Repubblica 28.10.17
La grande rottura del Pd
Lo strappo. I ministri renziani disertano il Visco day così il leader inizia la sfida verso il voto
di Carmelo Lopapa
ROMA.
Gli «impegni pregressi» dei ministri Luca Lotti e Maurizio Martina, i
virus influenzali di Graziano Delrio e della sottosegretaria alla
Presidenza Maria Elena Boschi. È la diserzione senza precedenti del
blocco renziano, in un Consiglio dei ministri lampo che porta comunque
alla designazione di Ignazio Visco per un secondo mandato da governatore
della Banca d’Italia. Il passaggio si consuma in una manciata di minuti
e pochi di più ne trascorrono perché il decreto di nomina venga
controfirmato dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
Ma a rubare
la scena, a rimarcare una distanza politica che diventa anche fisica,
sono le assenze. Non solo la sottosegretaria, presa di mira dalle
opposizioni che da giorni le contestavano il “conflitto d’interessi” per
la vicenda di Banca Etruria. Con lei restano fuori dalla riunione tutti
gli uomini più vicini al leader Pd: Lotti (Sport), Delrio (Trasporti),
Martina (vicesegretario pd e ministro dell’Agricoltura). A dispetto
delle giustificazioni successive di ciascuno di loro, uno strappo
rispetto alla decisione del premier Gentiloni. Matteo Renzi non fa
mistero del disappunto, parlando durante il blitz di un paio d’ore a
Catania in vista delle regionali, prima di raggiungere l’assemblea pd di
Napoli: «Ciascuno rimane con le proprie idee. Io sono uno di quelli che
non le manda a dire, la scelta è stata diversa da come avrei auspicato
ma oggi il rispetto istituzionale prevede che si facciano gli auguri di
buon lavoro al governatore Visco e si chiude qui».
Oggi, appunto.
Da domani, d’ora in avanti, si apre un’altra partita che Renzi vuol
combattere fino in fondo. E senza guardare in faccia nessuno. Nemmeno il
governo e chi lo presiede. Con Paolo Gentiloni in queste ore si
consumerà a beneficio di fotografi e telecamere l’abbraccio sul palco di
Napoli, gesto di distensione a conferma che il problema non è lui, non è
“Paolo” l’avversario («L’ho difeso quando lo volevano estromettere
dalle liste nel 2013, l’ho suggerito come presidente al mio posto nel
2016», come rimarca Renzi nel libro di Bruno Vespa del quale ieri sono
uscite alcune anticipazioni). Di certo, il leader del Pd non chiude
affatto qui i suoi conti con l’affaire banche. L’onda sarà cavalcata
durante l’intera campagna elettorale, anche sulla scia di quanto
emergerà nelle prossime settimane dai lavori della Commissioni
d’inchiesta sulle banche. È da quel fronte che il fuoco di fila renziano
si attende le munizioni più pesanti fino allo scioglimento delle
Camere. Soprattutto quando l’organismo presieduto da Pier Ferdinando
Casini affronterà il capitolo Mps e banche venete. L’assenza dal
Consiglio dei ministri di ieri è stato giusto un segnale, come spiega
uno dei ministri protagonisti del forfait. Ma il clou, dal loro punto di
vista, è di là da venire.
Già, perché l’obiettivo di Renzi è
quello di porsi su questo come su altri argomenti dalla parte «dei
cittadini», come va ripetendo da una tappa all’altra del viaggio in
treno. Un ritorno al Renzi prima maniera, insomma. Ventre a terra ed
elmetto in testa per la lunga e aspra campagna che lo attende. Anche a
costo di mettersi in rotta di collisione con chicchessia, dai vertici di
Bankitalia all’esecutivo. Va letto in questo senso anche il controcanto
in cui l’ex premier si è prodotto ieri rispetto al ministro
dell’Istruzione Valeria Fedeli sulla storia dell’accompagnamento
scuola-casa degli under 14. Il segretario e candidato premier annuncia
un emendamento perché «siano i genitori a scegliere e ad assumersi le
responsabilità ». Questione minima, ma altra presa di distanza. Come
quella, di ben altro impatto, sull’innalzamento dell’età pensionabile a
67 anni, che il leader ha fatto già sapere di non avallare. L’Europa «da
cambiare » sarà uno dei cavalli di battaglia della campagna appena
iniziata: il progetto renziano che punta a riportare il deficit sulla
soglia del 3 per cento non incontra i favori del ministro dell’Economia
Padoan e ha già provocato scossoni a Bruxelles. Per non dire del taglio
dei vitalizi sul quale Renzi andrà allo scontro, nonostante le riserve
tra alcuni senatori Pd che hanno congelato l’iter sul traguardo. «Non mi
faccio scavalcare da Grillo», è il grido di battaglia del segretario.
Lo attende l’insidioso day after del voto siciliano, nonostante la
toccata e fuga sull’isola per ridurre al minimo la sua impronta.