Il Sole Domenica 8.10.17
Johannes Kepler (1571-1630)
Mia madre non è una strega
L’astronomo confutò con l’accuratezza del metodo scientifico le accuse che avrebbero potuto comportare la pena di morte
di Massimo Bucciantini
È
il 9 novembre 1619 quando per Katharina hanno inizio i giorni più cupi.
Alle otto del mattino nella sala del consiglio municipale di Leonberg
prende il via il processo contro la madre di uno dei maggiori astronomi
della modernità, il luterano e matematico dell'imperatore Johannes
Kepler.
Ad accusarla di eresia e malefici erano numerosi
testimoni, ben ventiquattro cittadini del piccolo villaggio con poco più
di mille abitanti (tutti di fede luterana), dove l’anziana madre
risiedeva. Cinque tra loro erano donne, tra cui la moglie di un sarto,
di un barbiere, di un carpentiere e di un vetraio, e del gruppo faceva
parte anche Lukas Einhorn, il governatore del ducato di Württemberg, e
il maestro del paese. Quest’ultimo aveva raccontato che un giorno
Katharina lo aveva fermato per strada mentre si recava in chiesa e gli
aveva offerto del vino. «Non appena assaggiato il vino, le gambe avevano
cominciato a dolergli. Nel giro di qualche giorno il dolore era
diventato così intenso da costringerlo a camminare aiutandosi con due
bastoni. Poco dopo si era ritrovato completamente paralizzato». Ma non
fu solo questo episodio a gettare un’ombra di sospetto e di riprovazione
contro la vecchia vedova, colpevole di possedere dei poteri magici
capaci di provocare sventure e disgrazie nella vita delle persone
vicine.
I capi d’imputazione erano pesantissimi. La si accusava di
aver invitato a casa sua il governatore e Ursula Reinbold, la moglie di
un vetraio di Leonberg, e di averle fatto bere uno strano intruglio che
all’istante le aveva rovinato la salute. Di aver appreso la stregoneria
frequentando una zia che abitava nella vicina Weil der Stadt,
successivamente messa al rogo. Di aver tentato di condurre una ragazza a
partecipare al rituale del sabba, e poi di avere cercato di insegnarle i
segreti di quell’arte demoniaca. «Non ti piacerebbe diventare una
strega?», così le parole di Katharina riportate nella testimonianza
della ragazza. Assicurandole, di contro a una vita priva di piaceri,
«gioia e dissolutezza oltre misura».
Tutto era cominciato alla
fine di dicembre del 1615, quando Keplero, che si trovava con la
famiglia a Linz, ricevette una lettera dalla sorella in cui lo informava
che la madre era stata accusata di stregoneria e che lei, a sua volta,
aveva citato in giudizio i suoi detrattori per calunnia. Da quel
momento, e per oltre sei anni, l’astronomo lottò con tutte le sue forze
in difesa dell’anziana madre. In un crescendo di ansia e timori per la
concreta possibilità che potesse essere sottoposta a tortura e
condannata a morte.
Keplero aveva quarantaquattro anni ed era nel
pieno della sua attività creativa. Stava lavorando senza un attimo di
tregua a una delle opere più importanti, gli Harmonices Mundi libri V,
che pubblicò nel 1619 e che contengono la sua famosa terza legge, in
base alla quale i quadrati dei tempi periodici dei pianeti sono
proporzionali ai cubi delle loro distanze medie dal Sole. Proprio nel
momento in cui aveva più bisogno di serenità per portare a termine la
sua impresa, quella notizia lo sconvolse, anche per le conseguenze che
avrebbe potuto avere sulla sua reputazione di matematico imperiale, per
il rischio di essere additato come il figlio di una strega.
