Repubblica 17.10.17
Renzi, com’è difficile trovare alleati dopo gli anni del partito personale
Un’illusione pensare che Pd e FI facciano un accordo dopo il voto, C’è un patto politico fra Berlusconi e Salvini
La legge Rosato, per come favorisce le coalizioni, aiuta il centrodestra Berlusconi-Salvini e danneggia il Pd di Renz
di Stefano Folli
ERA GIÀ abbastanza chiaro, ma adesso è evidente.
La
legge Rosato, per come favorisce le coalizioni, aiuta il centrodestra
Berlusconi-Salvini e danneggia il Pd di Renzi che ha ben maggiori
difficoltà a trovarsi alleati di peso. In un certo senso, il Pd è
isolato o quasi: all’incirca come i Cinque Stelle, sulla carta vittime
designate del marchingegno elettorale che premia chi si coalizza e
punisce chi sta per conto suo.
La differenza è che Grillo sceglie
la solitudine, mentre Renzi vorrebbe trovare sostegno. Vorrebbe, in
altri termini, annacquare quella “vocazione maggioritaria” che fin qui
non gli ha portato fortuna e che oggi è resa superflua dal nuovo schema
di gioco. Ma certe operazioni sono più difficili a dirsi che a farsi. La
“vocazione maggioritaria” del Pd, uscita dalla porta, rientra dalla
finestra. E si capisce: Renzi ha ormai plasmato il Pd a sua immagine,
per cui tre anni non si cancellano in un attimo. Costruire un cartello
elettorale è straordinariamente complicato per chi ha sempre puntato con
orgoglio al partito “personale” e solo adesso, spinto dalla necessità,
cerca qualche compagno di viaggio. Di qui le aperture a Pisapia, ai
centristi di Alfano, ai laici di Della Vedova, eccetera. Non agli
scissionisti di Bersani e D’Alema, come è ovvio.
In realtà il
segretario del Pd, in forme del tutto legittime, sta mettendo in pratica
ancora una volta la tattica del “voto utile”. Una tattica lineare: si
ribadisce che il Pd è il baricentro del sistema, nonché argine
principale al “populismo”, e ci si sforza di convincere gli elettori che
non possono sprecare il loro voto. In passato lo stesso Veltroni, che
oggi si batte per l’unità delle forze di centrosinistra, si rivelò un
abile propagandista del “voto utile”: ne sanno qualcosa gli sfortunati
inventori della lista Arcobaleno, a cominciare da Bertinotti. Renzi
segue le orme veltroniane, ma oggi la legge Rosato consiglia e quasi
impone le coalizioni. Così diventa necessario per il segretario
corteggiare l’arcipelago delle piccole forze - talvolta forze minime - e
trovare qualche seggio nelle due Camere da offrire loro in cambio
dell’intesa elettorale.
È anche questo un modo per inseguire il
“voto utile”, pur sapendo che il centrodestra ha il vantaggio di poter
costituire una vera alleanza, in cui i due maggiori partner si
equivalgono intorno al 14-15 per cento e il terzo, Fratelli d’Italia,
rivendica un pur sempre rispettabile 5 per cento. L’asimmetria fra i due
blocchi è stata rilevata con la consueta lucidità da Ilvo Diamanti su
queste pagine. Il centrodestra si coalizza, supera le sue gravi
contraddizioni, e trae una spinta dai risultati che arrivano
dall’Austria nazional-populista. Il centrosinistra su questo terreno è
più debole e deve fare appello al carisma un po’ usurato del suo leader,
in un’Europa in cui le sinistre sono state estromesse dal governo quasi
ovunque, almeno nei paesi maggiori.
IL RISULTATO di Vienna ci
dice che sarà pressoché impossibile, dopo il voto, spezzare il patto
politico fra Berlusconi e Salvini. I due si detestano e non c’è alcuna
probabilità che si ricrei il vincolo anche umano (ma non solo) che
legava il fondatore di Forza Italia a Umberto Bossi. Tuttavia oggi il
problema non è della Lega, bensì del cuore tedesco del Ppe. Spetta
infatti ai Popolari decidere fino a che punto vorranno farsi
condizionare e magari trasformare dai vari Kurz e Orban, considerando
che anche lo strano ibrido Berlusconi-Salvini contribuirà all’evoluzione
o involuzione del Ppe.
Non a caso la speranza implicita di
trovare una maggioranza nel prossimo Parlamento passa - o meglio,
passava - attraverso la convergenza fra il Pd renziano e un Berlusconi
liberatosi del suo ingombrante alleato. Ma questo piano è in buona
misura un’illusione. Certo, se Renzi si avvicinasse al 40 per cento dei
consensi, insieme agli alleati che per ora non ha, lo scenario sarebbe
diverso. Ma quella soglia al momento è un miraggio. Del resto, i piccoli
potenziali soci hanno cominciato a porre condizioni, come è normale. E
la matassa si aggroviglia. Anziché fermarsi alle manovre tattiche, forse
sarebbe più vantaggioso se il Pd si interrogasse sulle ragioni per cui
la sinistra perde ovunque in Europa. In fondo era questo il senso del
discorso di Veltroni.