il manifesto 7.11.17
Meglio conquistare la società
Ottobre
rosso. Abbiamo bisogno di una nuova dialettica movimenti/partito. Il
mondo è molto cambiato, esistono tante istanze diverse, non si può
ridurre tutto ad uno, ma questo non si significa che il problema della
strategia ce lo si possa mettere alle spalle. Una società che non solo
protesta ma anche costruisce: c’è bisogno di forme di organizzazione
permanenti della democrazia
di Luciana Castellina
Intervento al Forum Internazionale «Ottobre, rivoluzione, futuro», Mosca 5 novembre 2017
Inizio
ponendomi una domanda: quali sono ora, a cento anni esatti dalla
rottura bolscevica, i compiti di una/un militante comunista occidentale
nella sua attività giorno per giorno?
E quale è il soggetto non
solo puramente politico ma sociale, che può svolgere un ruolo
rivoluzionario? La classe proletaria, ciò che eravamo abituati a pensare
come soggetto, non esiste più nelle forme che conoscevamo.
Quella
classe è stata sconfitta, è stata frantumata socialmente,
economicamente, culturalmente. È geograficamente dispersa, i contratti
collettivi sono sempre più sostituiti da quelli individuali. Contratti
individuali attraverso i quali il lavoratore ha l’illusione di svolgere
una attività autonoma e libera. L’individualismo ormai la fa da padrone
dovunque. Come ricomporre quel soggetto sociale è un compito dei
comunisti.
In secondo luogo credo dobbiamo riflettere sullo
sviluppo delle forze produttive che non svolgono più un ruolo
progressivo. Ve lo ricordate «il grande becchino» del capitalismo? Vi
informo che non esiste più. Noi dobbiamo ricomporlo. Ma come fare? Voi
conoscete la risposta che è stata data a questa domanda da Toni Negri e
Michael Hardt.
È quella del general intellect, dei collettivi di
lavoro che possono produrre nuovi spazi di liberazione e che
svilupperebbero gradualmente dei soggetti anticapitalisti. Io penso che i
processi di ricomposizione invece saranno molto meno spontanei, anche
di come li immaginavamo nel passato. Dobbiamo lavorare di più sul
progetto complessivo.
Diciamo spesso «siamo il 99% dell’umanità»,
ma come mai questa assoluta maggioranza non incide come dovrebbe? Ecco
questo è il nostro problema: come progettare un mondo diverso.
I
parlamenti ormai non decidono più nulla. La privatizzazione che abbiamo
conosciuto in questi anni non è stata solo la privatizzazione dei
servizi sociali o delle risorse ma anche quella del potere legislativo.
Le decisioni più importanti non vengono più prese nei parlamenti ma
sorgono da un accordi tra le grandi holding transnazionali che
controllano i mercati globali e queste decisioni incidono sulle nostre
vite molto di più di qualsiasi parlamento. Dove si trova oggi il Palazzo
d’Inverno? Esiste ancora? È veramente difficile dirlo quando le
decisioni sono prese molto lontano da noi.
Questo ci rimanda alla
questione del partito, perché noi abbiamo bisogno di un partito. Le
critiche che sono state fatte alla struttura partito da parte dei
giovani sono importanti. Anche il migliore dei partiti è portato solo ad
autolegittimarsi politicamente, ignorando le istanze dei movimenti.
Noi
abbiamo bisogno di una nuova dialettica movimenti/partito. Il mondo è
molto cambiato, esistono tante istanze diverse, non si può ridurre tutto
ad uno, ma questo non si significa che il problema della strategia ce
lo si possa mettere alle spalle.
Una società che non solo protesta
ma anche costruisce, in questo senso credo che il ruolo dei movimenti
sia stato sovrastimato. C’è bisogno di forme di organizzazione
permanenti della democrazia. La democrazia non è andare a votare questo o
quello ogni quattro anni ma la gestione della società.
Il
superamento di questo sistema è un processo lungo che non può essere
solo la conquista del potere politico, la «conquista della società» è
assai più importante. La socialdemocrazia e il comunismo hanno condiviso
la stessa cultura, la cultura dello statismo, l’idea della centralità
della presa del potere politico. In questo orizzonte io credo che si
riproponga ancora una volta quella che Gramsci chiamava la «conquista
delle case matte».
E questo ci riporta al Lenin di Stato e
rivoluzione in cui da una parte il rivoluzionario russo studia il
problema dello Stato e della sua estinzione e dall’altro si pone il
problema della costruzione nella società una nuova democrazia
organizzata, quella dei soviet. I soviet o gli stessi consigli nella
visione gramsciana non sono solo gli organizzatori dell’insurrezione ma
anche strutture che iniziano a operare per la riappropriazione cosciente
delle funzioni svolte dalla burocrazia statale, per la gestione
sociale.
So che tutto ciò è difficile ma ciò potrà impedire che si
imponga ancora una volta una società autoritaria, un potere separato
dalla società.
Se non costruiremo nella società una democrazia reale, quello che abbiamo conosciuto nel passato rischierà di ripresentarsi.