il manifesto 25.11.17
Lo scandalo Camille Claudel
Mostre.
Un museo dedicato alla scultrice è stato inaugurato a Nogent-sur-Seine,
la mostra "Eternelle idole" si tiene a Villa Medici a Roma fino al 7
gennaio
di Matilde Hochkofler
«Mia cara mamma,
sei davvero cinica nel negarmi riparo a Villeneuve. Non darei scandalo
come tu immagini. Riprendere l’esistenza normale mi darebbe una gioia
tale che non farei nient’altro. Non mi muoverei neppure, tanta è stata
la sofferenza». Sono le prime parole che Camille Claudel scrive alla
madre nel 1927 dal manicomio di Montdevergues, dove resterà rinchiusa
fino alla morte avvenuta il 19 ottobre 1943, dopo essere stata ospite di
Ville-Evrard fin dal 1913. Il suo nome è indissolubilmente legato a
quello di Auguste Rodin, tanto che le sue opere sono ospitate nel grande
museo di Parigi dedicato allo scultore. Solo da poco si è inaugurato un
museo tutto per lei a Nogent-sur-Seine dove ha trascorso l’adolescenza e
ha creato le prime opere in argilla. La sua preoccupazione di «dare
scandalo» risponde al turbamento della famiglia borghese quando ha
saputo dei suoi rapporti con Rodin, il suo deplorevole contegno nascosto
dietro la collaborazione di lavoro. Anche suo fratello Paul Claudel,
scrittore e console per la Francia in molti paesi del mondo fino alla
Cina e più tardi ambasciatore a Washington, l’unico che le era stato
molto vicino, quando si converte al cattolicesimo diventa un feroce
accusatore anche se negli anni il suo atteggiamento si ammorbidirà. Ma
purtroppo il male di Camille, acuito dall’abbandono dell’amante e dalla
morte del padre, sarà tale da renderla pericolosa per sé e per gli
altri. La sua mania di persecuzione, il sospetto di una minaccia che può
venirle da tutti la fa chiudere in se stessa, la fa vivere nella
sporcizia, la fa distruggere le sue ultime opere, fino a non volerne
fare altre. Se la vita dell’artista non era stata sempre così, le
ragioni del suo squilibrio sembrano venire da lontano. Una madre
castrante che non perde occasione per rimproverarla preferendole la più
docile Louise, di due anni più giovane e già sulla strada del
conformismo. Un padre invece che la idolatra e raccoglie le più piccole
note sul suo successo. Un fratello a cui è troppo attaccata e che prova a
sua volta per lei un affetto morboso. Un amore infelice , quello per
Auguste Rodin, violento, esclusivo, venato da gelosie professionali e
soprattutto avvelenato da un’insicurezza di fondo, perché lui, molto più
anziano e legato fin dagli anni della povertà a Rose Beuret, non si
sentirà mai di lasciarla.
Camille nasce l’8 dicembre 1864 a
Fère-en-Tardenois, una cittadina tra i campi e le colline dello
Champagne. Ma ben presto la famiglia si trasferisce perché il padre
curatore delle Ipoteche cambierà molte volte sede. È molto legata a
Louis-Prosper Claudel di cui lascia un ritratto che mostra due occhi
sorridenti su un lungo naso sottile, una corta barba bianca, la mano che
impugna con grazie la matita e l’espressione intelligente e sensibile.
Fin da bambina il suo tesoro è l’argilla, la preziosa argilla rossa che
gli operai trasformano in tegole, con cui fa i visi dei suoi coetanei,
se riesce a persuaderli a posare per lei. Quando i Claudel si
trasferiscono a Nogent-sur-Seine, l’opera di Camille attira l’attenzione
dello scultore Alfred Boucher, il primo a capire che dovrebbe
frequentare una scuola d’arte. Ma ne esistono solo a Parigi. Le
suppliche appassionate di Camille e la sua forte volontà riescono a
convincere il padre, che resterà a Wassy-sur-Blaise.
LE BELLE ARTI
Così
nel 1881 la signora Claudel si trasferisce con i tre figli a Parigi.
Però l’Ecole des Beaux –Arts è preclusa alle donne in quanto non possono
accedere ai modelli nudi dal vivo. Solo l’Accademia Colarossi le
accetta, ma per loro il mestiere dello scultore sarà sempre un lavoro
molto duro. L’argilla, il marmo, l’onice pesano e la proibizione di
portare i pantaloni le costringerà a arrampicarsi sui ponteggi con le
lunghe gonne che s’impigliano nella struttura. Camille trova in Rue
Notre-Dame-des-Champs, vicino a casa, il suo primo atelier che affitta
con altre artiste inglesi di cui resterà amica per tutta la vita. Da qui
passa spesso Boucher che continua a darle i suoi preziosi consigli. È
proprio lui che nel 1882 la presenta a Rodin per l’impressionante
affinità delle loro opere. Il maestro riconosce subito le qualità della
giovane e l’accetta come aiutante, modella e allieva nel suo atelier
Dépot des Marbres. Alcuni lavori di Camille risentono l’influenza di
Rodin, come l’«Homme penché», che nella contorsione del busto e nella
resa espressionistica della muscolatura ricorda il suo «Penseur».
