La Stampa 19.11.17
Dieci anni di kindle, biblioteca tascabile
di Gianni Riotta
Il
parroco guarda severo dall’altare il fedele di mezza età che, compunto,
resta immerso con lo sguardo sul cellulare, smanettando beato durante
la messa. Poi, con un’occhiata allerta il sacrestano che rimprovera il
signore «Niente messaggi durante le funzioni!». Arrossendo il signore
gira il video del telefonino dove, via Kindle Cloud, ha scaricato il
Messale Romano del Tempo Ordinario, seguendo le Scritture della
domenica.
L’episodio, reale, conferma quanto, a dieci anni dal
lancio di Kindle, la cultura degli ebook, via tablet, computer,
smartphones, ci abbia permeato la vita. Battezzandolo, nel novembre
2007, Jeff Bezos, papà ieri di Amazon e salvatore oggi del Washington
Post, disse lapidario «Kindle è la cosa più importante che abbiamo mai
fatto». Il primo Kindle per libri elettronici non era un accesso alla
vostra biblioteca online, come quello scaricato dal fedele in chiesa, ma
un tablet di plastica pesante 300 grammi, con una rotella da vecchia
radiolina a transistor e tasti grandi come grani di pepe. Lo schermo
provava a mimare la pagina di un libro e i caratteri, come schizzati da
un inchiostro denso, apparivano pian piano, uno dopo l’altro.
Con
in borsa il peso del primo volume di Guerra e Pace potevate portarvi
dietro mezza biblioteca. Borges ed Eco avevano coltivato il culto dei
libri in catasta come mistero e saga, e adesso si poteva averne sul
comodino una tonnellata intera. Il mercato degli ebook decollò, dai 20
milioni di dollari del 2006 ai 53,5 del 2008. Una pacchia per gli autori
dilettanti, finalmente liberi di pubblicare anche dopo i No stentorei
di Adelphi e Einaudi. Da allora il goffo Kindle diventa un elegante
tablet, il Kobo ed altri gli fanno concorrenza, e Bezos porta il formato
su ogni schermo, tavolo, borsa, tasca.
Il libro elettronico è un
regalo alla cultura, ho letto in parallelo le migliaia di pagine della
biografia di Hitler di Kershaw e i primi due, monumentali, tomi della
biografia di Stalin di Kotkin (il terzo e finale è atteso a breve), se
avessi dovuto trascinarmi dietro i libri di carta ne avrei ricavato
scoliosi e slogature al polso, nonché fermi dinieghi dagli steward di
Ryanair al momento del decollo. Sul mio Kindle cloud prendo appunti,
sottolineo in giallo o azzurro, comincio un libro sul computer in
studio, lo affronto in tablet in volo, lo finisco sul cellulare in
metropolitana, anche senza campo alcuno sottoterra.
I nostalgici
avevano temuto che Kindle fosse l’ennesima bravata di Amazon, che dopo
avere distrutto le care, vecchie, librerie con il loro profumo di carta,
colla e rilegature e i commessi forbiti, avrebbe desertificato anche i
libri. Invece i nostri compagni dei giorni di scuola, cartelle o
zainetto, hanno reagito con vigore al Kindle e lo hanno lasciato
indietro. Secondo i dati del centro Pew il 65% degli americani legge
libri di carta, il 28% ebook, Kindle e no, il 4% audiolibri. Un
irriducibile 40% legge solo sfogliando pagina dopo pagina con l’indice,
un futurista 6% si attiene rigorosamente agli ebook snobbando la carta.
Dati simili in Gran Bretagna, il resto del mercato europeo seguirà. Pew
osserva che il pubblico colto dei laureati preferisce la carta, mentre
chi non ha titoli di studio si nutre di ebook e audio book.
Insomma
il libro ha tenuto e si gode il XXI secolo con piglio. Eppure il
compleanno di Kindle, nipotino di Amazon, va festeggiato. Non solo
perché ci ha messo in tasca la Biblioteca Universale, con migliaia di
classici gratuiti in tutte le lingue, permettendoci di trovare titoli
perduti da anni sdegnati dai librai golosi di best seller, ma anche
perché rinviene, nel cuore della notte, in un luogo isolato dagli
uomini, i due versi smarriti che soli sanno darci coraggio per far
passare la più oscura delle notti.