il manifesto 10.11.17
Non scegliere a Ostia è un suicidio
di Norma Rangeri
Se
fossimo cittadini chiamati al voto nel municipio di Ostia, quando si
voterà per il ballottaggio tra la destra e i 5stelle, voteremmo per i
pentastellati. Non scegliere e magari restarsene a casa, indifferenti,
sarebbe un errore politico e ancor prima una pesante responsabilità
democratica.
Proprio l’astensione sembra essere invece
l’atteggiamento del Pd dopo la batosta elettorale ricevuta in Sicilia ma
anche a Ostia. Con dichiarazioni ambigue, il partito del Nazareno pensa
di cavarsela con la formula delle «due destre» e la conseguente
diserzione delle urne. «Comunque andrà il ballottaggio, vincerà una
destra», è il mantra del Pd romano. Un atteggiamento pilatesco, un
arretramento sul fronte antico ma purtroppo attuale della vigilanza
democratica, un suicidio politico. Tanto più se il 9% di Casa Pound
finirà alla candidata delle destre romane, non schierarsi denuncia il
piccolo, anche miserabile, cabotaggio del partito che esprime il governo
del paese. Sostenere come ha fatto il candidato locale Athos De Luca,
«non diamo indicazioni, libertà di coscienza» per poi aggiungere
«ovviamente consigliamo di andare a votare», è come nascondere la testa
sotto la sabbia.
I fatti di Ostia hanno alzato il sipario, davanti
alla pubblica opinione, sulla violenza, sull’estremo degrado
dell’agibilità politica in vaste zone della capitale.
Sulla
devastante corruzione della pubblica amministrazione che il quel
municipio è finita da gran tempo in mano a dirigenti politici e pubblici
funzionari condannati e finiti agli arresti. A Ostia, è bene
ricordarlo, si torna al voto dopo due anni di commissariamento del
municipio, sciolto per infiltrazioni mafiose, proprio quel pezzo di
città dove l’ex sindaco Alemanno voleva costruire un casinò per la
maggior gloria degli usurai.
Segnato da un’astensione altissima,
il primo turno delle elezioni si è concluso consegnando al ballottaggio
la destra e il M5S. Una destra che ha molte facce, come sempre. Quella
del partito Fratelli d’Italia, la parte che viene dal Msi, quella di
Casa Pound, la lista arrivata al 9% con cinquemila voti, quella della
criminalità organizzata con gli amici di Roberto Spada, il picchiatore,
fermato ieri, che abbiamo visto all’opera nel pestaggio del giornalista
della Rai. Immagini riprese in diretta dall’operatore che ha filmato e
mostrato a tutto il paese in quale clima si sta svolgendo l’ultimo
scampolo di una campagna elettorale dove è tornato il manganello.
Di
fronte all’evidente smacco di chi parla tanto di sicurezza a proposito
degli immigrati, il ministro dell’interno non può cavarsela con la più
banale delle frasi di circostanza («non possono esistere zone franche»).
Non dovrebbero esistere ma forse vale la pena ricordare che la vicenda
di Ostia mostra un territorio dove comanda l’usura, il traffico di
droga, le estorsioni dove a fare la legge sono le organizzazioni
criminali, dove, come sempre accade in territori ad alta densità
mafiosa, lo Stato non c’è o si fa complice. Come la storia insegna, e
come fa bene a sottolineare Roberto Saviano quando parla del rapporto
tra fascismo e crimine ricordando la lezione di Matteotti. E bene ha
fatto la sindaca Raggi a chiamare i cittadini alla mobilitazione con una
manifestazione antifascista aperta a tutti, senza bandiere di partito, e
a sottolineare che i voti di Casa Pound i 5Stelle non li vogliono.
Siamo
sicuri che anche gli elettori del Pd, specialmente quelli costretti a
vivere nell’inferno di questo disgraziato territorio alle porte di Roma,
il giorno del ballottaggio saranno più saggi dei loro dirigenti e non
si asterranno da questo fronte estremo di difesa della democrazia.