lunedì 6 novembre 2017

pagina 99 3.11.2017
Cinesi di tutto il mondo, unitevi 
Soft power| 
Un opaco ufficio al centro di Pechino. E un obiettivo: rafforzare ovunque l’influenza della Repubblica popolare 


A Pechino, al 135 di via Fuyou, c’è il Dipartimento del lavoro per il fronte unito, l’ufficio che in grande segretezza lavora per l’affermazione e la diffusione del soft power della Repubblica popolare. Potrebbe essere l’arma segreta del «rinascimento della nazione» e il Financial Times gli dedica una lunga inchiesta. Da quando Xi Jinping è al potere, il personale e le funzioni del Dipartimento in questione sono state rafforzate. Secondo quanto scritto in un manuale a uso interno per l’educazione dei quadri ottenuto in esclusiva dal quotidiano britannico, i suoi nove uffici sono dedicati agli aspetti che la leadership ritiene più importanti nell’ascesa della Cina a potenza globale. Sopratutto, il manuale esorta i quadri a «unire tutte le forze che possono essere unite» in tutto il mondo senza dimenticare la costruzione incessante di una «grande muraglia di ferro» che protegga la Cina «dalle forze nemiche esterne» che attentano a dividere il suo territorio o a indebolirne lo sviluppo. Grazie alla definizione delle aree di azione dei suoi nove uffici possiamo intuire la metodologia che ha messo in campo la seconda economia mondiale. Il primo si concentra sugli otto partiti «non comunisti» che occupano (pro forma) la compagine politica cinese e ne seleziona i candidati che accedono al Congresso. Il secondo sulle 55 minoranze etniche per evitarne derive indipendentiste. Il terzo lavora su Hong Kong, Macao, Taiwan e i 60 milioni di cinesi che vivono all’estero, per coltivare la loro fedeltà al Partito. Il quarto è forse il più opaco. Definisce il budget interno e la gestione del personale del Dipartimento. Il quinto agisce sulle politiche di riduzione della povertà e sulla «vecchia base rivoluzionaria», intesa come classe operaia. Il sesto deve assicurarsi l’appoggio degli intellettuali che non aderiscono al Partito. Il settimo del Tibet e dell’individuazione del nuovo Dalai Lama tra i Buddha riconosciuti da Pechino. L’ottavo di una sempre più influente classe media e il nono, aperto da Xi Jinping, dello Xinjiang, la regione occidentale a maggioranza musulmana con forti velleità separatiste. Ma soprattutto l’accento è posto sui cosiddetti cinesi d’oltremare, perché «l’unità in Patria richiede l’unità dei figli e delle figlie cinesi residenti all’estero». Non sarebbe infatti un caso che Australia, Nuova Zelanda e Canada denuncino una crescente attività di lobbying dagli entourage cinesi dei residenti. Staremo a vedere se nei prossimi 5 anni crescerà ulteriormente.