ESPOSIZIONI
Nel
1883 espone per la prima volta al Salon des Artistes Français e
continuerà a farlo fino al 1889 per passare poi alla Société Nationale,
l’esposizione concorrente fondata nel 1890. Le opere di Camille
risentono da vicino i suoi stati d’animo, si potrebbero definire il suo
diario, con i momenti di gioia, di tristezza, di disperazione, fino
all’afasia finale. Il busto di suo fratello Paul a sedici anni vestito
da antico romano, in gesso patinato e poi in bronzo, con lo sguardo
intenso, l’espressione leggermente corrucciata, mostra la vicinanza tra
di loro e il grande rispetto intellettuale che provava per lui.
«Sakountala», dal nome dell’eroina di un dramma indù, rifatto in varie
versioni, terra cotta e bronzo, scolpito durante la relazione con Rodin,
manifesta l’amore ritrovato con le due figure abbracciate
disperatamente, ma già come corrose dall’inquietudine. La scultura ha
molto successo al Salon e riceve una medaglia d’onore perché esprime un
profondo sentimento di tenerezza appassionata ma casta, un fremito e un
ardore contenuto, quasi un lamento soffocato. Nel busto «Portrait
d’Auguste Rodin», lo scultore dimostra molto di più dei suoi
quarantaquattro anni, sembra un vecchio dalla folta barba, una figura
paterna severa ma affettuosa. L’amplesso di «La Valse» ha una storia
complicata. Se per l’artista è il tentativo di cogliere la vita nel suo
movimento, nella trasformazione, nell’equilibrio precario di un legame
tormentato, per i possibili committenti è troppo esplicito. I due corpi
nudi, il cui movimento è sottolineato dalla leggerezza della lunga
gonna, scandalizza l’ispettore del Ministero delle Belle Arti, a cui
Camille aveva chiesto di ottenere del marmo, che è turbato dalla
vicinanza dei sessi e dal violento realismo. Per lo scrittore Jules
Renard, invitato a cena da Paul nell’atelier di Camille dove troneggia
«La Valse» in bronzo, la coppia sembra voler andare a letto e finire la
danza con l’amore.
L’ISLETTE
Nel 1892 Camille capisce che
per essere trattata da vero scultore deve allontanarsi da Rodin. Sa bene
d’altra parte che lui non vorrebbe mai prendere una decisione, ma che
alla fine sceglierà Rose. È lei allora che si allontana. Durante
l’estate va a l’Islette, dove erano già stati insieme e, tornata a
Parigi, scrive all’amante-patron che la loro relazione è finita. Quando
lascia l’atelier di Rodin è amareggiata e ferita, ma è proprio questa
ferita che la rende ancora più determinata a farsi riconoscere come
scultrice. Vive ormai solo per la sua arte e questi saranno gli anni più
fecondi della sua carriera. Si sa di certo che Camille è ricorsa
all’aborto e probabilmente si è recata a l’Islette per rimettersi in
forze. Forse per ricordare il bambino perduto lavora al busto di una
fanciulla dall’espressione intensa, gli occhi febbrili, con una grossa
treccia sulla schiena, «La petite chatelaine» che rifarà in molte
versioni.
Al Salon del 1893, Debussy, che era diventato amico di
Camille, è impressionato da «Clotho», la Parca che tesse i destini degli
uomini. Per sottolinearne l’aspetto terrorizzante l’autrice ne ha fatto
una vecchia segnata da profonde rughe, il corpo scheletrico,
aggrovigliata nei fili delle vite che tesse. Come un ragno imprigionato
nella sua tela, cerca di liberarsi della matassa che le cade intorno e
le copre la faccia avvizzita. La statua è sparita e negli anni del
delirio Camille accuserà Rodin di avergliela rubata. Il gruppo di «Les
Causeuses», che in onice e bronzo descrive l’intimità di donne che
chiacchierano tra di loro, suscita l’ammirazione dei critici che
definiscono la scultrice «una grande e meravigliosa artista, qualche
cosa di unico, una rivolta della natura: la donna di genio». Quando
Camille va alla mostra di Ginevra dove la scultura è esposta assieme
alle opere di altri artisti, è presente anche Rodin. Al ritorno le
scrive una lettera che esprime tutto l’amore che prova ancora per lei:
«Mia sovrana, mia amica, sono ancora malato e tuttavia, se devo guarire,
adesso guarirò perché l’avervi incontrata al vernissage è per me
l’inizio di una consolazione che mi restituirà la salute». Al Salon del
1897 presenta «La Vague». Nonostante la scultura abbia la stessa
ispirazione di «Les Causeuses», l’onda che si piega, minaccia o
protegge?, le tre piccole donne intente a giocare nell’acqua rivela
l’influenza di Hokusai, il pittore giapponese che ammirava molto. Ma i
suoi eterni problemi economici le impediscono di continuare un’opera
appena iniziata. Sarà Rodin, che comunque segue da lontano le sue
vicende, a indurre il Ministero a erogarle duemilacinquecento franchi
per realizzare in gesso «L’Age mur», poi rifatta in bronzo. L’uomo e
l’anziana donna sono aggrovigliati in un implacabile destino, mentre la
giovane implorante allunga le braccia verso la mano dell’uomo incerto se
afferrarla. In Camille non esiste mai quiete o abbandono, ma sempre
atteggiamenti estremi. Sullo sfondo della grande rivoluzione
impressionista, si lascia alle spalle gli ultimi sussulti del
romanticismo e cerca una modernità più intensa, conflittuale,
tormentata. Cerca di cogliere l’emozione mentre il processo è ancora in
corso, si affaccia sull’abisso senza mai pronunciare la parola fine.