Corriere 2.11.17
L’intervista Antonio Bassolino
«Il Pd ormai fa scelte imbarazzanti. Bene Grasso, anch’io me ne vado»
di Marco Demarco
Antonio Bassolino lascia il Pd. La decisione è presa?
«Non ho rinnovato la tessera. Il mio è un addio. Doloroso, aggiungo».
Lascia per andare dove?
«La
prospettiva resta quella a cui ho lavorato sin dagli anni Novanta,
quando fui eletto sindaco di Napoli: la ricostruzione del
centrosinistra».
Ma per ora nessuna nuova tessera in tasca. Come Pietro Grasso.
«Io però una tessera l’ho sempre avuta, da quando, nel 1962, mi iscrissi al Pci».
Perché esce dal partito che ha contribuito a fondare?
«Da
tempo i rapporti politici interni erano critici. E anche quelli umani,
per me molto importanti, facevano acqua da molte parti. A Napoli, in
occasione delle primarie contestate, sono stato pugnalato alle spalle.
Allora mi sono chiesto: ma che senso ha?».
Eppure, fino al referendum ha resistito schierandosi con Renzi.
«Anche dopo. Ho resistito fino al congresso che lo ha riconfermato. Però non ho votato».
Perché?
«È
stato un congresso inutile, senza politica. Bisognava avviare una
grande riflessione sull’Italia reale e sul rapporto tra Pd e Paese.
Invece si è provveduto solo a ufficializzare la stagione della grande
rimozione».
Vale a dire?
«La stagione del girare sempre
pagina, del mai voltarsi indietro. Mai ammettere gli errori o
correggerli. Una stagione che paradossalmente è iniziata con la vittoria
alle Europee, dove importante è stato il contributo di Renzi. Si è
pensato che quello fosse per il Pd un dato politico strutturale».
Un errore fatale?
«Certo.
E dopo sono venuti due “cazzotti” micidiali: le comunali e il
referendum. Renzi ha sovrapposto le due campagne elettorali. Le ha
personalizzate e politicizzate, ottenendo l’effetto opposto a quello
sperato. A Napoli sembrava essere lui l’avversario di de Magistris, e
così non si è parlato dei problemi della città: delle buche stradali,
dei trasporti. Il Pd ne è uscito umiliato. Fuori anche dal ballottaggio.
Poi è stato un crescendo».
Fino alla legge elettorale e al caso Visco?
«Non
solo. Imporre la fiducia sul Rosatellum è stato un errore, perché si è
impedito di migliorare la legge e si è prodotto un danno alla
democrazia, nel senso della decisione politica e della partecipazione.
Si poteva introdurre il voto disgiunto o avere meno nominati. Invece ci
sarà un ritorno a 25 anni fa, quando la sera del voto non sapevamo chi
avrebbe governato. Questa legge rischia poi di alimentare il voto di
protesta».
In direzione dei 5 Stelle?
«Anche. Vedremo in
Sicilia. Ma penso soprattutto all’astensionismo. Un fenomeno di cui si
parla poco, che tuttavia cresce al centro come in periferia. È vero o no
che ormai ovunque si eleggono sindaci di minoranza?».
C’è chi legge il caso Visco come un tentativo pd di assorbire la protesta.
«Non
metto in discussione la libertà di critica. Ma la mozione su Bankitalia
è stata una rottura assoluta con il mondo da cui provengo, quello del
rispetto istituzionale, dello stile nel porre questioni delicate. Il Pd è
arrivato invece a creare problemi sia sul piano internazionale sia su
quello interno, imbarazzando Palazzo Chigi e il Quirinale».
E l’altra questione che non perdona a Renzi?
«Il
modo in cui sono stati ricordati i dieci anni del Pd. Giusta la
celebrazione. Anche questa poteva e doveva essere una occasione per
riflettere sullo stato del Paese. E giusto invitare Veltroni. Ma come è
stato possibile escludere Prodi?».
Da dove ripartire, allora?
«Ho
guardato con interesse a Pisapia. Sono stato in piazza Santi Apostoli
sotto il balcone dell’Ulivo portando un ramoscello bene augurante
regalatomi dal mio amico geografo Ugo Leone. Ho partecipato alla Festa
nazionale di Mdp dicendo che lì c’era un pezzo del mio mondo. E penso
che quella di Pietro Grasso sia stata una svolta significativa nel segno
di una riaggregazione del centrosinistra».
E D’Alema?
«Ho
avuto spesso idee diverse dalle sue, nel reciproco rispetto. E a chi si
meraviglia di ritrovarlo su posizioni movimentiste, ricordo che Massimo è
sempre stato al centro, e che se gli altri si spostano a destra, è
inevitabile che si ritrovi a sinistra. In ogni caso ci sono molti
senzatetto del centrosinistra, eccellenti e non, a cui prestare
attenzione».
A proposito. Che effetto fa, a uno come lei, ritrovarsi senza un tetto politico dopo 55 anni?
«È
una scelta impegnativa. Tanto che ieri sono andato a salutare i miei
genitori al cimitero e mi sono sorpreso a confidarmi idealmente con
loro. Specialmente con mio padre. Era un vecchio liberale, e quando era
in vita con lui non ho mai parlato delle mie scelte politiche».