Repubblica 19.10.17
Una scommessa tutta elettorale pagata con la moneta dell’isolamento
di Stefano Folli
CAPITA
di rado che un’iniziativa parlamentare del partito di maggioranza
susciti un tale coro di critiche e voci contrarie nei palazzi romani.
Questa volta è successo: la mozione del Pd contro il governatore della
Banca d’Italia passerà alla storia come un gesto di singolare
autolesionismo il cui risultato è l’isolamento del segretario Renzi. La
sfida al Quirinale - perché di questo si è trattato - si unisce alla
delegittimazione del presidente del Consiglio (l’uomo che cinque giorni
fa celebrava il decennale del Pd con aria non troppo gioiosa). Ed è
evidente che sullo sfondo s’intravede il profilo di Draghi:
destabilizzare la Banca d’Italia oggi significa indebolire l’Italia in
Europa e di conseguenza creare problemi inediti al presidente della Bce
in un passaggio molto delicato.
Era chiaro questo scenario agli
estensori della mozione o tutto è avvenuto con eccesso di leggerezza,
fra una stazione e l’altra del treno dei desideri? Difficile dirlo. Sta
di fatto che ieri Renzi ha insistito. Ha parlato in prima persona con
toni determinati, lasciando intendere che il Pd è favorevole ad “aprire
una pagina nuova” a Palazzo Koch e non vuole condividere la
responsabilità politica della riconferma di Visco. Significa che al
leader del Pd interessa solo il dividendo elettorale dell’operazione. Se
il governatore verrà riconfermato, come è probabile, sarà per decisione
esclusiva di Mattarella e Gentiloni. Dal canto suo, Renzi ritiene di
aver tagliato l’erba sotto i piedi dei Cinque Stelle, che si preparavano
a fare la campagna fino a marzo sul tema delle banche fallite e dei
risparmiatori truffati. Avendo scaricato tutto sulla banca centrale, il
segretario pensa di essersi conquistato una forma di immunità rispetto
ai risentimenti popolari di cui ha già fatto esperienza in giro per
l’Italia.
Che il piano riesca, è tutto da vedere. Intanto c’è da
domandarsi se il gioco valga la candela. Il Partito Democratico ne esce a
pezzi. Da Veltroni a Zanda fino a un indipendente come Calenda,
autorevole ministro in carica, il fronte a difesa del Quirinale e della
Banca d’Italia, quasi in simbiosi istituzionale, si è pronunciato con
un’asprezza inequivoca. E anche questo è interessante perché nessuno usa
simili accenti per criticare Renzi in pubblico, esclusi gli
scissionisti e qualche isolato dissidente. Invece stavolta tutti
condividono il giudizio di Giorgio Napolitano sulla “deplorevole”
iniziativa parlamentare. Gli stessi esponenti di Forza Italia hanno
tenuto una linea molto prudente.
ORA cosa può succedere? Lo
scossone è talmente forte da suscitare parecchi interrogativi sul
prossimo futuro. Ma a questo punto Ignazio Visco dovrà essere confermato
nella carica proprio per non accentuare il rischio di lacerazioni
istituzionali. Anzi, Mattarella e Gentiloni dovranno decidere con una
certa urgenza per non dare adito a ulteriori speculazioni: politiche,
sul piano interno, e magari finanziarie sul teatro internazionale. Del
resto, per capire fino a che punto sono gravi le falle nella vigilanza
bancaria, esiste - appena costituita - la commissione d’inchiesta
presieduta da Casini. È curioso (ma non troppo) che Renzi, dopo averla
voluta composta così com’è, preferisca saltarla a piedi pari emettendo
una sorta di verdetto preventivo di colpevolezza per la Banca e il suo
governatore.
In realtà il segretario del Pd non può fare altro che
andare avanti a testa bassa. Avendo fatto saltare tanti ponti persino
all’interno del suo partito - basti ricordare che c’era anche Veltroni
sul palco del decennale, pochi giorni fa - oggi Renzi può rivolgersi
solo al suo pubblico, all’elettorato che incontra sulla scaletta del
treno. E a cui può dire, avendo appena promesso di evitare il populismo:
“meglio un’ora con voi che una settimana in Parlamento”. Beninteso,
deve essere capace di convincere questo piccolo mondo che lui, il
segretario, è esente da colpe sulle banche. Tutte: dalle venete alla
fatidica Etruria. Infatti è colpa di Bankitalia. Come dire che la
rincorsa dei Cinque Stelle è cominciata. Ne deriva una tensione
istituzionale e politica destinata a non risolversi facilmente. Sarà una
campagna dura e imprevedibile. Con la variabile Sicilia come possibile
spartiacque.