Il
libro di Ulinka Rublack è la ricostruzione attenta e approfondita di
questo rapporto madre-figlio all’interno di un contesto in cui il
fenomeno della caccia alle streghe assunse una dimensione sociale
rilevantissima. Tra Cinque e Seicento si stima che all’incirca 73.000
persone furono processate per stregoneria, e di queste 40.000-50.000
furono mandate a morte. «Dal 1560 alla fine delle persecuzioni, tra le
22.000 e le 25.000 persone furono giustiziate all’interno dei confini
dell’odierna Germania, dove peraltro il 75 per cento degli accusati
erano donne».
L’affaire Katharina è uno dei processi per
stregoneria meglio conosciuti della storia tedesca. La sua ricca
documentazione archivistica consente di poter seguire da vicino ogni
momento dell’intera vicenda. E il giudizio finale della Rublack è che
siamo di fronte a una donna che non fu «né l’eroica vittima di un’epoca
oscura né una vecchia fattucchiera superstiziosa e ignorante».
Era
appena trascorso un anno dalla pubblicazione degli Harmonices quando,
all’alba del 7 agosto 1620, Katharina venne avvertita dalla figlia che
gli uomini del governatore sarebbero di lì a poco venuti per arrestarla e
condurla in prigione. Le guardie trovarono la settantatreenne Katharina
nascosta dentro una cassapanca «completamente nuda eccetto per le
lenzuola che ancora l’avvolgevano». A seguito di questo tragico
avvenimento Johannes decise di assumere in prima persona la difesa
legale della madre nel tentativo di salvarla dal rogo e, al tempo
stesso, di proteggere l’onore della sua famiglia. E lo fece utilizzando
le tecniche e i principi che lo avevano guidato nel suo lavoro di
astronomo e di filosofo naturale.
Nel settembre del 1620 si
trasferì nel Württemberg e la sua vita venne come sospesa. D’un tratto i
suoi progetti passarono in secondo piano. Inscatolò persino i suoi
libri e gli strumenti scientifici che aveva a Linz. Niente aveva più
valore per lui della liberazione della madre e del suo proscioglimento
da ogni accusa.
Ma per presentare una difesa persuasiva Keplero
doveva confutare ogni singolo testimone con argomenti giuridici. E
riuscì a farlo perché la solida formazione scientifica, storica e
filologica lo aveva abituato allo studio dei dettagli. Anche dei più
insignificanti. Nessun verbale di interrogatorio lo avrebbe annoiato o,
peggio, costretto alla resa. Lui, abituato da sempre a cercare gli
errori più impossibili nei calcoli e nelle tavole astronomiche di
Tolomeo, Tycho Brahe e Copernico, capace come pochi di sceverare enigmi,
simbologie nascoste e intricate similitudini, sarebbe riuscito a
dimostrare l’inattendibilità di quelle testimonianze. «Keplero non
scendeva dall’empireo regno della mente ad affrontare i vili dettagli di
un caso criminale: i molti anni in cui aveva argomentato le sue
posizioni nella scienza lo avevano preparato a costruire una difesa
eccezionalmente efficace».
Partendo da una conoscenza ineccepibile
del codice penale imperiale, riuscì a convincere la corte che Katharina
era una pia cittadina che aveva messo a frutto le competenze mediche
che le erano state tramandate. E lo fece usando tutte le armi possibili,
retoriche e non, addentrandosi anche in minuziose argomentazioni
scientifiche per dimostrare come misteriose malattie magiche,
erroneamente attribuite a immaginari influssi, potessero invece essere
spiegate attraverso la scienza medica e il senso comune. Quel castello
di accuse venne completamente frantumato: non esisteva alcuna prova
giuridica che sua madre fosse una strega.
E in questa appassionata
e impeccabile difesa la sua voce si levò alta e chiara contro la
pratica della tortura alla quale erano sottoposte le moltissime donne
sospettate di stregoneria. «Tutto quello che sapevano su se stesse così
come sugli altri è stato loro estorto con intollerabile dolore e
sofferenza».
Ulinka Rublack, L’astronomo
e la strega. La battaglia di Keplero
per salvare sua madre dal rogo , traduzione di Francesco Barreca, Hoepli, Milano, pagg. XXVIII, 356,
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