La Stampa 29.11.17
Torino di piombo
Il processo Il primo
processo alle Br si apre nel maggio del 1976 e va avanti per alcuni
anni, tra minacce, uccisioni e rinunce da parte dei giurati popolari
di Giorgio Ballario
Ora
che il terrorismo è un fenomeno internazionale, gli assassini parlano
un’altra lingua e professano una lontana religione di morte, tanto da
sembrarci quasi alieni, pare impossibile che ci sia stata un’epoca in
cui i «nemici» erano fra noi, uguali a noi. Erano figli nostri, compagni
di scuola, vicini di casa. Sparavano e uccidevano senza scrupoli in
nome di un’ideologia, colpendo bersagli in apparenza meno casuali di
quelli di oggi. Anche se, a scorrere l’elenco delle vittime del
terribile Decennio di Piombo di Torino, si scopre che nel mirino di
Brigate Rosse, Prima Linea e Nuclei Comunisti finivano spesso persone
comuni, uomini normali colpevoli solo di svolgere, agli occhi deformati
dei terroristi, compiti «da servo dei padroni». In altri casi per venir
fatti fuori era sufficiente passare nella strada sbagliata o entrare in
un bar considerato «fascista», come è successo a due studenti, Emanuele
Iurilli e Roberto Crescenzio.
Il clima cupo della nostra città nel
decennio del terrorismo è ben rievocato nel volume «Torino Anni di
Piombo - 1973-1982» di Gianni Oliva, pubblicato dalle Edizioni del
Capricorno, in vendita in edicola con La Stampa fino al 19 dicembre. Un
libro agile e sintetico, che non si propone certo di fornire nuove
analisi sul complesso fenomeno del terrorismo, ma sceglie piuttosto di
presentare una suggestiva carrellata sugli avvenimenti sanguinosi del
decennio, ricostruendo quegli anni grazie anche a uno straordinario
apparato iconografico che mette in fila immagini, volti, pagine di
giornale e documenti dell’epoca.
Un’epoca che al giorno d’oggi, a
circa quarant’anni di distanza, i più giovani non conoscono e molti di
coloro che pure «c’erano» hanno in qualche modo rimosso. Torino, città
diventata suo malgrado una della «capitali» del terrorismo, insieme a
Roma e Milano, pagò un pesante tributo di sangue: 19 morti, decine e
decine di feriti, centinaia di attentati a bassa intensità, un clima
perenne di odio e violenza che per molti anni avvelenò il clima
cittadino.
Il fenomeno nasce e si sviluppa rapidamente all’inizio
degli anni Settanta, ma è nel terribile triennio 1977-1978-1979 che
Torino viene messa in ginocchio dall’offensiva terrorista. Ed è nello
stesso periodo che la città trova inaspettate risorse per reagire: è a
Torino che si celebra il primo processo alle Brigate Rosse, malgrado le
intimidazioni che portano all’uccisione del presidente degli avvocati
subalpini Fulvio Croce. Ed è sempre a Torino che viene catturato
Patrizio Peci, uno dei capi brigatisti, il primo «pentito» che con le
sue confessioni aprirà una crepa insanabile nel muro di omertà della più
forte organizzazione terroristica del mondo occidentale. Passeranno
ancora due anni di terrore, con colpi di coda e altri inutili morti
ammazzati. Ma la fine del terrorismo «rosso» è segnata.