La Stampa TuttoLibri 4.11.17
Clima, governo, religione: le chiavi di Voltaire per fare luce sull’infame enigma del mondo
La storia universale impegnò il filosofo per 40 anni: un’implacabile analisi di tutte le “fake news” dell’umanità
di Ernesto Ferrero
Nel
1740 il quarantaquattrenne Voltaire, tonificato dai successi teatrali e
dalle abili speculazioni finanziarie che hanno fatto di lui un uomo
ricco, mette mano a una sua Sistina storiografica programmando la prima
storia universale mai tentata. Va da Carlo Magno a Luigi XIV, con vaste
scorribande nei secoli e millenni precedenti, sino ai tempi i cui i mari
dominavano la Terra, e con un occhio speciale all’Oriente, patria delle
arte e delle scienze, e di un pensiero religioso nonviolento e non
oppressivo, immune dalle superstizioni che affliggono l’Europa. Si
intitola
Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni
, ed è
dedicato a Madame de Châtelet, l’amante in carica, esperta di chimica e
fisica ma digiuna di storia. Vi lavorerà per quarant’anni con
aggiornamenti e messe a punto (ben sette edizioni), consapevole di
quanto sia difficile fare storia in assenza di documenti affidabili. Una
storia da intendere come continua investigazione per rispondere ai
problemi del presente.
La si potrebbe anche intitolare,
borgesianamente, Storia universale dell’infamia, perchè rievoca
puntigliosamente millenni di massacri insensati, fanatismi assortiti,
lotte famigliari per il potere all’insegna dell’assassinio. Ma se Borges
falsifica le biografie di uomini realmente esistiti, Voltaire va nella
direzione opposta: intraprende una gigantesca opera di disincrostazione
della storia dalle leggende che l’hanno deformata, sino a renderla una
favola buona per asservire i popoli d’ogni tempo e Paese. Perché è un
istinto belluino, più che la ragione, a guidare il genere umano. Ovunque
si adora la divinità e la si disonora. Rare sono le isole felici di
civiltà: tra queste l’Italia del Rinascimento, dei Medici e di Galileo, .
La
gran novità del Saggio è che va ben oltre le solite cronistorie di re e
di battaglie. Voltaire vuole indagare da filosofo-antropologo gli usi e
i costumi dei popoli, nessuno escluso: le mentalità, le pratiche
religiose, le arti, le culture materiali, le tecniche produttive, il
valore delle monete, i contesti geografici, anticipando di due secoli
quelle che poi saranno le ricerche della scuola parigina delle «Annales»
di Braudel, Le Goff, Duby e affini. Insomma «la vita concreta degli
uomini». Ci vogliono secoli perché un popolo esca da uno stadio più o
meno ferino ed elabori un linguaggio e un’etica capace di incarnarsi in
leggi ragionevoli. «Tre cose agiscono sullo spirito degli uomini: il
clima, il governo e la religione: sono queste le uniche chiavi per
spiegare l’enigma del mondo».
Quello che rende travolgente la
narrazione è la vivacità di una scrittura che inaugura il giornalismo
moderno (il feuilleton, secondo Isaiah Berlin) e si offre come modello a
Châteaubriand per le sue altrettanto fascinose Memorie d’oltretomba.
Non solo: Voltaire è l’implacabile analista di quelle che oggi chiamiamo
fake news. Se sono le opinioni a dominare il mondo, diventa decisivo
identificare e combattere quelle manifestamente false. Le grottesche
invenzioni che hanno a insanguinato i millenni sono tuttora vivissime e,
propalate dalle tecnologie digitali, rendono allarmante anche il nostro
futuro di «webeti» creduloni: «I maestri della menzogna fondano il
proprio potere sulla stupidità umana».
Voltaire pratica
l’equivalente di un moderno fact-checking, in cui l’Europa non è più il
centro del mondo. Della Cina apprezza l’invenzione della carta, della
scrittura, della ceramica e le accurate osservazioni astronomiche che
precedono quelle dei babilonesi di quattrocento anni. Non si fa
incantare dalla monumentalità dell’antico Egitto: «Conobbero il
grandioso, mai il bello». Le stesse piramidi sono un monumento al
dispotismo, alla schiavitù e alla superstizione. Gli Arabi non sono il
nemico per eccellenza. Al contrario, di Maometto, che si autodefiniva
poeta e letterato, apprezza il coraggio, la generosità, la sobrietà, la
tolleranza, la stessa imposizione del monoteismo, la promozione delle
arti e scienze. I veri nemici semmai sono gli Ebrei, cui non risparmia i
pregiudizi del suo tempo, anche se «noi non siamo altro se non ebrei
con il prepuzio».
In Italia il Saggio era stato tradotto
cinquant’anni fa per le cure di Marco Minerbi, diventato presto
introvabile. E’ dunque una vera e grande impresa quella adesso vede la
luce nei «Millenni Einaudi», a cura di Domenico Felice, docente di
Storia della filosofia a Bologna, con l’introduzione di Roberto Finzi e
36 incisioni acquerellate del settecentesco viaggiatore canadese Jacques
Grasset, pittore di costumi esotici, dai montanari messicani ai
circassi e ai nativi delle Molucche. Sono due tomi che sfiorano le mille
pagine, equipaggiati di tutto punto e con un prezioso indice dei nomi.
Il costo non indifferente va considerato alla stregua di un buon
investimento.