il manifesto 26.11.17
L’indipendentismo vacilla, la Catalogna torna quasi normale
Verso
le elezioni. Esquerra republicana, in testa nei sondaggi, e PdCat
cambiano strategia sulla dichiarazione unilaterale. Solo la Cup non
retrocede: la lotta è nelle piazze. Ma forse stavolta senza istituzioni.
Gli ex ministri e i «due Jordi» potrebbero uscire dal carcere, il caso
passa al Tribunal Supremo
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
Dopo i continui colpi di scena delle settimane precedenti
all’intervento del governo spagnolo sulla Catalogna attraverso
l’articolo 155, sembra che le puntate della serie catalana siano
diventate più previsibili.
La novità di un certo rilievo che si
prospetta nelle prossime ore è che la situazione carceraria degli ex
membri del governo catalano e dei «due Jordi», Sànchez y Cuixart, i
presidenti delle associazioni indipendentiste, potrebbe cambiare. Il
caso è infatti passato nelle mani del Tribunale Supremo, che già stava
indagando sui membri della presidenza del Parlament. È opinione unanime
che gli atti del Supremo siano stati molto più garantisti e
proporzionati di quelli della giudice dell’Audiencia nacional che finora
ha indagato sul caso. Per esempio non è finita in carcere la presidente
del Parlament, responsabile ultima della decisione più grave agli occhi
dei magistrati, quella di votare la pseudo-dichiarazione d’indipendenza
e di disobbedire agli ordini del tribunale costituzionale. Le difese
dei ministri catalani incarcerati sono già pronte a chiederne la
scarcerazione. Se il Tribunal Supremo dovesse liberarli, pur con
l’anomalia di un ex presidente all’estero (vedremo se il nuovo
magistrato manterrà l’ordine di cattura europeo), la campagna elettorale
tornerebbe in un alveo di quasi normalità. Una normalità comunque
marcata da più di cinque anni di procés indipendentista e dall’inedito
intervento del governo centrale su un’autonomia: precedente molto
pericoloso per altri tipi di dissidenza istituzionale.
Il panorama
elettorale così «normalizzato» si caratterizza per lo strepitoso passo
indietro dei protagonisti della battaglia indipendentista che peraltro,
senza che nessuno ne abbia spiegato i motivi, stavolta concorrono
autonomamente. Fino a pochi giorni fa erano nella stessa lista e nello
stesso governo di cui nessuno ha rinnegato esplicitamente le azioni. Ma
la strategia politica sia di Esquerra republicana, sia del PdCat ha
virato di 180º senza colpo ferire, e senza apparenti ripercussioni sul
loro elettorato. Ora è tutto un assicurare che la via unilaterale non è
quella da percorrere, che in realtà la dichiarazione d’indipendenza era
solo uno statement politico, che chi mai può credere di poter costruire
una repubblica in quattro giorni, ma dopo il 21 dicembre magari si
potrebbero formare altre maggioranze, e se mai si farà un referendum, ça
va sense dir, deve essere negoziato con Madrid. Fino a poche settimane
fa, chi l’avesse detto sarebbe stato tacciato di traditore unionista e
sommerso dagli insulti sulle reti sociali, oggi è il nuovo credo.
Sorprendente la volubilità del blocco indipendentista.
Sull’altro
fronte, invece, sono rimasti granitici sia Ciudadanos che Pp: dicono che
bisogna recuperare la legalità, archiviare il procés, ristabilire la
convivenza. I socialisti sono gli unici che cercano di svincolarsi
dall’abbraccio mortale in cui li vorrebbero stringere gli altri due
partiti sedicenti «costituzionalisti», e aggiungono qualche abbozzo di
proposta catalanista al discorso centralista, ma tutti e tre puntano a
lasciare in minoranza gli indipendentisti. I Comuni e Podemos, gli unici
che hanno mantenuto, sommersi dalle critiche di tutti gli altri, la
stessa posizione (priorità ai temi sociali, diritto
all’autodeterminazione ma negoziato e a lungo termine, difesa delle
istituzioni catalane ma non delle politiche del governo Puigdemont),
ancora una volta sono relegati mediaticamente in secondo piano.
Anche
la Cup, che fatica a difendere l’inutile appoggio dato fin qui al
Govern, nonché la scelta di partecipare a elezioni autonomiche (e non
della nuova repubblica), e che critica gli ex alleati per aver
abbandonato il discorso più combattivo, è in difficoltà. Ricordano che
la lotta è nelle piazze, forse stavolta senza tanto peso nelle
istituzioni.
Difficile prevedere cosa accadrà nelle urne. Si
profila una vittoria di Esquerra, quotata intorno al 25%, che lotterà
contro Ciudadanos per il primo posto. Forse terzi i Comuni (che avevano
vinto entrambe le ultime elezioni politiche), seguiti dai socialisti.
PdCat, Cup e Pp sotto il 10%. La partecipazione nel 2015 era stata la
più alta della storia: 77%. Alcuni sperano di far pendere la bilancia
superandola. Ma le alleanze saranno complicate, anche se Podemos,
Esquerra e socialisti più o meno segretamente sperano di costruire
ponti.