lunedì 6 novembre 2017

Corriere 6.11.17
Macaluso: al Pd manca cultura politica
Non ci si nasconde con risultati così
intervista di Daria Gorodisky

ROMA «È chiaro che si tratta di una sconfitta clamorosa, Renzi subisce una sconfitta molto pesante». Emanuele Macaluso — una vita passata a sinistra, parlamentare pci e poi pds per sette legislature — commenta «da non iscritto» il risultato delle Regionali in Sicilia: «Come siciliano, sono amareggiato e umiliato; come osservatore politico dico: attenti, un partito con l’ambizione di governare il Paese che si riduce a questi livelli non può nascondere che oggettivamente un problema esiste».
Quali sono le cause di questo fallimento?
«Innanzitutto, un centrosinistra che si presenta diviso gioca a perdere. Nessuno poteva certamente pensare cheil Pd o la lista di Claudio Fava potesse vincere. Così hanno raccolto soltanto voti di appartenenza. E bisognerà anche vedere quanti saranno alla fine quelli del Pd».
A chi attribuisce la responsabilità della spaccatura?
«Sia a Bersani e D’Alema che a Renzi. Hanno usato la conflittualità per confrontarsi, un braccio di ferro che poi era soltanto un braccio di latta. Però la causa della disfatta riguarda soprattutto il Pd: non è più un partito ma un aggregato politico elettorale al servizio del leader. E questo si paga».
È il partito leggero…
«Appunto. Prima la sinistra aveva un rapporto diretto con le masse, affrontava i problemi concreti delle persone, conduceva battaglie sociali e culturali, combatteva la mafia. Adesso tutto questo è completamente sparito. Si pensa che bastino i tweet, i dibattiti televisivi urlati… Il Pd non ha più un giornale, una rivista culturale, comunicazione».
Manca cultura politica?
«Totalmente. E questo nelle persone fa prevalere l’istinto o l’assenteismo. Oggi tutto è giocato sulle battute, sui rimpalli. Renzi pensa che il 40% raccolto al referendum costituzionale sia sua proprietà personale. E che tutto si risolva inseguendo i grillini, che rappresentano l’anti-cultura politica e parlamentare. Qualcuno si offende quando dico che una volta un bracciante emiliano o un contadino delle Madonie avevano cultura politica, interesse e visione del mondo superiori a quello dell’attuale classe dirigente politica».
Oltre a questi errori alti, strutturali, crede che in Sicilia abbia influito negativamente anche l’alleanza con Alfano?
«Certamente. Perché un conto sarebbe stata un’alleanza con Alfano di tutta la sinistra unita; ma se ti presenti diviso e pensi di poter vincere con Alternativa popolare…».
Che prospettive vede per le prossime Politiche?
«O ci sarà una coalizione, oppure si andrà a una ripetizione del risultato siciliano. Lo devono avere chiaro Bersani e D’Alema, ma soprattutto Renzi. E, se c’è una coalizione, è questa che decide il candidato a Palazzo Chigi».
Ha un nome?
«No. Ma non si può ignorare che Gentiloni ha acquisito credibilità in Italia e in Europa, mentre Renzi l’ha completamente persa».
Per chi avrebbe votato in Sicilia?
«Per fortuna voto a Roma. E già sarà difficile…».