Repubblica 12.10.17
La richiesta di risarcimento danni del
liquidatore: “Storia incredibile di cattiva gestione, restituiscano
oltre mezzo miliardo” Al padre della sottosegretaria Boschi chiesti 15,8
milioni di euro
Etruria, l’atto d’accusa agli ex vertici “Banca spolpata e portata allo sfacelo”
di Fabio Tonacci
“Una gestione incredibile” Chiesti 576 milioni di danni 15,8 a Pier Luigi Boschi
PIÙ
di mezzo miliardo di euro. Per la precisione 576 milioni di
risarcimento danni per aver «spolpato» quella che fu la Banca Popolare
dell’Etruria e del Lazio. Di più, per averla «condotta letteralmente
allo sfacelo, sotto il peso di errori madornali degli amministratori »,
in una «paradossale corsa all’abisso» durante la quale sarebbe stato
violato «ogni più elementare principio normativo o di correttezza
professionale ».
ROMA. Le parole scelte dall’avvocato
Antonio Briguglio nell’atto di citazione per conto del commissario
liquidatore sono oggettivamente le più pesanti che è capitato di leggere
da quando l’Etruria ha cominciato ad affondare. Pesanti quasi quanto la
cifra ora chiesta a chi ne ha “governato” lo sfascio. Quasi.
“DANNI ALL’INTERO SISTEMA”
Per
Briguglio, e dunque per il liquidatore Giuseppe Santoni, la parabola
discendente della vecchia Etruria è «una incredibile storia di mala
gestio ai danni della società, dei suoi creditori, dei risparmiatori e
della credibilità del sistema bancario italiano». Con la causa al
Tribunale civile di Roma punta a recuperare parte del patrimonio
sperperato come ristoro per i danni causati «da illecite condotte
commissive e omissive di tutti costoro».
Se i giudici gli daranno
ragione, per i 37 ex amministratori citati (sono membri dei due cda dal
2009 al 2015, il collegio dei sindaci e il direttore generale Luca
Bronchi) vorrebbe dire sborsare in solido 464 milioni. A cui si
potrebbero aggiungere 112 milioni a carico del revisore Price Waterhouse
Cooper spa che secondo Santoni «ha sempre espresso giudizi positivi,
senza mai formulare rilievi».
STANGATA PER BOSCHI SENIOR
Quanto
potrebbe essere chiamato a risarcire ciascun ex consigliere? Non basta
fare il totale diviso 37, perché Santoni ha individuato per ogni cifra i
presunti responsabili e va considerato anche il tempo di permanenza in
carica. Sommariamente, però, chi potrebbe pagare di più si intuisce.
In
quasi tutti i casi citati, infatti, sono presenti i nomi degli ex
presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, i loro vice e l’ex dg
Bronchi. Anche Pier Luigi Boschi, padre del sottosegretario Maria Elena
Boschi, compare spesso nell’atto di citazione, perché è stato
consigliere dal 2011 e vicepresidente dal 2014: è associato a quattro
casi di malagestione dei crediti sui dodici elencati e gli viene
attribuita la responsabilità (insieme agli altri) delle sofferenze
bancarie e della mancata fusione con la Popolare di Vicenza.
Complessivamente, Boschi senior potrebbe essere chiamato a risarcire una
cifra stimata attorno ai 15,8 milioni.
I CREDITI FACILI
Nell’atto
di citazione si ripercorre la storia degli ultimi anni di Etruria a
partire appunto dalla «dissennata erogazione di crediti senza garanzie
nell’intento di agevolare soggetti legati agli ex esponenti aziendali».
Soldi usciti dalle casse della Popolare e mai del tutto rientrati. E che
ora il liquidatore rivuole indietro: solo questo “filone” pesa 112
milioni.
Ed ecco che si ritrovano il maxi prestito alla Sacci spa
(ad era Federici, che era anche consigliere di Etruria) per cui si
chiedono 38,9 milioni; i finanziamenti alle aziende clienti dello Studio
professionale del consigliere Nataloni, erogati «senza seguire le
procedure standard» e che ora valgono 19,2 milioni; lo sgangherato
affare del maxi yacht della Privilege Yard in cui Etruria ha buttato
22,7 milioni; l’operazione di Villa San Carlo Borromeo, 17,9 milioni.
“IL MISTERIOSO ABBANDONO”
A
questo capitolo si aggancia il controllo «assolutamente deficitaria
delle sofferenze», cioè del recupero dei finanziamenti. Santoni sostiene
che gli ex amministratori «non si sono minimamente preoccupati di far
fronte al crescente rischio del credito» e hanno snobbato le due lettere
di sollecito (24 luglio 2012 e 3 dicembre 2013) del governatore di
Bankitalia. Quando serviva non hanno voluto rafforzare il Dipartimento
gestione sofferenze, rimasto con 20 dipendenti. «Di tutte queste
criticità il cda era pienamente consapevole» e i danni sono quantificati
in 112 milioni.
Ma la voce più onerosa e grave, però, riguarda la
mancata fusione con la Popolare di Vicenza nel 2014 quando i conti
ormai erano in dissesto. Non se ne fece nulla, la trattativa fallì.
«Nonostante l’assoluta urgenza dell’operazione indicata come unica via
d’uscita dall’Autorità di vigilanza, il cda ratificava l’assurdo operato
del suo presidente (Rosi, ndr)». Va ricordato a onor del vero che dopo
pochi mesi la banca vicentina andò in crisi, quindi non era così solida,
ma per Santoni la mancata integrazione è stata lo stesso un danno da
risarcire con 212 milioni: l’importo del capitale di Etruria di allora.
MANCANO LE OBBLIGAZIONI
«La
citazione stride con quanto dichiarato dalla stessa Banca Italia circa
il fatto che l’integrazione non andò in porto per il venir meno
dell’interesse di entrambe le parti», si difende con una nota un gruppo
di ex amministratori non esecutivi. Aggiungendo che «su 12 operazioni di
affidamento solo in due casi l’erogazione è successiva al 2010». Dal
mezzo miliardo di risarcimento per ora sono rimaste fuori le
obbligazioni subordinate, diventate carta straccia in mano ai
risparmiatori. Ma il liquidatore è intenzionato a chiedere conto anche
di quelle nel corso della causa.