La Stampa 19.10.17
Il leader Pd raggiunge comunque il suo scopo
di Marcello Sorgi
Era
prevedibile: il Pd su Visco è diviso. Contro Renzi, che nel frattempo
ha rincarato la dose, coadiuvato dal presidente del partito Orfini, si
sono alzate le voci autorevoli di Veltroni, appena uscito dalle
celebrazioni dell’Eliseo e dagli applausi corali che hanno salutato il
suo ritorno attivo alla politica, e del Presidente emerito Napolitano,
già critico sull’operazione fiducia sulla legge elettorale e in attesa
di pronunciarsi nell’aula di Palazzo Madama sul merito del Rosatellum.
Ma esprime riserve anche la minoranza di Orlando e di Emiliano e
parecchie dichiarazioni di dissenso di senatori su quanto è accaduto
alla Camera martedì si sono allineate ieri sulle agenzie.
Bloccare
il rinnovo di Visco, che era ormai quasi concordato tra governo,
Quirinale e Banca d’Italia, è ancora possibile. Il Governatore è in
carica da sei anni e, se confermato, sarebbe il primo della serie di
quelli insediati dopo la riforma del mandato a termine a restare al suo
posto per un altro mandato. Ma è il metodo della mossa a sorpresa,
scelto da Renzi per disarcionarlo, a renderne più difficile la
sostituzione. Visco, al momento, oltre alla larga e qualificata
solidarietà istituzionale che si è espressa in suo favore, può contare
sull’appoggio di Forza Italia, che ieri, su consiglio di Gianni Letta,
s’è rifiutata di votare anche la mozione leghista anti-Bankitalia, e di
gran parte della galassia centrista, a cominciare dal neo-presidente
della commissione d’inchiesta sulle banche Casini, pronto a convocare il
Governatore, come ha dichiarato, ma non subito e non prima di aver
cominciato un’istruttoria sulle crisi bancarie che s’annuncia piuttosto
lunga. Inoltre Renzi non ha un vero candidato alternativo: il nome
dell’economista Fortis, che gli viene attribuito, non è considerato del
livello di standing necessario per poter correre per la poltrona di via
Nazionale. E dentro l’istituto, anche a causa dei pessimi rapporti
intrattenuti quando era a Palazzo Chigi, non ha alcun nome da proporre.
Se
anche alla fine dovesse arrendersi, come pure ha lasciato intendere per
lasciarsi una via d’uscita, tuttavia il leader Pd avrebbe comunque
realizzato in buona parte il suo scopo. Che era quello di creare un
bersaglio da additare alle vittime dei titoli spazzatura messi in giro
dalle banche finite nei guai, come, tra le altre, Banca Etruria,
allontanando da sé e dal suo governo «dei mille giorni» le
responsabilità che Lega, Movimento 5 stelle e Fratelli d’Italia
continuano a scaricargli addosso, in una campagna elettorale già con
troppo infuocata.