Repubblica 1.11.17
Il grido di Francesco per svegliare l’Europa dal letargo
di Eugenio Scalfari
PARLARE
di un contributo cristiano al futuro del continente significa anzitutto
interrogarsi sul nostro compito come cristiani oggi, in queste terre
così riccamente plasmate nel corso dei secoli dalla fede». Così è
cominciato il discorso di papa Francesco pronunciato nel pomeriggio di
sabato scorso e pubblicato ieri mattina dall’Osservatore romano.
Nell’aula nuova del Sinodo era stato preparato dalla Cancelleria di
Stato un convegno con un pubblico molto affollato e rappresentativo di
numerose personalità europee e intitolato ( Re) Thinking Europe.
Un
discorso fatto, come osserva il giornale vaticano, di molti mattoni: il
Papa ha affrontato i temi che hanno rallentato e stanno distruggendo la
stessa idea di Stato federato e tutte le soluzioni e le speranze di
farlo rivivere. Il titolo che abbiamo già citato (Ripensare l’Europa)
indica quanto sia impegnativo il discorso di Francesco. Il Papa è
cattolico e cristiano, ma quando affronta argomenti come questi il suo
sguardo comprende tutti, di tutte le religioni e di ciascuno di noi.
NON
parla di un’Europa cristiana, sebbene fu quella religione a ricostruire
il nostro continente alcuni decenni dopo la caduta dell’Impero romano.
Francesco pensa ad un’Europa unita, una «Comunità» — così la chiama —
alla quale partecipano insieme a tutti, religiosi e laici. E i temi da
affrontare e gli obiettivi da realizzare sono esaminati da Francesco con
molta attenzione.
Il primo è la differenza tra l’individuo e la
persona. Sembrerebbero due sinottici, invece sono due diverse figure:
l’individuo è dominato da un Io che accentra tutta la realtà e cerca di
guidarla a suo vantaggio egoistico; la persona invece è consapevole dei
problemi che affliggono la società in cui vive e desidera affrontarli
realizzando così il bene proprio e quello degli altri. La chiama
Comunità e ricorda che fu proprio questo il primo atto verso un’Europa
unita: la Comunità del carbone e dell’acciaio i cui primi fondatori
furono l’Italia, la Germania, la Francia, il Benelux (Belgio, Olanda e
Lussemburgo). Questi furono i fondatori della prima Comunità, cui
rapidamente se ne aggiunsero altri fino a diventare 28 ed ora 27 per il
ritiro dell’Inghilterra. Ecco dunque il primo mattone, la riscoperta del
senso dell’appartenenza ad una Comunità.
Il secondo mattone
riferito allo stato attuale dell’Europa è il seguente: la tendenza oggi
diffusa non solo in Europa, ma in tutto l’Occidente, di vivere in
libertà dando tuttavia a questo essenziale valore un’interpretazione che
lo avvilisce e lo trasforma in una tendenza negativa: la libertà di
essere sciolti da qualsiasi legame; in questo modo si è costruita una
società sradicata, priva di ogni senso di appartenenza. Così vivono e
questo pensano le classi dirigenti e i popoli d’Europa con la
conseguenza che stanno aumentando movimenti populisti e anti- europei.
Francesco
affronta qui un tema inconsueto per un Papa: l’importanza della
politica. Ed ecco che cosa dice in proposito: «Ricordate quello che era
un tempo l’agorà politica? La Piazza è la polis, non soltanto uno spazio
di scambi economici ma anche cuore nevralgico della politica, sede in
cui si elaboravano le leggi per il benessere di tutti, luogo in cui si
affacciava il tempio così che alla dimensione crescente della vita
quotidiana non mancasse mai il respiro trascendente che guida oltre
l’effimero, il passeggero, il provvisorio ».
L’effimero, secondo
Francesco, trasforma la politica da un pensiero colmo di ideali e valori
in un traffico di interessi della peggiore specie, offerta al potere.
In questo modo la politica, invece di identificarsi con l’interesse
generale, consente il dispiegarsi degli interessi particolari, il peggio
del peggio che renderà sempre più forte il sovranismo delle Nazioni,
dei singoli partiti e dei loro leader. La politica decade in strumento
di affari e interessi privati. In questa condizione l’Europa, quella
vera, non nascerà mai.
Papa Francesco proseguendo il suo discorso
raccomanda il dialogo che a suo parere è una responsabilità basilare
della politica. Se mancasse si trasformerebbe in uno scontro con le
forze contrastanti: «Alla voce che dialoga si sostituiranno le urla
delle proprie rivendicazioni. Trovano così terreno fertile le formazioni
estremiste e populiste che fanno della protesta il cuore del loro
messaggio senza tuttavia offrire l’alternativa d’un costruttivo
programma». Personalmente non so se Francesco avesse in sé l’immagine di
quello che sono in Italia i grillini, ma ascoltando le parole che
abbiamo già riferito descrive in modo perfetto il Movimento 5 Stelle e
anche quello di Salvini. In questo modo si distruggono i ponti e si
costruiscono i muri e questo richiama anche — senza che il Papa lo
sottolinei — il messaggio cristiano che dovrebbe invece — per quanto lo
riguarda — dedicarsi alla costruzione d’una società saldamente
democratica, modernizzando al tempo stesso la religione e la mentalità
laica.
La conclusione è la seguente: «Un’Unione europea che
nell’affrontare la sua natura non fosse consapevole di dover essere
un’unica Comunità che si sostiene soltanto nella difesa degli interessi
generali e non quelli di piccoli gruppi dediti solo all’interesse
proprio, perderebbe non solo delle sfide importanti della sua storia ma
anche la più grande opportunità per il suo destino».
Questo non è
stato un discorso, ma un messaggio, anche al suo clero perché si
mobiliti, ma soprattutto ai popoli, alle loro classi dirigenti e insomma
all’Europa affinché si svegli dal letargo e veda il pericolo di
protrarre la situazione di oggi e la necessità di ripensare se stessa.
Questo è il momento e non si può tardare.