbe costare fino a 6-7 miliardi in più.
Gli esperti chiedono invece di razionalizzare le troppe agevolazioni
ROMA
«Gli 80 euro vanno estesi anche alle famiglie con figli. Se non si
fanno più figli, un paese non ha un futuro » . La bomba di Matteo Renzi
parte dalla Leopolda e cade sul dibattito politico con un segnale
chiaro: attenzione alla famiglia. Il primo effetto è l’accordo in
commissione Bilancio del Senato, dove si discute il rifinanziamento del
bonus bebè per 185 milioni dal prossimo anno fortemente voluto dai
centristi di Ap e appoggiato anche da buona parte del Pd. Ma l’annuncio
di Renzi guarda a una riforma del sistema di aiuti per i figli che oggi
comprende ben 11 misure, spesso sovrapposte e contraddittorie, che
costano 16 miliardi. E’ difficile fare calcoli precisi di fronte alle
dichiarazioni assai generiche di Renzi. «Non sarà per i figli di
Marchionne e di Elkann», aveva detto qualche giorno fa il segretario Pd
in una intervista all’”Avvenire”. Oggi, comunque, i beneficiari degli 80
euro sono 11,6 milioni, solo lavoratori dipendenti con un reddito
inferiore ai 26 mila euro, e la misura costa 10 miliardi l’anno. Se si
ipotizza che il bonus venga allargato a chi ha un reddito dai 26 mila ai
30 mila euro con in famiglia almeno un minore di 18 anni, la misura
dovrebbe allargarsi a 6-7 milioni di persone, compresi lavoratori non
dipendenti. E così il nuovo bonus figli da 80 euro costerebbe 6-7
miliardi.
Una bella cifra che potrebbe essere trovata solo con una
riforma sostanziale di tutto il sistema degli aiuti alla famiglia per i
figli. E qui entra in ballo il disegno di legge depositato al Senato
dal Pd Stefano Lepri sul cosiddetto “ assegno universale unico”, che
potrebbe essere al centro del dibattito nella prossima legislatura.
Le
vecchie prestazioni, dalle detrazioni agli assegni familiari, ai bonus
verrebbero azzerate, con un risparmio sufficiente a finanziare il nuovo
bonus ed allargarlo anche ad autonomi, incapienti e disoccupati. Il
progetto prevede di azzerare tutto, e introdurre un unico assegno per i
figli, valevole per tutti e non solo per i dipendenti: sarebbe percepito
pienamente fino a 50 mila euro di reddito familiare Isee per calare poi
fino a 70 mila, e potrebbe essere goduto fino a 26 anni. Del resto
anche in Francia, Germania e paesi Scandinavi gli assegni sono
universali e arrivano a 16- 20 anni. Sarebbe un atto radicale. Perché
oggi in Italia è il caos. « Frammentazione, inefficacia, iniquità » , ha
osservato la sociologa Chiara Saraceno, in una recente audizione
parlamentare sul progetto di riforma. Oggi infatti si parte con una
detrazione fiscale Irpef per i figli a carico di 950 euro. E’ una
partita che si gioca tutta con il fisco: può sembrare tanto, ma chi non
ha un reddito sufficiente per applicare le detrazioni, i cosiddetti “
incapienti”, resta a bocca asciutta. Si passa allora allo strumento
successivo: il vecchio assegno familiare che ha una base di 137,50 euro
per redditi sotto i 14 mila euro, aumenta per il numero dei figli e
decresce con il reddito. In questo caso però bisogna essere lavoratori
dipendenti. Autonomi, partite Iva, disoccupati sono fuori dal sussidio
Inps. Ancora, l’assegno che scatta dopo il terzo figlio: il parametro
del reddito è l’Isee e lo eroga il Comune. Negli ultimi anni si sono
aggiunti i cosiddetti bonus. Ce ne sono almeno tre: il premio alla
nascita che arriva al settimo mese di gravidanza e vale 800 euro, il
bonus nido che vale 1.000 euro all’anno, per tre anni, e serve per
finanziare le spese per l’asilo. In questo caso le misure spettano a
tutti, ricchi e poveri. Infine il bonus bebè, in via di rifinanziamento:
80 euro al mese per ogni figlio, per tre anni, a chi ha reddito Isee
sotto i 25 mila. Semplificare pare una strada obbligata.