sabato 25 novembre 2017

Corriere 25.11.17
In un santuario dei mistici sufi il massacro più sanguinoso dell’Egitto moderno Almeno 235 vittime, oltre cento feriti. La mano dei jihadisti affiliati all’Isis
Tritolo e cecchini: è strage di fedeli
di Davide  Frattini

GERUSALEMME La moschea è affollata per le preghiere del venerdì, la frequentano soprattutto i sufi, i mistici dell’Islam, nel giorno più sacro la frequentano un po’ tutti, i padri ci portano i figli, è un momento di festa. Gli attentatori hanno piazzato le cariche di tritolo dentro la sala dipinta di bianco, tra i fedeli inginocchiati. Le esplosioni danno inizio alla strage, i cecchini appostati fuori la completano: sparano su chi prova a scappare, sui soccorritori che tentano di intervenire, incendiano le auto attorno perché le ambulanze non riescano ad arrivare. I morti sono almeno 235, i feriti 109, l’attacco più sanguinoso contro i civili nella storia dell’Egitto moderno.
Gli assalitori sono arrivati al villaggio di Bir al-Abed, nel nord del Sinai, a bordo dei pick-up che usano per mobilitare centinaia di uomini in poche ore: «i cammelli d’acciaio» esaltati dai beduini montano le mitragliatrici sulla gobba e dai vetri oscurati spuntano i lanciagranate.
Il gruppo Ansar Bait al-Maqdis — che tre anni fa ha giurato fedeltà al Califfato — si sta dimostrando uno degli affiliati più efficaci nella strategia del terrore: nell’ottobre del 2015 gli estremisti sono riusciti a mettere una bomba su un aereo russo, distrutto poco dopo il decollo da Sharm el Sheikh con 224 persone a bordo. Lo Stato Islamico in ritirata dalla Siria e dall’Iraq spadroneggia ancora da queste parti.
Abdel Fattah al Sisi, il generale diventato presidente, considera quella in Sinai una guerra totale, le operazioni militari di questi anni — ieri è stata lanciata l’ennesima con il nome «vendetta per i martiri», «una risposta brutale» proclama Sisi — non sono riuscite a ristabilire l’ordine in quello che gli storici egiziani chiamano «lo scatolone di sabbia». La penisola che scende nel Mar Rosso si estende per 61 mila chilometri quadrati, due volte la valle e il delta del Nilo messi insieme, tre volte Israele e duecento la Striscia di Gaza. Con tutti e tre confina, a tutti e tre ha creato problemi.
Non ci sono ancora rivendicazioni ma in gennaio Rumiyah — Roma, una rivista online pubblicata dai propagandisti dello Stato Islamico — aveva intervistato l’emiro che guida l’Hisbah in Sinai. Il capo di questa buoncostume fanatica bollava i sufi come apostati e la loro corrente islamica «una delle malattie peggiori». Qualche mese dopo i miliziani in nero hanno decapitato Suleiman Abu Haraz, uno dei mistici più venerati, con l’accusa di stregoneria. Aveva 98 anni.