La Stampa 26.11.17
India, in servizio le poliziotte anti-stupro armate di kalashnikov
A Delhi, capitale mondiale degli abusi squadra d’intervento di 600 motocicliste
di Carlo Pizzati
Hanno
in dotazione un mitragliatore Ak-47, una pistola 9 mm, web-cam
integrata all’uniforme, spray al peperoncino, elmetto con microfono e
auricolare. Ed escono in pattuglia a cavallo di potenti moto da corsa
gialle.
Sono 600 le agenti della Squadra Veloce che da dicembre
combatterà le minacce che deve affrontare una donna nella capitale
dell’India: stupri, rapimenti, omicidi per tenersi la dote o per
risposarsi, attacchi con l’acido, matrimoni di spose-bambine.
Sono
ben addestrate, pronte e forti, le 600 agenti donna della polizia di
Delhi che tenteranno di demolire un primato di cui davvero vale la pena
di vergognarsi. Quest’anno, infatti, la Fondazione Thompson Reuters ha
decretato che Delhi, a triste pari merito con San Paolo del Brasile, è
la capitale mondiale dello stupro.
Da quando, cinque anni fa, una
ragazza di 23 anni morì dopo esser stata violentata da una gang a bordo
di un autobus, le cose sono cambiate in questa megalopoli di 18 milioni
di abitanti.
Sono aumentate le violenze, ma anche le denunce di
stupri e assalti contro le donne: più 67 per cento. Grazie alle
pressioni delle proteste di massa, i legislatori hanno garantito pene
più severe e processi-lampo, oltre a una helpline telefonica aperta 24
ore al giorno. Ma non basta.
Non basta nemmeno che nelle stazioni
di polizia della capitale ci sia un Reparto Donne dove presentare
denuncia in maniera più discreta. E non basta che i funzionari di
polizia vengano iscritti a corsi di sensibilizzazione al gender. Non
bastano nemmeno le pattuglie più numerose e frequenti, l’aumento di
sorveglianza e i posti di blocco.
No, perché, come denuncia
l’associazione per i diritti umani Human Rights Watch, in fondo in fondo
il sistema giuridico indiano non tutela ancora a sufficienza le
vittime, che spesso si sentono ancora umiliate nelle centrali di polizia
e negli ospedali dove vanno a curare le loro ferite.
Sono sempre
troppi i poliziotti che si rifiutano di registrare le denunce perché si
identificano con i fidanzati, i mariti, i fratelli violenti che usano
sberle, coltelli, fiamme, acido e bastoni per prevaricare, ferire,
sfigurare e uccidere.
Di recente, le donne indiane erano arrivate a
un punto di disperazione tale che alcune si erano fatte fotografare in
atteggiamenti di vita comune, ma indossando una grande testa di vacca di
cartapesta. Il messaggio era: se considerate così sacre le vacche per
l’induismo, perché non potete considerare sacre anche noi, le vostre
donne?
Adesso la Squadra Veloce delle 600 motocicliste che
viaggeranno in coppia agiranno come arma a doppio uso. Dure e taglienti
per gli aggressori, morbide e comprensive per le vittime.
Da un
lato, saranno un po’ meno pericolosi i mille vicoli oscuri di Delhi,
brulicanti di maschi repressi e lubrichi che allungano le mani e cercano
di trascinare negli angolini le ragazze sorprese da sole, mentre
rientrano a casa. Mentre furgoni della polizia non riuscivano ad
addentrarsi in quelle stradine strettissime, dove accadono sempre più
violenze, le moto gialle fiammanti delle agenti della Squadra Veloce,
che ricordano quelle dei Falchi anti-rapina nei vicoli di Napoli,
arriveranno rapidamente dappertutto, facendo un po’ di luce con i loro
fanali, facendosi rispettare a suon di Ak-47 e pistole.
Le vittime
troveranno ad ascoltarle delle donne, agenti addestrate a persuadere a
non aver paura, poliziotte in uniforme, simbolo esse stesse di una forza
al femminile che non ha timori nell’affrontare le durezze della
violenza.
Non basterà neanche questo, perché il problema è
profondo e per sradicarlo ci vorrà molto di più. La pensa così anche
Meenakshi Ganguly, direttrice per l’Asia del Sud della Human Rights
Watch: «Anche se è molto importante avere più agenti donna, metterle di
pattuglia non risolverà necessariamente il problema, che va affrontato
fin dall’inizio nelle scuole di addestramento delle reclute di polizia
per insegnare a trattare con rispetto e dignità le sopravvissute alla
violenza, e per fare sì che le inchieste vengano condotte in maniera
corretta e precisa così da arrivare a condanne basate sulla raccolta
delle prove».
No, è vero, non basta. Ma la Squadra Veloce fa
pensare che, anche in India, per le donne stia arrivando il momento di
farsi più coraggio.