martedì 21 novembre 2017

Il Fatto 21.11.17
Il 25 luglio ’43 di Eugenio e Italo (che però non c’era)
Vicini e lontani - Scalfari scrisse di aver appreso della caduta di Benito Mussolini a Sanremo assieme a Calvino. Ma la storia non trova conferme
di Dario Borso

Due anni e due mesi fa, in occasione del trentennale della morte di Italo Calvino († 19 settembre 1985, Siena), Sabina Minardi intervistò Eugenio Scalfari per L’Espresso: “Il giorno dopo la morte di Calvino lei ha scritto un ricordo intitolato Quando avevamo diciotto anni, che si conclude così: ‘Il ricordo di quell’allora dovrò conservarlo io per tutti e due, fino a che potrò’. In questi anni ha rilanciato costantemente l’eredità culturale di Calvino: perché ha sentito questa responsabilità?”.
Scalfari parte rievocando l’amicizia feconda tra un gruppo di liceali sanremesi e aggiunge: “Una volta Calvino ci sorprese con una frase: ‘Noi abbiamo tutti insieme incontrato Atena’. Nessuno capì il significato. Allora lui spiegò: ‘Perché Atena è la dea di tante cose, ma soprattutto della polis, cioè del senso civico e dell’intelligenza’. Tutto ha inizio con quella frase”.
Seppur espresso per via indiretta, il senso è chiaro: la sua responsabilità sta nell’onorare Atena, ovvero la democrazia.
Minardi gli chiede en passant delle lettere che i due si scambiarono da universitari (Eugenio a Roma, Italo a Torino) e, ottenuta una breve risposta tecnica – “Per un po’ di anni vi perdeste di vista. Quando vi ritrovaste?”. Scalfari data l’evento alla fine degli anni 70 (dunque un interim di sette lustri), e si diffonde sul Calvino giornalista di Repubblica chiudendo con un richiamo all’Apologo sull’onestà del 15 marzo 1980, dove l’amico prospettava l’idea di una “controsocietà degli onesti” che viva “in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità” e speri così di “significare qualcosa d’essenziale per tutti”.
Il lungo finale dell’intervista (un terzo abbondante) è un peana di Eugenio ai libri suoi propri, dichiarati emuli in stile delle calviniane Lezioni americane, e all’ultimo in uscita.
Per recuperare noi il filo della responsabilità, bisogna riandare al coccodrillo Quando avevamo diciotto anni. Scalfari vi rievoca l’amicizia comune ai tempi del liceo specificando: “L’università ci separò, lui a Torino, io a Roma. Ma eravamo ancora insieme la sera del 25 luglio del ‘43, quando dagli altoparlanti dell’Eiar sistemati in piazza Colombo – la principale della città – la voce dello speaker annunciò le dimissioni del ‘cavalier Benito Mussolini’. Con gli altri amici della nostra banda di ragazzi ci procurammo un bandierone tricolore e pagammo da bere a un gruppo di reclute che stavano rientrando in caserma”.
Poi, sull’onda dei ricordi: “Qualche mese fa, dopo aver parlato per un po’ di lavoro e di articoli che avrebbe scritto per noi, gli dissi: ‘Quelle lettere che ci siamo scritti, io ce le ho ancora tutte, ma non le ho mai più rilette’. ‘Anch’io ce le ho e anch’io non le ho più rilette’. […] Dopo oltre quarant’anni, quelle lettere me le sono rilette ieri, viaggiando da Roma a Siena. […] Se qualcuno ti rimette in mano quel seme antico accuratamente conservato e protetto dal tempo, allora tu vedi che l’albero era già tutto contenuto in quel piccolo involucro che ora è diventato decifrabile e senza il quale non potresti capire come è accaduto il miracolo di quella crescita e di quel rigoglio. L’immagine di quello che allora fu Italo e fummo tutti noi, amici di quegli anni lontani, non c’è più nella sua memoria distrutta. Mi viene di pensare che il ricordo di quell’allora dovrò conservarlo io per tutti e due, fino a che potrò”.
Tutte le lettere di Calvino a Scalfari vennero pubblicate a cura di Luca Baranelli in Lettere 1940-1985 (Mondadori, 2000). Tre di esse cadono attorno al 25 luglio ‘43. La prima, del 27 giugno da Sanremo, annuncia: “Il campo durerà più di trenta giorni […] forse in settembre sarà chiamato il ‘23 e noi andremo alle scuole Allievi Ufficiali col ‘22 […]. Se t’illudi che la banda non esista ti sbagli. In luglio mancheremo solo io e Milio. In agosto saremo al completo […]. L’indirizzo militare te lo darò quando lo saprò”. Italo glielo comunica il 19 luglio dal campo di Mercatale (prov. di Prato) e si rifà vivo il 6 agosto: “Quando si ha un sacco di cose da scrivere, si finisce che non si scrive più. Tanto più che spero che finalmente tra poco ci rivedremo”.
Calvino il 25 luglio 1943 non era dunque a Sanremo: e come avrà fatto Scalfari a sostenere il contrario subito dopo aver letto le lettere?
Ma c’è, se possibile, di peggio. Baranelli nella sua biografia autorizzata Album Calvino (Mondadori, 1995) riportò come verace la falsa testimonianza di Scalfari, pur avendo a disposizione la lettera di Italo ai genitori del 29 luglio ‘43, Mercatale, che recita: “Dalla vostra del 26 giuntami oggi apprendo con piacere che a Sanremo non sono successi incidenti e che non siete stati in pensiero per me. Io non tornerò per ora a casa. […] La notte del 25 è stata veramente entusiasmante. La notizia del ritorno di Badoglio – allora si seppe solo quello – giunse al campo mentre dormivamo e tutti uscimmo dalle tende a cantare Fratelli d’Italia”.
La seconda edizione dell’Album (Mondadori, 2003), pur preceduta da una nuova baranelliana premessa, insiste con la versione tarocca, e la terza (Mondadori, 2004) pure, e la tedesca (Fischer, 2013) idem…
Resta da dire sulla risposta tecnica da Scalfari riguardo alle lettere: “Dopo la morte, volli pubblicarne un paio e dovetti chiedere il permesso alla moglie, un’argentina che aveva un suo carattere. Prima disse no. Poi consentì, a patto di sceglierne lei due. Le più sciocche. Le ritelefonai dicendo che ero interessato a una terza: ‘No, quella no. Voglio fare io una pubblicazione’. ‘Sì, ma delle mie dovrò darti io il consenso: dobbiamo venire a un accordo’. Disse sì”, sicché Scalfari ne pubblicò sette a sua scelta nel 1989.
Dall’accordo stipulato si desume che Scalfari potrebbe fare come fatto allora da Esther Singer con le lettere del marito e pubblicare le proprie a Calvino: ciò esigerebbe l’intelligenza, il senso civico e l’onestà, senza contare che Esther stessa potrebbe anticiparlo avviando una pubblicazione per la quale già ha ottenuto il consenso e alla quale, se è giunta ad accettare la contropartita, è interessata.