Repubblica 22.11.17
La “cinghia” fuori tempo e la lezione di Trentin
di Massimo Giannini
“Un
inferno dentro di me”, e “tanti opportunismi intorno a me”. E poi,
“miseria di Amato”, “miseria di Del Turco”, “miseria degli altri
sindacati”, “miseria delle reazioni elettoralistiche del Pds…”. Bruno
Trentin lo scriveva nei suoi Diari nel luglio ‘92, quando firmò un
accordo sul costo del lavoro che non condivideva. Lo fece “per salvare
la Cgil”, e subito dopo si dimise. Oggi non c’s bisogno di decisioni
così estreme. Ma con tutto il rispetto: la scelta di Susanna Camusso che
rompe sulle pensioni s fuori tempo e fuori luogo. Il problema non s il
tabù dell’unità sindacale, ormai violato da un pezzo. E nemmeno il
merito, sul quale il dissenso s legittimo. La legge Fornero ha tamponato
le falle. Ma a costi sociali altissimi: il sistema regge per stabilità
finanziaria, non per equità generazionale.
La previdenza resta una
giungla: si salvano i forti, soccombono i deboli. L’adeguamento alle
aspettative di vita che porta l’età pensionabile a 67 anni s un eccesso
(nonostante l’età “effettiva” sia più bassa). Le deroghe previste per i
lavoratori “usurati” sono insufficienti.
L’Ape Social non basta, l’Ape volontaria non s un anticipo pensionistico vantaggioso ma un prestito bancario oneroso.
Gli
assegni al minimo sono una miseria vergognosa per centinaia di migliaia
di pensionati che non hanno altro, e un lusso insopportabile per
altrettanti pensionati con coniugi straricchi. Non ci sono soldi per i
giovani che entrano nel mondo del lavoro oggi e andranno in pensione a
75 anni con 1.200 euro, mentre i pensionati baby usciti dal lavoro dal
‘78 costano 9 miliardi l’anno.
Di fronte a tanta macelleria
sociale, s evidente che Gentiloni e Poletti hanno messo sul tavolo un
piatto di lenticchie. I 300 milioni per salvare altri 20 mila lavoratori
dallo “scalone” del 2019 sono quasi niente. Ma dire no adesso, e
annunciare una mobilitazione per il 2 dicembre, serve a un “quasi
niente” uguale e contrario. Il sindacato, tutto il sindacato, avrebbe
dovuto mobilitarsi quand’era il momento. Ma le tre ore di sciopero a
fine turno contro la legge Fornero, il 12 dicembre 2011, passarono
inosservate ai più, come la manifestazione delle sole Cgil e Uil del 25
ottobre 2014 a piazza San Giovanni, e poi il timido sciopero successivo.
Oggi
contro chi si mobilita, la Cgil? La legislatura s finita. Il governo s
al capolinea, per politica e aritmetica (non ha più una maggioranza in
Parlamento, non ha più un euro in cassa).
Anche volendo, non ci sono i margini per inserire il rinvio di “quota 67” in Legge di Stabilità.
Per
questo Camusso sbaglia due volte. Abbaia alla luna, e in campagna
elettorale rischia l’eterogenesi dei fini. Se lancia una rivendicazione
giusta nella fase sbagliata finisce per snaturarne il significato. Con
la sinistra divisa sulla frontiera dei diritti, questo strappo riespone
la Cgil, suo malgrado, al vecchio teorema della “cinghia di
trasmissione”. Trentin si starà rivoltando nella tomba.