il manifesto 21.11.17
Mare mosso. A Ostia e non solo
di Norma Rangeri
Valanga
di astensioni, crollo dei votanti. La grancassa dei telegiornali ieri
raccontava così il risultato della sfida di Ostia: 60 a 40 per i 5Stelle
contro la Destra. La valanga astensionista sarebbe stata testimoniata,
rispetto al primo turno, da una flessione del 2,5% della
partecipazione(dal 36% al 33,5), una tendenza consueta, che si verifica
in tutti i turni di ballottaggio delle elezioni amministrative.
Ma
parlare di «crollo» serviva a un doppio obiettivo. Sminuire la vittoria
grillina e oscurare quello che emerge dall’analisi dei voti assoluti,
ovvero la prevedibile circostanza della confluenza sul nome della
candidata vincente di molti elettori del Pd.
Refrattari
all’indicazione degli stati maggiori piddini di disertare il voto
perché, questa la motivazione, Destra e 5Stelle pari sono. Se nelle
vicende nazionali lo sbando del Pd è evidente, sul lungomare ostiense
questa condizione si è espressa in un drammatico spiaggiamento.
In
un bacino di votanti più ristretto, la candidata pentastellata domenica
ha ottenuto 16mila i voti in più rispetto al primo turno, quella della
Destra ne ha guadagnati 7mila. L’andamento del voto suggerisce che a
rimpinguare il risultato dell’insegnante grillina abbiano contributo in
proporzione i 9mila voti del Pd, i 5mila del laboratorio civico del
prete Di Donno, i 3mila del candidato autonomista, mentre i 6mila di
Casa Pound credibilmente hanno preso la direzione opposta, quella della
destra da cui provengono.
Naturalmente resta negativo il bilancio
più generale, perché nonostante la poderosa copertura mediatica per le
elezioni di un municipio romano (dal NYT ai siti internazionali), i
diretti interessati sono rimasti a casa per i due terzi.
E sembra
passato un secolo dalla sfida elettorale della Capitale quando alla
sindaca Raggi andò oltre il 70 per cento dei consensi.
A
testimonianza che la luna di miele tra i romani e l’attuale consiliatura
è finita da un pezzo e i 5Stelle, aldilà delle frasi di circostanza
sull’«effetto Raggi» a Ostia, devono constatare lo sgonfiamento della
bolla iniziale.
Oltretutto essere i campioni del ballottaggio non
servirà con la legge elettorale nazionale che non ne prevede. Il sistema
congegnato da Pd-Lega-Forza Italia è prevalentemente proporzionale
anche se la tendenza a puntare sul cavallo vincente si farà sentire nei
collegi con le coalizioni.
Certamente la crisi del Pd e le
divisioni a sinistra aiutano, a Ostia come in Sicilia, i candidati
grillini, ma neppure questa è una novità dal momento che una parte del
loro elettorato viene da sinistra e sempre più il Pd si presenta come un
amalgama malriuscito, sollecitato da spinte che lo tirano verso
l’originaria divisione degli elementi che dieci anni fa contribuirono a
formarlo.
Se i riflettori accesi dal pestaggio di un giornalista
della Rai non sono serviti a scalfire l’indifferenza, la disillusione,
la marginalità dei 185mila residenti aventi diritto al voto, sicuramente
hanno mostrato a tutti il disastro di questa immensa periferia
italiana, un concentrato dei problemi da domani sulle spalle di chi
prende oggi la responsabilità di governo.
La grande frana della
politica si manifesta nella perdita di controllo del territorio a
vantaggio di organizzazioni criminali (drammatico a Ostia ma molto
evidente nella presenza di prestanome della camorra anche nel centro
storico romano), la condizione da paese arretrato nei bisogni primari
della cittadinanza (mobilità, casa, abusivismo, devastazione ambientale
del litorale).
E all’opposizione la peggiore destra. Facile prevedere lunghi mesi di mare mosso.
A Ostia e non solo.